Vinile Monografie

Come la Garbo

Per Ellade Bandini, che ha suonato a lungo nei suoi dischi, Mina ha fatto la scelta giusta: sparire e diventare un mito.

- Intervista: VITO VITA

Quando e come hai iniziato a suonare con Mina?

Io ero già da alcuni anni un musicista, e dopo aver suonato con il gruppo di Carmen Villani ero diventato un batterista session man, facendo moltissime registrazi­oni discografi­che con Ares Tavolazzi al basso e Vince Tempera al pianoforte. Lavoravo per tutti, non è come oggi, che per incidere un brano ci si mette una settimana, all’epoca capitava magari di incidere due canzoni al mattino e altre due al pomeriggio. In sala io avevo iniziato nel 1970, e a Mina arrivai nel 1974 proprio tramite Vince Tempera: registrai la canzone Caravel nel disco MINA, quello in cui in copertina lei mangia un panino con la mortadella. Subito dopo, grazie al fatto che avevo già lavorato con lui in Ricordi, mi chiamò Shel Shapiro e registrai per l’album del 1975 IMMAGINA UN CONCERTO. All’epoca ancora non si usava scrivere i nomi dei musicisti sui dischi, nei 45 giri poi non si faceva proprio mai, lo sapevano solo gli addetti ai lavori, anche perché noi eravamo pagati come degli impiegati alla fine del mese, andavamo allo sportello e si ritirava l’assegno. In quell’anno feci anche il 45 giri di L’importante è finire, chiamato da Pino Presti. Questo fu il colpo grosso, nel senso che da lì partirono poi tutte le altre registrazi­oni con Mina.

Che cosa ricordi di questa registrazi­one?

Innanzitut­to penso di aver avuto la fortuna di incidere uno dei più grandi successi di Mina, perché L’importante è finire arrivò ai primi posti in classifica. Pino suonava il basso, poi c’erano Massimo Luca alla chitarra, Alberto Baldan alle tastiere e René Mantegna alle percussion­i. Lo registramm­o alla Basilica di Milano, che era lo studio dove Mina all’epoca faceva tutti i dischi, in seguito invece li registrò tutti a Lugano negli studi della PDU. Pino Presti aveva fatto gli arrangiame­nti, aveva molta credibilit­à perché da Grande, grande, grande in poi aveva arrangiato tutti i suoi successi del periodo, e da lì in poi io lavorai molto spesso con Pino per i dischi di Mina e dopo questi brani singoli passai agli album già dal 1976 con il disco SINGOLARE, in cui suonai in alcune canzoni, tra cui quella del 45 giri Nuda e Sognando.

Nuda e Sognando sono due canzoni scritte da Don Backy…

Esatto, in quel disco ne registrai altre, sempre grazie a Pino Presti.

Che ricordo hai di Mina in queste occasioni?

Lei non è che si facesse vedere molto, almeno in quel periodo, poi dopo è stato diverso: io la prima volta che la vidi fu quando registramm­o L’importante è finire, per le prime due canzoni non venne in studio. In quell’occasione poi parlava solamente con Pino Presti: col senno di poi, come si usa dire, penso che fosse solo timidezza, perché negli anni successivi, man mano che ci si conosceva, divenne molto alla mano con noi musicisti, creando un clima proprio familiare. Certo nel 1975 mi sembrava invece che fosse sulle sue, che si sentisse una grande artista, come ti ho detto parlava solo con Pino, di cui si fidava molto: si rivolgeva a lui sorridendo e cercava di evitare di guardare noi, quando eravamo in regia per ascoltare. La maggior parte degli artisti invece ci davano confidenza, si rideva e si scherzava, lei in quel periodo invece no: poi negli anni 80 è cambiata, ma credo perché a forza di vedermi ha cominciato a conoscermi, per quello penso che fosse solo una grande timidezza. Poi, lei era una delle più grandi cantanti non soltanto a livello italiano, ma internazio­nale, sentiva indubbiame­nte in quegli anni la pressione dei mass-media e quindi era anche più tesa, mentre dopo, il ritiro in Svizzera l’ha tranquilli­zzata, sicurament­e quindi il cambiament­o ha avuto più cause… Si è creato, a forza di lavorare, un rapporto di fiducia.

La prima volta che la vidi fu quando registramm­o L’importante è finire: parlava solamente con Pino Presti. Col senno di poi, penso che fosse solo timidezza

Dopo quell’album del 1976, come proseguì il lavoro con Mina?

Continuai a fare qualche brano nell’album del 1977, MINA CON BIGNÉ, e poi l’anno dopo feci un altro 45 giri di successo, Ancora ancora ancora. Su questa canzone ho un aneddoto: quando iniziammo a registrare, la musica era più veloce, l’arrangiato­re era Alberto Nicorelli ed era stata un po’ sottovalut­ata l’atmosfera del brano, sembrava una canzoncina.

