Vanity Fair (Italy)

YOU TUBERO

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La prima reazione all’arrivo in Europa della patata, che veniva dal Nuovo Mondo assieme ad altri alimenti come il tacchino e il mais, fu di rifiuto. La resistenza fu fortissima, tant’è che per vari secoli venne accettata, con fatica, solo dalle classi più povere. Per quale ragione non è facile sapere: forse era sporca di terra e non veniva lavata bene, era troppo dura, o altro ancora. Neanche l’abilità di Parmentier, agronomo che per ovviare alla tremenda crisi alimentare aveva spinto il re Luigi XVI a far coltivare patate nei giardini di Versailles per nobilitare il prodotto come cibo reale, riuscì nell’intento. L’ostacolo fu superato solo secoli dopo, quando si scoprì che questo tubero poteva salvare molte vite nelle carestie. Il trionfo ora è palese, la patata è fra i cibi più ben voluti in ogni sua espression­e: al forno, sempliceme­nte bollita, golosament­e fritta, con la maionese, in purè, e via così. Ma va fatta un’eccezione. Recentemen­te è stato offerto in un ristorante alla moda un delizioso piattino di verdure fresche sauté dove campeggiav­ano carote, asparagi, fagiolini «croccanti». Sennonché, come brillanti sparsi, spuntavano qua e là dei cubetti gialli, patate appena scottate, cioè praticamen­te crude. In questo caso, è stata lasciata nel piatto, richiamand­o l’antico rifiuto: la patata cruda no.

Avvocato, esperta di storia della cucina e di arte del ricevere, cuoca appassiona­ta e collezioni­sta di testi dedicati alla gastronomi­a. Ha scritto il libro Dizionario irresistib­ile di storie in cucina (2021, Cairo).

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