Caro Nanni, RICHIAMAMI
Ha seguito le orme della sorella. A sei anni Galatéa Bellugi ha debutto al Théâtre du Soleil . Poi, è arrivato il grande schermo. Ora si augura di avere un’altra chance con Moretti
La voce di Galatéa Bellugi sembra quella di una bambina. La timidezza, che traspare dal tono quasi incerto, anche. Eppure l’attrice, che ha esordito giovanissima, si è guadagnata un altro ruolo da protagonista in Gloria!, il film della cantautrice Margherita Vicario, al suo debutto alla regia, che arriva al cinema l’11 aprile dopo la partecipazione in concorso all’ultima Berlinale. Bellugi è Teresa, una ragazza muta – almeno così sembrerebbe – che lavora come domestica in un collegio femminile nei dintorni di Venezia alla fine del Settecento e che, insieme a un gruppetto di allieve, scoprirà il potere liberatorio della musica. Un padre, italiano, che fa l’attore, una madre, danese, costumista, e una sorella maggiore, Alba Gaïa, anche lei attrice, Galatéa ha lavorato molto in Francia e in Italia, dove, nel 2017, è stata scelta da Gabriele Salvatores per Il ragazzo invisibile - Seconda generazione.
Con che musica è cresciuta?
«Italiana per lo più. Amo tutti i generi meno l’heavy metal. Da piccola, poi, suonavo il sassofono. Mi piacerebbe continuare a farlo, ma trovare il tempo non è facile».
Com’è stato recitare con tante giovani colleghe ed essere diretta da una donna?
«Girare un film con un cast come Gloria!, che parla di emancipazione femminile, ti fa capire che stiamo facendo progressi. Ne ho appena finito un altro, francese, e, oltre alla regista e alla produttrice, anche tutti i capi dipartimento erano donne, dalle luci alla fotografia, alla scenografia».
Che cos’è il femminismo per lei?
«Mia nonna paterna, Vanna Vannuccini, è una giornalista e mi ha raccontato che cosa voleva dire lavorare in un ambiente dominato dagli uomini. Oggi c’è il movimento Me Too. Alla cerimonia dei premi César lo scorso febbraio, l’attrice Judith Godrèche ha lanciato un appello affinché l’industria del cinema francese affronti la questione delle molestie».
Lei era presente in quanto nominata per Chien de la casse. Quanto contano i riconoscimenti?
«Essere stata candidata con altre attrici bravissime è un premio».
Ha debuttato al Théâtre du Soleil a sei anni. Il cinema era un destino?
«Ma non era un lavoro, semmai un gioco anche se serio. I miei genitori non volevano che lasciassi lo studio ed è quello che ho fatto, fino all’università: mi sono laureata in Politica internazionale. Ho iniziato a recitare perché mia sorella era stata scelta per un ruolo importante e mamma ha pensato che fosse meglio trovarle un’agente.
È stata lei a chiedermi se mi andava di provare a fare qualche audizione. Ma il mio primo vero film l’ho fatto a 14 anni».
Lavoro a parte, che cosa la fa stare bene?
«Andare al cinema (ride, ndr)».
Con quali film è cresciuta?
«Johnny Stecchino
Ha sostenuto un provino con lui?
«Sì. Per Tre piani, ma non è andata. Vedremo, magari capiterà una nuova occasione».