Il mezzomondo DI ELBA
Per chiudere la sua trilogia, Viola Ardone punta il faro sulla bellezza della follia (anche nei manicomi)
Inomi dei suoi protagonisti sono già dei romanzi in sé. Dopo Amerigo Speranza, che ne Il treno dei bambini (2019) veniva spedito in una famiglia del Nord nel Dopoguerra per avere una vita migliore, e dopo Oliva Denaro che, nell’omonimo libro del 2021, si ribellava alla società patriarcale degli anni ’60, ecco Fausto Meraviglia, fulcro di Grande meraviglia, il nuovo romanzo di Viola Ardone. «Da bambina mentre andavo a scuola vedevo dei manifesti che dicevano: “Espone Meraviglia”. Meraviglia era, ovvio, il nome di un pittore, ma per me suonava come qualcosa di magico! Quel ricordo è tornato quando ho iniziato a pensare a una nuova storia. Mi è sembrato promettente». Fausto Meraviglia è uno psichiatra che, poco dopo la legge Basaglia del 1978 sulla chiusura dei manicomi, fa uscire da uno di quei luoghi una ragazzina, Elba, e la adotta.
Con questo romanzo chiude un’ideale trilogia del secolo scorso.
«Una trilogia nata durante la stesura di Oliva Denaro: mi sarebbe piaciuto completare l’affresco e raccontare tutto il secondo ’900. Con Grande meraviglia ci sono riuscita, perché si svolge lungo due linee temporali: il 1982 e il 31 dicembre 2019, giorno simbolico perché siamo alla vigilia della pandemia».
Come ha scelto le storie?
«Da sempre mi interessano le vicende minime, quelle degli ultimi che finiscono per trovarsi all’interno della Storia più grande. Un altro dei filoni è stato quello delle donne».
In che senso?
«Innanzitutto, l’iniziativa di sottrarre i bambini alla miseria del Dopoguerra, raccontata nel Treno dei bambini, fu dell’unione donne italiane. Per quanto riguarda Oliva Denaro – che è l’anagramma del mio nome, per far passare l’idea che la sua storia può essere quella di qualunque ragazza – mi sono ispirata a Franca Viola, che rifiutò pubblicamente il matrimonio riparatore, pratica abolita nel 1981».
E perché proprio la legge Basaglia?
«Documentandomi ho capito che spesso erano proprio le donne quelle che venivano fatte sparire nei manicomi senza una regione precisa, solo perché rompevano le scatole o erano delle irregolari. Come la mamma di Elba, che aveva avuto una figlia fuori dal matrimonio».
In Grande meraviglia, però, si parla soprattutto di paternità.
«Esatto. Di solito quando si dice “genitorialità” si dà per scontato che sia una mansione femminile. Il padre c’è, ma sta nel secondo cerchio. Invece no: deve essere nel primo. Quando lo psichiatra Fausto Meraviglia, che con i suoi figli era stato il tipico padre sessantottino distaccato ed egoriferito, incontra questa ragazzina cresciuta in manicomio, dentro di lui scatta qualcosa, il sentimento di paternità. Un sentimento di riconoscimento tra due persone che si scelgono e diventano famiglia».