Wine Resort
ALBIERA ANTINORI GUIDA L’AZIENDA PRUNOTTO CON UN SECOLO ALLE SPALLE E UN FUTURO IMPEGNATO NELL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE E IN UN’AMPIA SCELTA DI VITIGNI
Un cuore che batte forte per il Chianti ma che si commuove davanti alla bellezza delle Langhe. È il sentiment della famiglia Antinori, nobili viticoltori fiorentini da 26 generazioni, che pur avendo giurato fedeltà alla Toscana coi suoi vitigni autoctoni e le dolci colline del Chianti, al Piemonte hanno voluto rendere il giusto tributo. Per un viticoltore di razza è una tentazione irresistibile quella di sperimentare terre e vitigni nuovi, arricchire la conoscenza nel settore. Non ha resistito Piero Antinori, incantato dalle terre del Barolo e del Monferrato: era il 1994 quando decise di acquistare la tenuta di Bussia, ad Alba, fondata novant’anni prima da Alfredo Prunotto. Un’azienda promettente portata avanti successivamente dai fratelli Beppe e Tino Colla, due esperti con un vero fiuto nell'individuare le zone e i cru più ricercati con cui gli Antinori collaboreranno per sette anni. Circa 65 ettari con vigneti nelle migliori zone vinicole della regione dove l’attenzione e la cura in vigna sono i valori principi della produzione, perché – ne sono convinti – solo con uve di assoluta qualità si possono produrre grandi vini, capaci di esaltare il carattere varietale e del terroir. Sotto la guida di Albiera Antinori, primogenita del marchese Piero, nominata nel 1998 presidente di Prunotto, la tenuta ha ricevuto nuovo slancio grazie alle acquisizioni di altri vigneti, tra cui quello di Costamiòle (Agliano) per la produzione di Barbera d'Asti e i terreni di Calliano per lo studio e l'analisi di nuovi vitigni come Albarossa e Syrah. Successivamente sono stati acquisiti i vigneti di Barbaresco, dal nome "Bric Turot" e di Treiso per la produzione del Moscato. “Prunotto è stata la mia palestra – spiega a Ville&Casali, Albiera Antinori, che non nasconde un certo innamoramento per quei luoghi che sin dall’inizio hanno assorbito molto del suo tempo e delle sue energie, affiancata dall’enologo Gianluca Torrengo. “Quella del Nebbiolo e del Barbaresco – continua – è una campagna forte, estrema, dove il vitigno modifica le sue performance a distanza di pochi metri”. Prima di raggiungere Alba e quindi Bussia, si fa conoscenza con l’area storica delle Langhe. Siamo a Sud del Piemonte, a cavallo delle province di Cuneo e Asti, in una delle zone più af
fascinanti del vino italiano. Suoli argilloso-calcarei risalenti all’era dell’Oligocene, parliamo di 23 milioni di anni fa, quando le Langhe erano coperte dal mare benché, come oggi, tendenzialmente nevose. Ed ecco davanti ai nostri occhi, Prunotto, una tipica cascina della Langa, restaurata appena qualche anno fa con un progetto che non fa torto alla tradizione del luogo, pur cedendo alle lusinghe del design. Una missione voluta da Albiera Antinori, presidente della Marchesi Antinori e della Cantina Bussia e tradotta in realtà dall’architetto torinese Paolo Cattaneo. La cantina di invecchiamento ha conservato l’originaria collocazione con le volte a mattoni a vista mentre la cantina di affinamento con botti in rovere francese e rovere di slavonia (32 ettolitri) è stata trasferita nell’area più vecchia della struttura, il cui impianto principale risale all'800. Sotto una grande terrazza ecco, invece, la cantina di fermentazione. Nella parte più recente della cantina, in un ambiente che coniuga eleganza e materiali naturali, troviamo il negozio e la sala degustazione aperta ai visitatori. Al primo piano, due salotti e due sale per la degustazione. Dalla più grande, ricavata dal vecchio fienile, le grandi vetrate permettono di allungare lo sguardo sui vigneti tra le Langhe e il Monferrato, frazionati in piccoli appezzamenti da cui nascono grandi vini rossi. Ma sarebbe stato un oltraggio al Piemonte trascurare le uve bianche come il Moscato d'Asti e l'Arneis, ai quali si uniscono un innovativo rosato e le due grappe di Barolo Bussia e Barbera d'Asti Costamiòle. L’agricoltura sostenibile è, oggi, la filosofia principe dell’azienda su cui vanno avanti studi e sperimentazioni senza mai perdere di vista le lavorazioni manuali.
Grazie a nuovi progetti frutto di attenti studi sul terreno, l’azienda scommette su nuovi cloni e portainnesti, capaci di adattarsi al meglio in ogni singolo appezzamento. Ed ecco il gioiello: una piccola cantina dove si producono 7/8 mila bottiglie l’anno di Barolo Riserva del Colonnello. Un vino dall’invecchiamento lungo, che profuma di viola.