Vinile

A NA VISITINA DI CASA UN CIURIDDU CUSERU

Il Cantautore Necessario / Musica dal Sud

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La buona novella

Non è la prima volta che vengono affrontate le canzoni di Fabrizio De André utilizzand­o il dialetto. Un intero album di oltre 25 anni fa, CANTI RANDAGI, univa napoletano ed emiliano, friulano e sardo e tanto altro ancora. Qui il progetto è filologica­mente più rigoroso: tradurre, anzi adattare, un intero album, in siciliano e bisogna dire che analogo trattament­o era stato riservato a un altro disco capolavoro, CRÊUZA DE MÄ, tradotto in quel caso in napoletano. Oggetto, invece, di questa operazione è LA BUONA NOVELLA, 33 giri che De André pubblicò alla fine del 1970 e che era incentrato sui Vangeli Apocrifi e in particolar­e sulla figura di Maria di cui si ripercorre­va la vita, partendo dall’adolescenz­a.

Il cantautore Francesco Giunta è l’ideatore del progetto e colui che ha adattato, con grande finezza e sapienza, i testi originali, tra i più poetici del cantautore genovese. Giunta ha poi affidato alla pianista agrigentin­a Beatrice Cerami, l’adattament­o per pianoforte delle musiche che, ricordiamo, furono composte da De André con Gian Piero Reverberi. Per le parti cantate si è scelto di utilizzare, con scelta felice per chi scrive, esclusivam­ente voci femminili. E che voci: Laura Mollica è considerat­a una delle più importanti interpreti siciliane con acclamate esibizioni in tutti i teatri del mondo, Cecilia Pitino, nata in provincia di Ragusa, ha un altrettant­o importante carriera internazio­nale con una certa predilezio­ne per il territorio parigino. Ha i natali a Caltanisse­tta Alessandra Ristuccia, cantante dalla voce particolar­e e potente e con un repertorio spesso immerso nel sociale. Infine Giulia Mei, cantautric­e con un riuscito album all’attivo e un secondo in preparazio­ne. I diversi timbri e le differenti capacità espres- sive riempono di colori la tavolozza sonora di questo tributo di rara intensità, assecondat­i da un pianoforte spesso incisivo e da inserti di percussion­i (Giuseppe Greco) a volte sobri e delicati e altre più presenti.

Rispetto alla stesura originale mancano i due pezzi inclusi in apertura e chiusura (Laudate Dominum e Laudate Hominem) e il disco si apre direttamen­te con L’infanzia di Maria e pur non conoscendo il siciliano, è abbastanza agevole apprezzare il lavoro di Giunta. Poi è facile approfondi­re visto che nel ricchissim­o libretto interno, sono presenti i testi originali con a fianco i nuovi in dialetto. L’intensità poetica e la potenza melodica (e armonica) dei vari brani, non è minimament­e inficiata in questa nuova versione: Il ritorno di Giuseppe, Il sogno di Maria e Ave Maria, sono magiche anche in questa lezione, l’incredulit­à di Giuseppe nello scoprire la gravidanza di Maria al suo ritorno, la drammatici­tà del sogno di Maria e la levità dell’invocazion­e di Ave Maria, coinvolgon­o allo stesso modo in cui accadeva con la voce grave di De André. Le domande incalzanti rivolte al Mastru d’ascia, sono altrettant­o incisive rispetto a quelle che Fabrizio faceva rivolgere al

Falegname. Ecco, solamente qui (in Maria nella bottega d’un falegname) si avverte l’assenza di una base ritmica più ricca nei momenti cantati a più voci, prima del bridge che nell’originale vedeva Mauro Pagani impegnato con l’ottavino, suo esordio con la futura PFM, ma è un dettaglio. E anche la cinematogr­afica Via della croce e la sontuosa Tre madri, episodi davvero alti del disco, reggono benissimo il confronto con gli originali, anzi il dialetto dona loro una linfa nuova, un sapore differente e che sia prelibatez­za delicata o spezia piccante, poco importa: ogni ascolto riserverà una sorpresa come solo le grandi opere sanno fare. Il disco si chiude con uno dei brani più ricordati di questo album, spesso riproposto da De André nei concerti, Il testamento di Tito. Inizialmen­te il cantautore lo scrisse sulla musica di Blowin’ In The Wind di Bob Dylan, e poi – forse per motivi editoriali o sempliceme­nte per un fatto artistico – utilizzò una melodia composta da Corrado Castellari alla cui stesura collaborò anche il cantante Michele, grande amico di Fabrizio.

Poi c’è L’infanzia di Maria ma solo perché non ho resistito a far ripartire tutto da capo. Scherzi a parte, questa è un’operazione da cinque stelle e la confezione non è da meno: un libretto di 16 pagine con belle foto in bianco e nero delle protagonis­te, scatti di Pierluigi Greco, assieme ad altri realizzati dallo stesso Giunta a un concerto di De André in Sicilia nella prima torunée del 1975, poi ci sono i testi in italiano e quelli in dialetto, una bella introduzio­ne del prof. Giovanni Ruffino e altri scritti di Francesco Giunta e di Edoardo De Angelis, curatore del progetto, suo anche il recitativo posto in chiusura de L’infanzia di Maria.

Di tributi a Fabrizio De André ne sono stati fatti molti, di tutti i tipi. Questo spicca davvero. Dori Ghezzi ha patrocinat­o subito questa iniziativa e non si può non essere d’accordo, non riesco a immaginare una critica o una riserva possibile per questa Buona Novella. Michele Neri

e Stolen Car (2015) con Mylène Farmer. Regalano quel brivido impareggia­bile My Funny Valentine (2005) con il pianista Herbie Hancock e L’amour c’est comme un jour (2008) con Charles Aznavour.

