Che liberatori QUESTI 60 ANNI
C’è un’attrice hollywoodiana che non ha paura del tempo che passa. Si chiama Rosalind Chao ed è nel cast dell’ambiziosa produzione fantascientifica
Rosalind Chao predilige i ruoli controversi. Come quello di Ye Wenjie nella serie Netflix Il problema dei tre corpi, ovvero la scienziata che, entrando per prima in contatto con una civiltà aliena, condanna l’umanità a un conflitto destinato a protrarsi molto a lungo. «Non c’è sfida più soddisfacente del persuadere il pubblico a provare empatia per una figura che ha compiuto scelte discutibili», osserva Chao, volto, per tutti i Novanta, della botanica Keiko O’brien nel franchise fantascientifico di Star Trek: «Quando mi fermano e mi chiedono di lei atterrisco, dopo trent’anni non ricordo nulla!»
Il problema dei tre corpi
Che cosa le serve per entrare in contatto con un personaggio?
«Il tempo. Sono pessima nelle audizioni, impiego un certo periodo a studiare e capire chi devo interpretare, specialmente se è una figura complicata come Ye Wenjie. Ho la tendenza a giudicare, però la recitazione mi ha regalato una maggiore empatia nei confronti delle persone e la capacità di trovare punti in comune».
Non la disturbava l’idea di vedersi invecchiare per la parte?
«È la prima domanda che i produttori mi hanno fatto. Sul set, ogni mattina, dopo i novanta minuti di trucco necessari per trasformarmi in un’ottuagenaria, la make-up artist addirittura si scusava. A Hollywood sono tutti molto vanitosi, ma per me non era affatto un problema, anzi, era un sollievo».
Per quale motivo?
«Ho iniziato a recitare giovanissima. Appena sono diventata un po’ più grande, dai vent’anni in poi, accadeva spesso che qualcuno della produzione mi raggiungesse e mi dicesse: “Oh, abbiamo appena inserito questa scena dove sei in bikini”. Io mi sentivo a disagio, come quando mi chiedevano effusioni romantiche. Poter incarnare personaggi più avanti con l’età è per me estremamente liberatorio».
Per questo ha accettato subito il ruolo?
«Non subito. All’inizio ero titubante: le riprese si sovrapponevano alla cerimonia di laurea di mia figlia».
E quindi?
«La produzione mi ha risposto che avrebbe adattato la tabella di marcia alle mie esigenze e che avrei potuto partecipare all’evento. Non mi aspettavo una tale disponibilità».
A proposito: il rapporto tra Ye Wenjie e sua figlia è centrale nella serie.
«E per me ha rappresentato la parte più difficile da sostenere a livello psicologico. I dialoghi in cui dovevo parlare della sua morte e lasciar appena trasparire il dolore di Ye sono stati durissimi. Da copione dovevo trattenere le emozioni, eppure mi veniva da piangere. Guardi, mi succede anche adesso. Il regista mi ripeteva: “Roz, così è troppo!”. Dover affrontare quelle scene mi ha perseguitato per tutta la durata delle riprese».