Vinile Monografie

Brava, anche troppo

Mina e Iva Zanicchi, la Tigre e l’aquila: due rivali che si sono osservate a distanza, rispettand­osi e qualche volta provando a soffiarsi l’un l’altra la canzone giusta.

- Intervista: VITO VITA

Lei e Mina siete coetanee, entrambe del 1940, ma quando lei partecipa a Castrocaro nel 1962 Mina è già una cantante profession­ista da qualche anno con vari successi come Una zebra a pois, Il cielo in una stanza, Come sinfonia, Le mille bolle blu. Cosa ne pensava? Ne seguiva la carriera?

Sì, anche perché seguivo la scena della musica leggera e lei era stata un elemento nuovo rispetto alle altre cantanti come Nilla Pizzi, Carla Boni e le altre: Mina mi piaceva molto per questo ma non era la mia preferita, che in assoluto era invece Caterina Valente, un nome che dovrebbe essere ricordato di più e che secondo me era la migliore.

Dopo Castrocaro lei ottiene un contratto discografi­co con la Rifi, con cui debutta nel 1963: nello stesso anno firma con la stessa etichetta anche Mina, quindi ha l’occasione di conoscerla di persona…

Più che di conoscerla, di vederla: Mina era già Mina, mentre io ero ancora agli inizi, avevo già inciso ma senza ancora raggiunger­e il successo, ero una giovane che arrivava da Castrocaro e stava cercando una canzone per fare il botto. Solo che, giustament­e devo dire, essendoci Mina nella mia stessa casa discografi­ca, ed essendo la Ri-fi, non bisogna dimenticar­lo, non una multinazio­nale ma una piccola casa interament­e italiana guidata dalla famiglia Ansoldi (in quegli anni da Giovan Battista Ansoldi, il figlio non era ancora entrato), con il suo staff, un direttore d’orchestra e altri collaborat­ori, quando arrivava una canzone buona la giravano a Mina, e se lei per caso non era sicura di inciderla la tenevano comunque ferma per qualche mese in attesa di una sua decisione definitiva. Non lo dico con nessuna intenzione di critica, intendiamo­ci, a volte mi mettono in bocca cose su Mina che non ho mai detto, o forse sono io che non so dire bene le cose, ma secondo me era giusto così perché lei era l’artista di punta. E poi la fortuna di Mina è stata anche quella di avere un grande impresario, Elio Gigante, non bisogna dimenticar­lo, un grande che seguiva nomi come Anna Magnani o Totò. Io quindi cercavo di ascoltare molta musica estera e giravo per le edizioni musicali con il mio fidanzatin­o di allora proprio per cercare canzoni nuove, è così che ho scoperto Come ti vorrei, che era un blues americano, all’epoca in Italia nessuno faceva il rhythm’n’blues. Poi due anni dopo ho confermato il successo con La notte dell’addio, che è stata un’opportunit­à che mi hanno dato Alberto Testa e Memo Remigi, facendomi scegliere tra questa e Io ti darò di più, e io scelsi La notte dell’addio che era più elaborata e raffinata, secondo me.

Alla fine del 1967 Mina lascia la Ri-fi per fondare una sua

Quando arrivava una canzone buona la giravano a Mina, e se lei per caso non era sicura di inciderla la tenevano comunque ferma per qualche mese in attesa di una sua decisione definitiva

Roma, 1966. foto Pascuttini

sa discografi­ca, la PDU. Lei, che invece è rimasta, cosa ricorda di questo episodio? Come reagì Ansoldi?

Guardi, mio suocero, perché poi in quel periodo avevo sposato suo figlio Tonino, ha sofferto tanto perché amava Mina come artista ed era molto affezionat­o dal punto di vista personale: non poteva impedirle di fondare la sua etichetta, ma ci rimase molto male perché le piaceva la semplicità che aveva fuori da quel che appariva in television­e. Poi lei aveva vissuto un momento orribile perché nel 1965 era morto in un incidente stradale il fratello Alfredo, che faceva anche lui il cantante con il nome di Geronimo e a cui Mina era ovviamente molto affezionat­a, Ansoldi le fu molto vicino. Mi ricordo che saputa la notizia andai nell’ufficio e gli chiesi se potevo partecipar­e al funerale, lui stava piangendo e mi disse che non era il caso perché la famiglia voleva fare una cerimonia privatissi­ma, d’altronde Mina era un personaggi­o troppo noto, era giusto così. Mi colpì molto vedere piangere Ansoldi, devo dire, si vedeva che era molto toccato. Lui le voleva bene al di là dell’artista.

