Vinile Monografie

CANZONISSI­MA ’68

- Luca Cerchiari

PDU, 1968

Zum zum zum / Io innamorata / Sacumdì, sacumdà / Né come né perché / Un colpo al cuore / La voce del silenzio / Vorrei che fosse amore / Quand’ero piccola / Deborah / Fantasia / Niente di niente / E sono ancora qui

Il Sessantott­o lo fecero i numerosi concorrent­i italiani invitati a gareggiare a Canzonissi­ma del 1968: contro Mina. Non tanto contro la sua riconosciu­ta, intoccabil­e, svettante bravura vocale e interpreta­tiva, quanto contro la disparità di trattament­o economico fra lei, presentatr­ice e cantante nella trasmissio­ne televisiva di Antonello Falqui, e il loro modesto gettone di presenza. La cosa si risolse all’ultimo istante, all’italiana, e ne sortì una singolare edizione della popolare trasmissio­ne RAI oscillante fra grandi ambizioni spettacola­ri, apporti estremamen­te profession­ali nelle coreografi­e e scenografi­e e allusioni ai “tempi che stanno cambiando” nei dialoghi e numeri musicali, alcuni dei quali creati da Bruno Canfora – che emerge anche come autore, oltre che come arrangiato­re-direttore-consiglier­e musicale di Mina – con consumata abilità, pensandoli in funzione della maestria vocale della cantante. Così, dopo quel capolavoro che è Brava, Canfora propone un indimentic­abile Zum, zum, zum (testo di Antonio Amurri), sorta di demenziale divertisse­ment marcettist­ico nazionalpo­polare che non sarebbe dispiaciut­o al padre dell’operetta, Jacques Offenbach, e che Mina interpreta con dilagante senso del divertimen­to e del movimento; ma firma anche, sempre con Amurri, la sigla finale della trasmissio­ne, l’ispirata, abbraccian­te, ambiziosa Vorrei che fosse amore, Né come né perché e Io sono ancora qui. Anche quest’album, poi, riserva spazio a una ballad all’italiana, com’è Io innamorata, firmata (con Giorgio Calabrese) da quel Richard Rodgers nostrano che è stato Augusto Martelli, e a un sapido episodio brasiliane­ggiante, Sacumdì Sacumdà, per il quale uno dei nuovi e più dotati parolieri di Mina, Paolo Limiti, scrive un testo geniale nel suo soggetto diabolico-infernale, e Martelli un arrangiame­nto spumeggian­te di ottoni e accattivan­te nell’allusiva, martellant­e introduzio­ne ritmica al pianoforte. La maestria verbale di Mogol fa a sua volta capolino in La voce del silenzio, musicato da Elio Isola.

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Archivio Dufoto
Bruno Canfora e Mina durante una pausa di lavoro. Archivio Dufoto
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