Quell’estate alla Bussola
Per Silvano Chimenti, il 1972 è un anno indimenticabile: quell’estate suona nelle serate da cui verrà tratto il secondo disco dal vivo di Mina, DALLA BUSSOLA.
Da qualche anno tu eri un musicista di studio per la RCA e lavoravi anche in RAI. Come sei stato coinvolto in questa esperienza?
Sì, avevo già suonato con artisti come De André, Baglioni e prima ancora Gianni Morandi, e facevo parte anche dell’orchestra della RAI. Ma con Mina non avevo mai suonato, perché lei registrava a Milano mentre io lavoravo a Roma. Quindi questi concerti e il relativo disco sono stati la mia unica esperienza con lei. L’arrangiatore di quei concerti alla Bussola era il maestro Gianni Ferrio, un grandissimo. Io non fui contattato da lui ma da un collega, il batterista Sergio Conti, che era un po’ il factotum della parte organizzativa. Mi disse, “Silvano, c’è la possibilità d’estate di fare delle serate con Mina”, poi in realtà suonammo anche prima del periodo estivo, qualche serata “mordi e fuggi”. Partivamo da Roma perché, anche se io all’epoca ero ancora libero professionista, tutti gli altri miei colleghi, tipo Piana e Valdambrini, erano dipendenti RAI e pertanto avevano dei problemi a spostarsi. Quindi Mina, per quel periodo prima dell’estate, tra fine maggio e i primi di giugno, organizzò delle serate in modo tale che noi partivamo con il pullman da Roma il sabato mattina, facevamo la serata il sabato e a volte un altro spettacolo di domenica, e poi la domenica notte tornavamo a Roma per riprendere il nostro lavoro il lunedì mattina in via Asiago.
Come erano state organizzate le prove per gli spettacoli?
Ci siamo visti una prima volta nella Sala B della RAI. La Sala B era quella grande, dove adesso fanno anche produzioni televisive importanti, e la nostra orchestra lavorava lì, per fare le sigle e altro. Ma le prove vere le facemmo poi, più o meno per una quindicina di giorni a maggio, agli studi International Recording, dove si registravano in genere colonne sonore.
C’era anche Mina, o le prove erano solo per voi musicisti?
Certo che partecipava! E anzi, da grande professionista, arrivava anche in anticipo di dieci, quindici minuti. Sembrano piccoli dettagli, ma è il dettaglio che fa la differenza. Anni dopo, ricordo che per certe prove negli anni 90 per il festival di Sanremo alcuni colleghi arrivavano in ritardo, parlo di gente che abitava a due passi da via Asiago, mentre io, che abito in periferia, partivo due ore prima per arrivare in orario.
Abbiamo detto che gli arrangiamenti erano di Gianni Ferrio: cosa mi puoi raccontare di lui?
Per me è stato come un papà, un grande, anche dal punto di vista umano. Preparava le varie partiture basandosi sul modello delle big band jazz americane.
Da grande professionista, alle prove arrivava in anticipo di dieci, quindici minuti. Sembrano piccoli dettagli, ma è il dettaglio che fa la differenza
Non a caso, nella scaletta compaiono brani come Someday o Fly Me To The Moon, e in proporzione pochissimi successi.
Mina dal vivo: un’autentica forza della natura.
Nel DVD c’è un medley con Non credere, E se domani, Insieme, che nel disco originale non c’è…
Certo, ed è voluto: l’intenzione era quella di fare uno spettacolo e quindi un disco all’americana, una big band con delle armonizzazioni che adesso in giro non si sentono più. In quel periodo la RAI aveva dei grandi solisti, oltre a quelli che abbiamo citato finora è da ricordare anche Maurizio Majorana, che è stato uno dei primi a fare sonorizzazioni insieme a Enzo Restuccia alla batteria e a me, Maurizio ha fatto di tutto, colonne sonore per Morricone, Trovajoli, moltissime incisioni. E poi c’erano quelli più anziani come Gianni Basso, Oscar Valdambrini o Alberto Corvini, un grande.
Che tipo di rapporto aveva Mina con voi musicisti?
Io ero tra i più giovani, un pischello un po’ timidone, però a distanza di anni di lei ricordo la grande umanità, la grande semplicità e sopratuttto la grande umiltà, che è tipica dei grandi artisti. In tanti anni e tante conoscenze lo posso dire, in genere più sono grandi e più sono umili, l’ho visto quando ho fatto la tournée con
Jerry Lewis o quando ho suonato a Roma con Liza Minnelli: dopo lo spettacolo fece una spaghettata con i musicisti, al quale io non potei andare purtroppo perché avevo un lavoro con Armando Trovajoli. Tornando a Mina e ripensandoci, anche lei era un po’ timida: all’inizio stava un po’ sulle sue, ma non era una questione di puzza sotto al naso. Era molto per bene nelle sue maniere, nel suo esprimersi, e questa timidezza iniziale veniva fuori per questo motivo.
Per quel che riguarda invece la registrazione del disco, e la ripresa video che è stata pubblicata in DVD, che cosa ricordi?
Devo dirti la verità, ma è proprio così: per le registrazioni video sono state usate solo un paio di telecamere, niente di che. Si tratta di riprese fatte in un paio di serate, tutte interamente dal vivo. E anche per l’audio, non ci fu nessuna sovraincisione: premesso che gli impianti di allora non avevano nulla a che fare con la tecnologia di oggi, l’impianto che fu usato era un Semprini, il mixer aveva solo dodici canali. Se ci ripenso, mi chiedo come abbiano fatto a registrare una grande orchestra, stiamo parlando di venticinque musicisti più o meno, con solo dodici canali a disposizione. Ci sono delle piccole falle, perché io le sento, ma il bello è stato proprio quello, aver registrato con poca roba, pochi microfoni, proprio il minimo indispensabile.
Di lei ricordo la grande umanità, la grande semplicità e soprattutto la grande umiltà
Sul palco della Bussola, nel 1972. Lapresse