Inoltre, il periodo Ri-fi artisticam­ente aveva coinciso con la risalita dopo qualche difficoltà per il boicottagg­io RAI, a seguito della vicenda con Pani e la nascita di Massimilia­no…

Sì, ma quella è una cosa su cui si è anche esagerato un po’: Mina era talmente forte di suo che discografi­camente la RAI non è che poteva bloccarla, si figuri, poi fermarsi doveva pure un po’ per crescere questo bambino... e poi non è che è stata ferma più di tanto. Io non l’ho mai invidiata, e dire che a volte l’invidia può essere uno stimolo per agire, ma io non ce l’ho, anche se mi sforzo. Anzi una volta andai alla Rifi e la incontrai dopo una puntata di Studio Uno in cui aveva cantato un brano del maestro Canfora difficilis­simo, Brava, e le feci i compliment­i dicendole che nessuno avrebbe potuto cantare una canzone così dal vivo come aveva fatto lei.

A proposito di canzoni, a lei è successo di scartare una canzone che poi è arrivata a Mina? Oppure viceversa che le arrivasse un brano che Mina aveva scartato?

Sì, certamente, credo che se chiede a ogni mia collega avrà da raccontare una storia di questo tipo. Io nel 1969 ho vinto Sanremo con Zingara e quindi dovevo andare all’eurofestiv­al, tutti ci vanno con la canzone con cui vincono e se fossi andata con Zingara, che era una bella canzone d’impatto, avrei stravinto anche lì. Invece la Rifi fece un errore gravissimo e mi fece preparare un nuovo brano, così io feci questa Due grosse lacrime bianche, scritta dal maestro Piero Soffici con le parole di Alberto Testa, in genere bravissimo ma che in questo caso ha cannato - non puoi intitolare una canzone in questo modo, Due grosse lacrime bianche. La musica non era neanche male, le parole però non mi piacevano ma Soffici cercava di convincerm­i, “Ti metto i cori alla Bee Gees”, io non incidevo volentieri, preferivo cantare dal vivo

Mina era talmente forte di suo che discografi­camente la RAI non è che poteva bloccarla, si figuri

nelle serate con il pubblico. Comunque, mentre stiamo andando avanti in questo lavoro, un giorno Piero Soffici arriva e mi fa, “Iva, buttiamo via tutto: mio figlio ha scritto una canzone nuova che è bellissima, facciamo questa all’eurofestiv­al”, si siede al pianoforte e me la fa sentire, con questi “No... no... no…” ripetuti all’inizio, non mi piace e gli faccio, “Ma figurati, neanche morta la canto!”. Il Maestro mi fa: “Guarda che se non la incidi mio figlio la porta allo staff di Mina, alla PDU”, e io gli rispondo, “Sì, portala da Mina e vedrai come la canta”, ironicamen­te, perché pensavo che Mina l’avrebbe rifiutata di sicuro. Bene, la canzone era Non credere e divenne il successo dell’estate di Mina, ancora oggi è ricordata ed era, oggettivam­ente, un bel brano. Magari con me non avrebbe avuto tutto quel successo perché Mina era Mina, però avrebbe funzionato ugualmente. Qualche anno fa parlavo con Caterina Caselli, che mi diceva, “Ma che imbecille sono stata quando ho rifiutato La bambola!”, ce ne sono tante di storie del genere. C’è anche un’altra storia legata a Mina, di qualche anno prima: mio suocero mi disse una volta che doveva proporre a Mina una canzone, intitolata Quelli che hanno un cuore, che era stata nell’edizione originale in inglese un successo mondiale, era una canzone di Burt Bacharach. L’editore voleva assolutame­nte che quella canzone fosse incisa da Mina. Io gli chiesi di darla a me e lui mi promise che se Mina l’avesse rifiutata allora l’avrei incisa io. Allora feci di tutto, accesi addirittur­a un cero a santa Rita pregando che Mina non la incidesse, perché era una canzone secondo me di sicuro successo anche in italiano, non mi ricordo chi aveva fatto il testo ma non era male. Poi è successo che un giorno mi telefona Ansoldi e mi dice che Mina l’aveva rifiutata, io ero fuori Milano e gli dissi che arrivavo subito per inciderla, ero in Emilia - arrivo in fretta e furia, salgo in ufficio e mi dicono che l’editore, visto il rifiuto di Mina, ha già contattato Petula Clark, e infatti la incise lei con un bel successo anche da noi. Ma ne ho anche un’altra, forse ancora di qualche anno prima, anzi sicurament­e perché ero agli inizi. Mio suocero questa volta torna dal Libano, dove era proprietar­io di un’altra società di edizioni musicali, e di una casa discografi­ca in società con due libanesi, e si porta una canzone francese, dicendo che vuole lanciarla in italiano. Io la sento e gli dico che è un bel brano e che mi piacerebbe inciderla, ma mi risponde che l’aveva già fatta sentire al maestro Vittorio Buffoli, che l’aveva fermata per Mina. Il testo in italiano lo aveva fatto Alberto Testa, io questa volta invece di accendere il cero a santa Rita lo accesi a sant’antonio ma niente, neanche lui ci riuscì. E così la canzone la in

cise Mina, facendone un successo: era Un anno d’amore.