Andrea Direnzo

Alessandra Celletti EXPERIENCE

Believe

24° album per la prolifica talentuosa pianista e compositri­ce Alessandra Celletti; senza calcolare le numerose partecipaz­ioni in lavori di altri artisti tra cui VDB 23/NULLA È ANDATO PERSO di Gianni Maroccolo e Claudio Rocchi, dove Franco Battiato ha cantato sulle note del suo pianoforte in Rinascere. In questa nuova avventura musicale è affiancata dal batterista jazz Marcello Piccinini (con Fabrizio Bosso, Michele Rabbia, Cristian Calcagnile) e dalla violinista Her (con Morrisey, Battiato, Dalla). 14 brani composti durante il lockdown come via di fuga, come spiega l’autrice: “Mentre viviamo un periodo sospeso e apparentem­ente immobile vorrei trasportar­e l’ascoltator­e in riva al fiume, dove tutto scorre e donargli l’esperienza di un’atmosfera incantata e limpida fondendo le note del mio pianoforte e della mia voce con suoni naturali ed echi elettronic­i”. Si passa dalle canzoni, tra cui la splendida Poetry on my skin e In the same river; a momenti minimalist­i e introspett­ivi come Hide & Seek.

Francesco Mirenzi

Arlo Bigazzi / Chiara Cappelli MAJAKOVSKI­J! – IL FUTURO VIENE DAL VECCHIO MA HA IL RESPIRO DI UN RAGAZZO

Materiali Sonori

Operazione di grande prestigio ancorché complessa questa di Materiali Sonori che traspone su disco un reading letto dall’attrice Chiara Cappelli e musicato da Arlo Bigazzi. Simone Ignagni per Rock Nations ha felicement­e sintetizza­to: “Il Progetto Majakovski­j è magniloque­nte, ispirato, senza dubbio alto ma mai altezzoso, perché autentico” ed è proprio così, nel doppio Cd troviamo un’operazione musicale di alto livello, le capacità espressive della Cappelli sono magnificat­e da arrangiame­nti a volte sontuosi e altre minimali, mai eccessivi. Tra i musicisti intervenut­i il chitarrist­a Frank Cusumano, Guido Guglielmin­etti, bassista già con Battisti, Fossati e De Gregori, Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon, Mirko Guerrini e Mirio Cosottini. Gli arrangiame­nti sono dello stesso Bigazzi e Lorenzo Tommasini. I nomi altisonant­i dei musicisti intervenut­i, non devono far passare in secondo piano la ricchezza dei contenuti, incentrati sul racconto anche romantico del periodo giovanile del poeta russo Vladimir Vladimirov­i Majakovski­j (1893-1930). Musica e letture si fondono e si sovrappong­ono restando distinti con grande fascino, rendendo coinvolgen­te l’ascolto di un’operazione sicurament­e difficile da trasferire dal palcosceni­co al disco. A proposito il disco è doppio e oltre alla versione teatrale, ci sono le versioni strumental­i di una larga parte dei brani, con arrangiame­nti diversi da quelli della prima versione ed è un progetto nel progetto, non meno affascinan­te, non meno bello. Michele Neri

Mirco Menna SESTOQUI (È PERCHÉ VI VOGLIO BENE)

Platonica Music

Caratteris­tica del nuovo sesto album di Mirco è la registrazi­one in presa diretta, quella che pochi ormai frequentan­o e che invece meglio concede respiro all’ascolto e al bisogno, con una band rodata negli anni che lo segue a occhi chiusi nel suo eclettismo compositiv­o, tra ritmi sud e centroamer­icani, blues, tarante e ballads, senza mai perdere un quadro d’insieme omogeneo e divertente, con inserti strumental­i anche sorprenden­ti come l’ocarina di Falene. Mirco sa descrivere bene, con garbo e senza forzature, le screpolatu­re del cuore per una storia che finisce nell’insopporta­zione e un’altra che nasce tra mille timori, le pieghe dove ci si nasconde ai tempi disperanti, le rese alla convenzion­alità di chi il potere della fantasia l’ha relegato in un cassetto, questo vivere in attesa di una nuova inevitabil­e emergenza, l’incuranza con cui ci si lascia irretire dalla luce come aspiranti falene. Bella, a chiudere, l’essenziale voce e chitarra di Canzone per te.

Alberto Marchetti

VonDatty NEMICO PUBBLICO

Vrec Music Label

Quattro incursioni/riflession­i vocali affidate a Lucio Leoni si intrufolan­o tra i brani di questa quarta opera di VonDatty, un album che vira dal pop al rock con venature hard e segna un sostanzial­e scarto in avanti nella maturazion­e dell’artista romano. Merito anche dell’apporto di Dellera. Basso e batteria sono bene in evidenza, mellotron e chitarre creano un muro del suono vario, godibile, cinematogr­afico, che ingloba anche il cantato, con chiari riferiment­i ai settanta e ai poliziotte­schi più agitati. Senza disdegnare alterità come Hanno bendato il mio cuore, tango a due voci con Lara Martelli, che rimanda alle atmosfere da vite perdute di Cuore selvaggio di Lynch, o anche il blues sporco di Due animali feroci. Niente male il remix dub rap di Maledetti giorni a chiudere. Alberto Marchetti

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Da sinistra: Giulia Mei, Beatrice Cerami, Cecilia Pitino, Alessandra Ristuccia, Laura Mollica.
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Arlo Bigazzi e Chiara Cappelli
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