ME LO PRENDI, PAPÀ? SÌ!
Un paio di mesi fa ero in macchina con mio figlio, di 16 anni. Mi chiede sempre di poter mettere lui la musica, ci tiene a farmi sentire i suoi ascolti anche se mi pare che la musica non sia completamente al centro della sua vita, ma sempre un po’ di più con il tempo che passa. Mette spesso Billie Eilish, la sua preferita, la cantautrice norvegese Aurora e qualche volta tha Supreme e altri italiani. Mi fa piacere scoprire cose nuove, diverse dai miei ascolti soliti e mi fa piacere che lui approfondisca cercando notizie sull’origine delle canzoni, sulla produzione degli artisti che segue ma anche sulla loro vita artistica e personale. Però quella volta è accaduto un fatto nuovo. Mi ha chiesto: “Posso regalare un disco alla mia compagna di classe per il suo compleanno? Puoi ordinarmelo?”. Ho risposto che ovviamente poteva e che avrei provveduto all’ordine. Già che si parlasse di supporti fisici per la musica tra adolescenti, mi aveva sorpreso ma il seguito è stato sbalorditivo: “Vorrebbe un disco di Harry Styles o in alternativa di altri artisti, ho qui l’elenco dei vinili che le mancano”. Vinile? Come vinile? Insomma, questa ragazza ha i vinili degli artisti che preferisce. Questa cosa ha una portata più ampia di quanto si potrebbe pensare, almeno questo è il pensiero che ho maturato io conseguentemente a questa richiesta. Già per mio figlio la musica non è solamente un sottofondo, non interrompe mai un brano mentre ascolta e, anche se ha altri interessi più forti, ha un rapporto intenso con la musica, con le canzoni e con chi le compone e chi le canta. Ma scoprire che ci sono suoi coetanei – e mi ha confermato che la sua amica non è un caso isolato – che prediligono i vinili per l’ascolto degli album che amano mi sembra una cosa formidabile. L’ascolto di un vinile rispetto a un Cd (a proposito: penso che mio figlio non abbia mai messo un Cd in un lettore che non sia quello della Playstation o un Bluray per vedere un film) prevede una certa attenzione, difficilmente si mette un vinile e ci si distrae: si legge la copertina, i crediti, si sfogliano le parole dei testi – utile in certi casi anche per l’apprendimento dell’inglese – insomma si vive un momento, più o meno breve, di coinvolgimento con la musica che si sta ascoltando e con l’oggetto che la contiene. Se ci pensate, è qualcosa di epocale anche se si trattasse di un fenomeno molto ristretto, e probabilmente è così, perché nuove generazioni, o parte di esse, stanno riscoprendo la musica come compagnia stabile e non come frequentazione occasionale. Cerchiamo di essere ottimisti e immaginiamo ragazzi che si ritaglino dei piccoli spazi per i loro ascolti, che cerchino una certa qualità nelle parole che ascoltano e, perché no, anche nei suoni e negli arrangiamenti, o ancora che si scambino informazioni e si consiglino i nuovi dischi da sentire. Per le precedenti generazioni la musica è stato svago, crescita culturale, ispirazione, vere e proprie immersioni in mondi sconosciuti. Per qualcuno di noi la passione è divenuta totale e in qualche caso si è aggiunta la possibilità di farne una professione. Per quelli che come me hanno dato alla musica un ruolo così importante nella propria vita, è bellissimo pensare che dei ragazzi possano rivivere le stesse emozioni di quando abbiamo avuto il primo giradischi, di quando abbiamo scoperto IN THE COURT OF THE CRIMSON KING o I giardini di marzo e, va bene, anche la scocciatura di doversi alzare dal divano in cui eravamo magari sprofondati in compagnia, perché sapevamo che alla fine di Are You Ready For The Country? avremmo dovuto girare il disco per mettere il lato B di HARVEST.
E non importa davvero cosa ascoltino, troveranno i dischi che faranno vibrare le loro emozioni, che accompagneranno i loro innamoramenti, che – ed è la speranza più grande – alimenteranno la loro curiosità musicale.