Le volevo proprio chiedere di questa canzone, perché lei l’ha incisa nel 1987 nel suo album CARE COLLEGHE, in cui canta varie canzoni del repertorio di alcune sue colleghe, come Fotoromanz­a della Nannini, Dicono di me di Milva, Pazza idea di Patty Pravo e, appunto, Un anno d’amore di Mina….

Lo ha capito no, il perché ho scelto proprio questa canzone e non un’altra? E pensi che non gliel’ho ancora raccontata tutta. Mina non voleva farla e disse a mio suocero, “Questa canzone è una cagata, la faccio solo per farti un favore”. Comunque, al di là di questi episodi, io Mina artisticam­ente la amo perché è la cantante che ha più musicalità, al di là della voce. Anche altri hanno la voce, anche la Zanicchi ha la voce, magari anche più bella, ma Mina ha una musicalità che, almeno in Italia, non ha nessun altro. La sua voce è uno strumento che si adatta a tutto, per esempio potrebbe cantare jazz senza problemi.

Anche la Zanicchi ha la voce, magari anche più bella, ma Mina ha una musicalità che non ha nessun altro

Negli anni successivi al ritiro di Mina dall’attività dal vivo e televisiva, dedicandos­i soltanto alle incisioni discografi­che, ha più avuto modo di rivederla?

No: io ho una mia teoria sulla sparizione. Magari è solo un’idea… ma mi sono basata su alcune cose che ho sentito. Nel 1972 lei aveva preparato uno spettacolo magnifico, con tutta l’orchestra diretta dal maestro Gianni Ferrio che aveva arrangiato i pezzi in maniera splendida, tutto ben curato, musicisti bravissimi, direi un recital di alto livello, mondiale intendo. Purtroppo io, che ho visto molte volte Mina dal vivo, quella volta non riuscii ad andare, ma mi hanno raccontato che mentre lei cantava queste cose del suo repertorio, c’erano anche brani inediti, il pubblico dall’inizio alla fine urlava, coprendo quasi quelle sonorità così raffinate. La Bussola era gremitissi­ma, c’erano le persone fin sotto il palco, e gli urli erano così forti che lei non poteva quasi cantare, e si è incazzata e non poco. “Ma come, sono qua, sto facendo pezzi straordina­ri, musicalmen­te sublimi, e tu stai lì a urlare come una gallina “Mina, Mina…”? Ma va a…”. Deve essere andata così, so che si era indispetti­ta per questo fatto. A quel punto una freccia dell’arco è stata anche quella, oltre ad altre naturalmen­te. Per esempio, che io sappia lei dal vivo faceva solo questi spettacoli in posti come la Bussola, non era tipa da feste popolari, sagre, feste dell’unità, per cui non fare più concerti non le è nemmeno pesato più di tanto. Dal punto di vista personale invece non ho avuto più rapporti personali, prima la incontravo per esempio a manifestaz­ioni come la Mostra Internazio­nale di Musica Leggera di Venezia, dopo non più. Poi c’è anche stato qualcuno, qualche suo collega giornalist­a, che ha riportato cose che io avrei detto su Mina ma che invece non ho mai detto, cattiverie gratuite per cui so che si è risentita: ma in realtà io l’ammiro moltissimo.

Mina canta Brava a Studio Uno, 1965.

Archivio Dufoto

 ?? ?? Cartolina pubblicita­ria della RI-FI.
Cartolina pubblicita­ria della RI-FI.
 ?? ?? Mina all’autoemotec­a della Croce Rossa Italiana. Alle sue spalle, il manager Elio Gigante. Milano, 7 gennaio 1962.
Archivio Dufoto
Mina all’autoemotec­a della Croce Rossa Italiana. Alle sue spalle, il manager Elio Gigante. Milano, 7 gennaio 1962. Archivio Dufoto
 ?? ?? Iva Zanicchi Archivio Dufoto
Iva Zanicchi Archivio Dufoto
 ?? ?? Corrado Pani accompagna Mina ai funerali di suo fratello Alfredo, in arte Geronimo.
Farabolafo­to
Corrado Pani accompagna Mina ai funerali di suo fratello Alfredo, in arte Geronimo. Farabolafo­to

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