SEDUTI O MANGIATI
Le immagini della Belle Époque ci mostrano figure femminili languidamente sedute su eleganti canapé, di cui già il poeta Parini scriveva «un tempo il canapé nido giocondo / fu di risi e di scherzi». Oggi si dice più spesso divano o sofà, ma il termine canapé, così francese, vanta un’origine antica, viene infatti dal latino tardo medioevale canapeum,a sua volta dall’antico latino canopeum, cioè un tendaggio applicato su un letto per ripararlo dalle zanzare (in greco konopes). Come però da un comodo divanetto si passi a una gastronomia golosa, non è facile spiegare, neanche con l’ausilio delle fonti classiche: vero è che esistono altri canapé, quelli che si mangiano e che ancora oggi, pur insidiati dai finger food, mietono successi, in special modo nei party. Si tratta di piccole fette di pane privato della crosta (a volte sono semplici gallette o barchette di pasta sfoglia) variamente guarnite con vivacissimi colori, verde, rosa, giallo, spesso con salmone, gamberi, avocado, ma anche uova, maionese, acciughe, paté, l’elenco è infinito e i plateaux sulle tavole delle feste sono sempre molto attraenti. La concorrenza con le tartine, cugine prime (i canapé sono un po’ più grandi), è inesistente perché l’assalto agli uni o alle altre è analogo. Il successo? Le dimensioni di queste autentiche golosità sono ideali, e così, come le ciliegie, una chiama l’altra.
Avvocato, esperta di storia della cucina e di arte del ricevere, cuoca appassionata e collezionista di testi dedicati alla gastronomia. Ha scritto il libro Dizionario irresistibile di storie in cucina (2021, Cairo).