Vanity Fair (Italy)

Una violetta TRA LE ROSE

Sentirsi così è stata la fortuna di Chieko Baisho, protagonis­ta del poetico e distopico Plan 75

- di LORENZA NEGRI

Chieko Baisho è una delle star più amate del Giappone. Al cinema è stata l’eroina della longeva saga di Tora-san, che l’ha trasformat­a nella «ragazza della porta accanto» nipponica.

È anche antesignan­a degli idol – i cantanti pop orientali –, emblema di un fenomeno mediatico che ha inaugurato cinque decenni fa. Dopo aver doppiato Sophie, la protagonis­ta del Castello errante di Howl di Hayao Miyazaki, candidato all’oscar, e dopo che una sua hit è stata ripresa dal cartone Sailor Moon, Chieko Baisho si è fatta conoscere anche in Occidente. In Plan 75, presentato al 25esimo Far East Film Festival (dove l’attrice ha ricevuto il premio alla carriera) e nelle sale dall’11 maggio, interpreta Michi, anziana signora a cui viene proposto di ricorrere al suicidio assistito per non pesare sull’economia del Paese.

Quali sentimenti le ha ispirato?

«Dopo aver letto la sceneggiat­ura ero atterrita. Il Giappone è solo una delle tante nazioni dove ci sono molti anziani e pochi giovani, per questo la storia è verosimile. Il film è un inno alla vita».

Come?

«Grazie a Michi. Ha una vita modesta, ma le piace. Si persuade che sia ora di adempiere alle richieste della società e sacrificar­si. Il pubblico, però, si affeziona a lei e vuole che ritrovi la volontà di vivere. C’è una canzone ricorrente in Plan 75 piena di speranza che recita: “E poi domani ci rivedremo”».

AMICA SAILOR MOON

Un ritratto di Chieko Baisho, 81 anni, cantante, attrice e doppiatric­e di Nishisugam­o, Tokyo.

Che cosa ha sacrificat­o per diventare Chieko Baisho la star?

«Non ho avuto figli. Mia madre che ne ha fatti cinque – ho due sorelle e due fratelli – un giorno di anni fa, quando ero già famosa, mi ha detto: “A te manca qualcosa”. Allora non capii, ho compreso dopo».

Michi è schiacchia­ta dalle pressioni sociali (perché anziana). Lei come attrice ne ha subite?

«No. In Asia alle artiste sono richiesti standard estetici elevati, eppure non è stato il mio caso. Le mie colleghe erano bellissime, io invece ero solo carina, come una violetta di campo accanto a tante rose. È stata una fortuna: mentre le altre erano sempre intente a rifarsi il trucco e a badare al cibo, mi portavo le polpette di riso da casa e le mangiavo con le mani».

Com’è cambiato il mondo dello spettacolo in cinquant’anni?

«Una volta per essere un’idol o un’attrice dovevi avere una caratteris­tica personale che ti rendeva unica. Oggi si tende all’omologazio­ne. Alle nuove leve consiglio di non guardarsi indietro – non lo faccio mai – e di non dare peso all’aspetto esteriore, che si può sempre migliorare! Ciò che conta è coltivare lo spirito, in questo modo si incontrera­nno anime affini e tra queste ci saranno anche quelle utili alla carriera».

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