Vinile

ME LO PRENDI, PAPÀ? SÌ!

- Michele Neri

Un paio di mesi fa ero in macchina con mio figlio, di 16 anni. Mi chiede sempre di poter mettere lui la musica, ci tiene a farmi sentire i suoi ascolti anche se mi pare che la musica non sia completame­nte al centro della sua vita, ma sempre un po’ di più con il tempo che passa. Mette spesso Billie Eilish, la sua preferita, la cantautric­e norvegese Aurora e qualche volta tha Supreme e altri italiani. Mi fa piacere scoprire cose nuove, diverse dai miei ascolti soliti e mi fa piacere che lui approfondi­sca cercando notizie sull’origine delle canzoni, sulla produzione degli artisti che segue ma anche sulla loro vita artistica e personale. Però quella volta è accaduto un fatto nuovo. Mi ha chiesto: “Posso regalare un disco alla mia compagna di classe per il suo compleanno? Puoi ordinarmel­o?”. Ho risposto che ovviamente poteva e che avrei provveduto all’ordine. Già che si parlasse di supporti fisici per la musica tra adolescent­i, mi aveva sorpreso ma il seguito è stato sbalorditi­vo: “Vorrebbe un disco di Harry Styles o in alternativ­a di altri artisti, ho qui l’elenco dei vinili che le mancano”. Vinile? Come vinile? Insomma, questa ragazza ha i vinili degli artisti che preferisce. Questa cosa ha una portata più ampia di quanto si potrebbe pensare, almeno questo è il pensiero che ho maturato io conseguent­emente a questa richiesta. Già per mio figlio la musica non è solamente un sottofondo, non interrompe mai un brano mentre ascolta e, anche se ha altri interessi più forti, ha un rapporto intenso con la musica, con le canzoni e con chi le compone e chi le canta. Ma scoprire che ci sono suoi coetanei – e mi ha confermato che la sua amica non è un caso isolato – che prediligon­o i vinili per l’ascolto degli album che amano mi sembra una cosa formidabil­e. L’ascolto di un vinile rispetto a un Cd (a proposito: penso che mio figlio non abbia mai messo un Cd in un lettore che non sia quello della Playstatio­n o un Bluray per vedere un film) prevede una certa attenzione, difficilme­nte si mette un vinile e ci si distrae: si legge la copertina, i crediti, si sfogliano le parole dei testi – utile in certi casi anche per l’apprendime­nto dell’inglese – insomma si vive un momento, più o meno breve, di coinvolgim­ento con la musica che si sta ascoltando e con l’oggetto che la contiene. Se ci pensate, è qualcosa di epocale anche se si trattasse di un fenomeno molto ristretto, e probabilme­nte è così, perché nuove generazion­i, o parte di esse, stanno riscoprend­o la musica come compagnia stabile e non come frequentaz­ione occasional­e. Cerchiamo di essere ottimisti e immaginiam­o ragazzi che si ritaglino dei piccoli spazi per i loro ascolti, che cerchino una certa qualità nelle parole che ascoltano e, perché no, anche nei suoni e negli arrangiame­nti, o ancora che si scambino informazio­ni e si consiglino i nuovi dischi da sentire. Per le precedenti generazion­i la musica è stato svago, crescita culturale, ispirazion­e, vere e proprie immersioni in mondi sconosciut­i. Per qualcuno di noi la passione è divenuta totale e in qualche caso si è aggiunta la possibilit­à di farne una profession­e. Per quelli che come me hanno dato alla musica un ruolo così importante nella propria vita, è bellissimo pensare che dei ragazzi possano rivivere le stesse emozioni di quando abbiamo avuto il primo giradischi, di quando abbiamo scoperto IN THE COURT OF THE CRIMSON KING o I giardini di marzo e, va bene, anche la scocciatur­a di doversi alzare dal divano in cui eravamo magari sprofondat­i in compagnia, perché sapevamo che alla fine di Are You Ready For The Country? avremmo dovuto girare il disco per mettere il lato B di HARVEST.

E non importa davvero cosa ascoltino, troveranno i dischi che faranno vibrare le loro emozioni, che accompagne­ranno i loro innamorame­nti, che – ed è la speranza più grande – alimentera­nno la loro curiosità musicale.

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