Un classico ritratto dei primissimi anni 70. Lapresse

Io allora ho avuto un’intuizione, pensando a L’importante è finire: a Mina più davi i brani lenti, con spazi nella battuta, e più lei poteva spaziare con la sua tecnica, dando sfogo alla sua interpreta­zione, e allora dissi a Nicorelli che, secondo me, se l’avessimo fatto più lentamente il brano ci avrebbe guadagnato, sarebbe diventato più sensuale, non uguale a L’importante è finire, ma con lo stesso tipo di sensualità. E infatti Nicorelli lo fece rallentare, io con la batteria creai un certo tipo di atmosfera, lui all’inizio era un po’ scettico perché gli sembrava troppo lenta, ma poi lo registramm­o così e fu un altro successo. Mina girò anche un video, seguiva la musica toccandosi i capelli, portandoli sulle labbra, cose così che accentuava­no questa atmosfera. Comunque per questa registrazi­one non venne in sala: viveva già a Lugano, e la chiamarono a casa per dirle questa cosa del rallentame­nto della canzone, gliela fecero sentire per telefono, proprio perché Nicorelli non era convinto e voleva conoscere il suo parere. Lei disse che era perfetta così, e allora questa versione rallentata divenne quella definitiva. Subito dopo Pino Presti mi chiamò per il live alla Bussola, ma io non potevo per altri impegni che avevo preso e non andai, e allora fu chiamato Walter Scebran.

Ma come mai hai rifiutato di suonare dal vivo con Mina?

Avevo preso un impegno con un musicista che doveva andare sei mesi a Miami, in Florida, e io avevo voglia di andare fuori dall’italia, negli Stati Uniti: avevo 32 anni, potevo ancora andare in giro per il mondo, poi alla fine quest’impegno saltò, ma era troppo tardi. Pensa che io avevo dato a loro tutti i miei LP che avevo registrato, perché questo locale di Miami voleva tutte le mie referenze e quindi i dischi in cui avevo suonato, poi loro sono spariti e con loro i dischi, non li ho più avuti indietro ed è una cosa che se ci penso mi spiace ancora moltissimo.

Poi hai suonato con Mina per una quindicina d’anni nei dischi registrati in Svizzera…

Sì, c’era un altro arrangiato­re molto bravo, Vittorio Bacchetta, che si faceva chiamare Victor Bach: lui anche aveva suonato con Mina negli anni 70, e inoltre con lui ero stato per tre o quattro anni il batterista di Al Bano in giro per il mondo, quindi mi chiamò per il disco dei venticinqu­e anni di carriera, MINA 25, e da lì in poi continuai fino a metà anni 90, con CANARINO MANNARO, specializz­andomi nei dischi delle cover, perché ogni doppio, per molti anni, aveva un disco di inediti e uno di cover, per cui ho avuto modo di spaziare nei generi più diversi; i batteristi oltre a me in quel periodo erano Flaviano Cuffari, Walter Scebran e Gianni D’aquila. In quanto a Victor Bach, era un musicista molto bravo, ma con un ego molto sviluppato: pensa che quando andavamo in tour con Al Bano lui si portava dietro un profumo che si chiamava Victor e un dopobarba Bach, e li metteva a fianco nel bagno del camerino. Questo posto dove c’erano gli studi della PDU, a Lugano, era delizioso e molto tranquillo. Mina si portò dietro dalla Basilica il suo tecnico di fiducia Nuccio Rinaldis, in quasi tutti i dischi che ho registrato per lei il tecnico era lui, siamo diventati amici perché era una persona straordina­ria, che metteva a suo agio i musicisti.

Prima hai detto che durante queste registrazi­oni a partire dagli anni 80 era cambiato il rapporto tra Mina e voi musicisti: puoi spiegarti meglio?

Mah, credo che si sia trattato di un insieme di fattori: sicurament­e dopo il ritiro dall’attività dal vivo era più tranquilla, poi passando gli anni si era creata una certa confidenza, un cameratism­o direi, aveva questi musicisti, oltre a me c’erano Massimo Moriconi al basso, Franco Serafini alle tastiere, Danilo Rea al pianoforte e gli altri, con cui aveva creato proprio un equilibrio familiare, infatti a differenza di prima interveniv­a se c’era qualcosa che non le quadrava: “Mah, io questo brano lo farei così”, anche se in genere ragionava più su un piano di emozioni che il brano suscitava, che non per la tecnica; in genere arrivava in studio alle due del pomeriggio ad ascoltare quello che avevamo fatto alla mattina con il figlio Massimilia­no, un ragazzo dolcissimo e disponibil­e. Poi c’era Mario Robbiani, il suo musicista

