SE MI COMPRI UN GELATO
Un tempo i gelati erano ritenuti alimenti per l’infanzia, al più per famiglie. La pubblicità si attenne a quell’immaginario, che si mantenne immutato con l’avvento di Carosello e il proliferare degli short nei cinema. Fino alla rivoluzione musical-giovani
Escludendo le serie promosse da aziende con una vasta gamma di prodotti, che adattavano il codino pubblicitario alle stagioni (Lia Zoppelli ed Enrico Viarisio, con il suo “Ullallà è una cuccagna, son prodotti di Alemagna”, reclamizzavano sotto Natale il panettone, d’estate i gelati e il resto dell’anno le caramelle Charms e Sanagola), negli anni Cinquanta-Sessanta i dolcifici con la catena del freddo parlavano essenzialmente ai bambini. Alemagna, al cinema, personificava e animava il suo Fortunello; Eldorado aveva imboccato il filone western e non l’aveva più lasciato, passando dai pupazzi di Maria Perego alle ballate del cantastorie Chitarra Joe (Giorgio Gaber, 1963) a Cocco Bill di Jacovitti; inizialmente anche Motta si era buttata sul Far West (pauperistico, Il circolo dei piccoli), virando poi sui cartoni di Toto e Tata, doppiati da Elio Pandolfi e Isa Di Marzio. Algida aveva esordito con Walter Chiari ma con scarsi esiti; nel 1960 aveva puntato sul comico e umorista umbro Alberto Talegalli per alcuni surreali Commenti sportivi, ma solo per sfruttare la contingenza delle Olimpiadi di Roma e lanciare la Coppa Olimpia; sarebbe tornata subito all’animazione, con Pippo e il nonno (Di Marzio) e Salvador, el matadòr del televisòr (Pandolfi). Qualcosa però stava cambiando.
Irresistibile!
Nei primi anni Sessanta la gelateria napoletana Spica, che aveva ideato l’Algida, si apparentò con la multinazionale angloolandese Unilever (che avrebbe poi rilevato totalmente il marchio e inglobato via via quasi tutta la concorrenza, da Eldorado a Soave, da Toseroni al recente Grom). L’ideazione delle campagne pubblicitarie passò così alla Lintas, che al tempo era la house agency internazionale del gruppo. E che decise di cambiare target: non più i bambini ma gli adolescenti, che in quegli anni fremevano per porsi al centro dell’attenzione e miravano a cambiare il mondo. Mai intuizione fu più felice. La prima mossa vincente fu accaparrarsi il nuovo idolo dei ragazzini: Rita Pavone (anzi, in un certo senso presero entrambi i divi del momento, perché si nar
ra che a fare i cori, senza apparire né venir citato, ci fosse Gianni Morandi). Rita aveva debuttato da poco, ma la sua popolarità era balzata alle stelle grazie ad Antonello Falqui, che ne aveva intuito la stoffa e l’aveva voluta protagonista del suo nuovo Studio Uno (in sostituzione di Mina, bandita dalla RAI perché ragazza madre). Con perfetto sincronismo, non fa in tempo a concludersi lo show (16 marzo 1963) che Rita è sul set della romana Film Iris di Giuseppe Mariani e del regista Alfredo Angeli per una dozzina di caroselli programmati esattamente un mese dopo (16 aprile) e in onda fino a fine agosto. Anche il concept si rifà a Studio Uno: non i soliti proto-videoclip con le novità discografiche, ma simpatici centoni musicali con Rita scatenata che, dopo averne combinate di tutti i colori insieme a un gruppo di coetanei (al luna park, all’uscita dalla scuola, ai grandi magazzini, al mare…), si precipita al carrettino dei gelati al grido di “Posso dire una parola? C’è un Algida laggiù che mi fa gola!”. E lì, ecco a servirli – udite! udite! – un giovanotto belloccio praticamente sconosciuto, che per sbarcare il lunario faceva la comparsa (lo si vede anche ballare il twist nei telecomunicati brevi dell’Industria Italiana della Birra con Mina): Franco Califano.
Mina stessa ha rapporti (seppur indiretti) con Algida. A maggio 1964 incide Se mi compri un gelato, un buffo surf (si mette perfino a ridere, cantandolo) composto, edito e arrangiato da Gorni Kramer su testo di Vito Pallavicini (quattro versi in croce, co-firmati in SIAE pure dagli sceneggiatori Italo Terzoli e Bernardino Zapponi), uscito come retro del samba lento Un buco nella sabbia. All’interno di alcune buste, insieme al 45 giri, compare anche un volantino promozionale Algida, con stampato sopra (oltre alla pubblicità) una sorta di fumetto con il testo della canzone.
Il gelato del mondo nuovo
Conclusa la prima serie, Rita (il cui successo cresceva esponenzialmente) decide di non rinnovare il contratto. La Lintas (dove lavorava come producer un Paolo Limiti alle prime armi) si arrabatta per cercare degni eredi, ma invano: vuoi per il minor appeal dei nuovi testimonial (nel 1964 i Rokes con Anna Maria Izzo, nel 1965 Didi Balboni nel suo periodo d’oro, in contemporanea cantante e valletta di Mike Bongiorno a La fiera dei sogni), vuoi per gli allestimenti essenziali e un certo retrogusto di minestra riscaldata, vuoi per le riprese affidate a registi poco avvezzi alla pubblicità, fatto sta che quella trentina di caroselli corre via senza lasciare il segno.
Nel 1966 viene richiamato Angeli ma ci si tiene alla larga dai cantanti, optando per una serie ritmata e molto coinvolgente girata in esterna, per le strade di Roma e lungo il litorale (protagonisti, sempre degli adolescenti). Nel 1967 un secondo “colpaccio”: la Lintas (alla direzione del cui ufficio cinema era nel frattempo approdato Alberto De Maria, in seguito produttore e regista) riesce a scritturare il nuovo simbolo dei giovani, Patty Pravo. E molto oculatamente le fa firmare un contratto triennale… Diverrà la testimonial più importante e memorabile dei gelati Algida (il Croccante e, in suo onore, il nuovo Paiper), realizzando una quindicina di caroselli e qualche telecomunicato (diretti, fra gli altri, dai fratelli Taviani) sulle note delle hit Il Paradiso, La bambola, Qui e là, Ragazzo triste, Se perdo te… (come narrammo più estesamente, da queste pagine, due anni orsono, su Vinile N. 20).
Altro che cono!
Nel 1970 Patty (che si narra avesse scalpitato molto, non potendo svincolarsi nonostante il successo clamoroso) chiude con la pubblicità (riappare in un singolo carosello Agip, in virtù dell’accordo che l’ENI aveva stipulato con la RCA, distribuendone gli Stereo 8 nelle stazioni di servizio). E la Lintas mette a segno un altro colpo: Nada. Stavolta, però, nessun risultato clamoroso: con un grosso errore di valutazione, la serie viene affidata a Nelo Risi, poeta oltre che regista, fratello del più noto Dino e come lui psichiatra, il cui gusto e stile erano ben lontani da quelli dei giovani. Dirige infatti cinque caroselli sì gradevoli (ripresi macchina a mano da Giuliano Giustini, che aveva già lavorato a quelli della Pavone), ma permeati di un certo sussiego intellettualistico. Sono infatti sogni a occhi aperti di Nada, che immagina di andare con gli amici a pesca (Che male fa la gelosia), a cavallo (Pà diglielo a mà, dall’ultimo Sanremo in coppia con Rosalino non ancora Ron), nei boschi (Ma che freddo fa, dall’edizione 1969), a ridipingere un vecchio peschereccio (L’anello), addirittura a simulare il teatro greco con tuniche e maschere in pietra (Bugia).
Ma erano pure cambiati i tempi: beatnik e capelloni avevano ceduto il passo agli hippy, a cui non bastava più una canzone per respirare aria di libertà e trasgressione (e che musicalmente guardavano ormai oltre frontiera). L’azienda capisce che per continuare a dialogare coi giovani vanno percorse altre strade: nel 1971 affida il gelato Boomerang a uno zazzeruto Nanni Loy, che prende le difese dei teenager presso gli adulti, poi dal 1972 (per la Coppa Olimpia Tahiti, la Coppa Rica…) vira su storielle di innamoramenti e flirt estivi ammiccando (per quanto consentito dalla censura RAI) alla rivoluzione sessuale.
E la musica? Ricomincia in quello stesso 1972. Ma è tutt’altra musica. Le canzoni vengono spostate su un nuovo segmento di pubblico, quello delle famiglie, e per una nuova linea di prodotti, “Algida a casa”, cioè le torte gelato (Florianne, Party, Tronchetto). Ne consegue anche il testimonial: la più rassicurante Rosanna Fratello.