La cosa più bella era quando Mina, prima di fare un pezzo, ci chiedeva di provare a cantarlo con noi che suonavamo dal vivo insieme a lei

Mina durante una seduta di registrazi­one alla Basilica.

di fiducia che lavorava alla radio e television­e svizzera e che era preparatis­simo, uno dei più preparati che abbia mai conosciuto in vita mia, che ci portava i fogli con le partiture. E poi, quando per le registrazi­oni rimanevamo un po’ di tempo a Lugano, Massimilia­no veniva a mangiare con noi o ci invitava a casa sua, veramente uno di noi. La cosa più bella era quando Mina, prima di fare un pezzo, ci chiedeva di provare a cantarlo con noi che suonavamo dal vivo insieme a lei. Anche il fatto di stare a Lugano l’ha aiutata: quando si finiva di registrare, Mina veniva a mangiare con noi e in nessun ristorante lì a Lugano ho visto qualcuno che si avvicinava, nulla, entrava in un locale e nessuno se la filava, la lasciavano proprio tranquilla, una cosa che in Italia invece non succedeva, tra paparazzi e fotografi. Lì non ho mai visto nessuno chiederle un autografo, oppure un fotografo, niente. Secondo me questa cosa di allontanar­si dalla television­e e dai giornali alla fine l’ha aiutata, è rimasta così la grande Mina: la scelta di Greta Garbo o di Battisti.

Ti viene in mente qualche aneddoto particolar­e su di lei?

A un certo punto stavamo registrand­o Eloise di Barry Ryan, era giugno, ma faceva molto caldo quindi ero in canotta, come se fossi John Bonham in concerto, la canzone era veramente lunga, mi pare sui sei minuti, in pratica una specie di suite, e c’era un finale molto lungo, se la ascolti sentirai che lei nel disco si sfoga, fa vocalizzi, tira fuori il suo animo rock, e naturalmen­te io lì a suonare e a sudare per il caldo. Quando abbiamo finito e sono uscito per andare in regia ad ascoltare si è avvicinata, mi ha abbracciat­o, poi ha guardato Massimilia­no, sempre senza parlare, e mi ha indicato, come una specie di apprezzame­nto senza parole per quello che avevo fatto. E lì poi, poco dopo, mi ha detto che stava cercando un brano rock da incidere, alla Led Zeppelin, adatto a lei, ma non lo trovava: infatti si ascoltava tutte le canzoni che le arrivavano, una cosa anche impression­ante, ce n’erano tantissime accumulate lì nello studio, lei le prendeva una per volta e l’ascoltava, le arrivavano da tutta Italia. Comunque, in tanti anni grazie a lei ho avuto modo di conoscere e di suonare insieme a musicisti come Brian Auger, Toots Thielemans, Phil Woods, tra i più grandi del mondo.

Ma c’è un motivo particolar­e per cui poi non hai più suonato con lei?

No, nessuno in particolar­e: tieni conto che in tutto ci ho suonato vent’anni, dal 1974 al 1994, ed è tanto con un artista, anche perché il batterista ha un tipo di suono che caratteriz­za, per cui il fatto di cambiarlo ogni tanto direi che è proprio normale, il batterista è il primo a essere cambiato. D’altronde dopo di me ha preso Alfredo Golino, uno dei migliori non solo in Italia ma nel mondo, uno che mette in ginocchio tutti, secondo me, e io ho continuato a fare altro.

Ti è successo comunque di risentirla di recente?

Quando fai questo mestiere, anche se ci si dice “Non perdiamoci di vista”, in realtà succede che poi suoni con altri e gli incontri si assommano, alla fine il nuovo artista sostituisc­e il vecchio: ma capita a tutti, non è solo una cosa mia. Però con Mina è successo che per molti anni non ci siamo sentiti, nemmeno con Massimilia­no, anche se ogni tanto mi arrivavano dei saluti tramite altri colleghi, ma l’anno scorso avevo un concerto con Danilo Rea a Gubbio e chiacchier­ando ci è venuta l’idea di mandarle un sms per salutarla, l’ho mandato e dopo un minuto “Ciao Ellade! Che piacere sentirti! Ti abbraccio tanto! Saluta Danilo”. Era dal 1994 che non la sentivo.

Questa scelta di allontanar­si dalla television­e e dai giornali alla fine l’ha aiutata, è rimasta la grande Mina: la scelta di Greta Garbo o di Battisti

Mina durante la registrazi­one di un carosello Barilla, 1967. Pascuttini

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Ellade Bandini
 ?? ?? Un raro scatto che ritrae Ellade Bandini insieme a Mina.
Un raro scatto che ritrae Ellade Bandini insieme a Mina.
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Nuccio Rinaldis, il tecnico di registrazi­one di fiducia di Mina.

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