A cura di: Mario Giugni
Paul McCartney RAM
Universal Music Enterprises
Se per MCCARTNEY Macca aveva fatto più o meno tutto da solo, per il suo secondo lavoro ha una band e accredita il disco anche alla moglie Linda, che comunque si limita a backing vocals talvolta anche fastidiosetti. Il disco lo registra tra New York e Los Angeles, ma il suono in generale non è tanto distante da quello casalingo del precedente: leggero, innamorato della melodia e, presumibilmente per cercare di annientare la depressione causata dall’acido scioglimento dei Beatles, tranquillo. Così, scorrono con un taglio prevalentemente giocoso episodi acustici (Ram On imperniato sull’ukulele, Heart Of The Country), radici rock’n’roll (Smile Away, Eat At Home), il blues di 3 Legs e anche qualche verso un po’ polemico nei confronti di John e Yoko (Too Many People). Poi la voce si fa gridata e maleducata sul modello di Screamin’ Jay Hawkins in Monkberry Moon Delight, il lungo finale di Long Haired Lady viene da quello di Hey Jude e l’ironia regna nella deliziosa Uncle Harry/ Admiral Halsey. Oggi, per il suo cinquantenario, il disco torna su vinile in questa audiofila edizione half speed mastering.
Banco del Mutuo Soccorso DARWIN!
Sony
Ristampa in vinile rosso per il secondo del Banco con le inner sleeve con i testi dell’originale. Uscito nel 1972, come esemplificato dal titolo, il disco ha al centro la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin. “Prova, prova a pensare un po’ diverso, niente da grandi Dei fu fabbricato, ma il creato s’è creato da sé. Cellule. Fibre. energia e calore” canta Francesco Di Giacomo nella lunga L’evoluzione, che apre l’opera in un caleidoscopio di suoni ora sospesi, ora lirici, ora tempestosi, ora delicati. E, ancora, “Adamo è morto ormai e la mia genesi, non è di uomini ma di quadrumani” a ribadire l’idea del Banco sul tema. Poi è di nuovo preistoria con La conquista della posizione eretta a descrivere il sogno degli uomini di divenire bipedi, la nascita delle tribù (Cento mani e cento occhi), la dolcezza che sgorga dalla frustrazione della splendida 750.000 anni... l’Amore?, il jazz tribale di Danza dei grandi rettili. Miserere alla storia, invece, è un drammatico avvertimento (“quanta vita ancora ha il tuo intelletto, se dietro te scompare la tua razza”) e a chiudere c’è Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde... non ne ho!, un macabro valzer caratterizzato dai cigolii di una ruota che gira inarrestabile. Il tempo passa e l’uomo non può proprio farci niente, fino alla morte.
Mario Giugni
Johnny Winter CAPTURED LIVE
Music On Vinyl
Edito nel 1976 e ricavato da tre concerti tenuti l’anno precedente in California, il disco presenta Winter sul palco insieme a Floyd Radford alla seconda chitarra, Richard Hughes alla batteria e Randy Jo Hobbs al basso. Ad aprire è Bony Moronie di Larry Williams ed è un’orgiastica festa con le due chitarre a duellare gioiose scatenando torrenti di note. Poi lo show continua rovente e sanguigno con l’orecchiabile Roll With Me di Rick Derringer e la ruspante It’s All Over Now di Bobby Womack, mentre Rock And Roll People all’epoca è ancora un’outtake di MIND GAMES di John Lennon (più tardi edita su MENLOVE AVE.) che Winter ha già ripreso in studio per JOHN DAWSON WINTER III. La seconda facciata è puro fuoco. Prima ci sono i dieci minuti da favola di Highway 61 Revisited. Le storie della strada che parte da Duluth per finire a New Orleans raccontate da Dylan rivivono stravolte in una serrata performance guidata da una slide furente e irrefrenabile. Quindi arriva l’ancora più lungo Sweet Papa John, l’unico brano del disco a firma Winter. È un gridato blues midtempo e qui di nuovo c’è tutto l’immenso calore dell’hobo albino. In questa nuova ristampa, un inserto riproduce le inner sleeve originali e nel suono sovrano è l’analogico.
Eric Clapton ERIC CLAPTON
Universal Music Enterprises/ Polydor
Sciolti i Blind Faith, Clapton ha una gran voglia di cambiare e nell’autunno del 1969 si fa un tour con Delaney & Bonnie. Si trova bene e per il suo primo disco come solista tiene presente l’esperienza. Molta America, uno scarsissimo interesse per i soli pirotecnici, molte rock song, qualche traccia rhytmn’n’blues, cori femminili. Con lui in studio lo stesso Delaney Bramlett, che suona la ritmica e produce, ma anche Stephen Stills, Carl Radle, Bobby Whitlock, Jim Price, Jim Gordon, Leon Russell. Non sempre, come riconoscerà lo stesso artista, la sua voce è all’altezza ma le cose filano e nella tracklist spiccano soprattutto After Midnight di J.J. Cale, Let It Rain, il frizzante strumentale Slunky e il boogie di Bottle Of Red Wine. Oggi l’album è stato riedito anche su vinile nero 180 grammi in un box di quattro
Lp che contiene i tre missaggi preparati per la pubblicazione: quello di Clapton, quello di Bramlett e quello poi effettivamente usato di Tom Dowd. Nel quarto disco outakes e alternate track insieme a Comin’ Home e Groupie (Superstar) di Delaney & Bonnie, sempre con Slowhand all’opera.
George Harrison ALL THINGS MUST PASS
Capitol/Universal Music Enterprises
Nei Beatles, Harrison si sente non poco frustrato a causa della supremazia di Lennon e McCartney in fase compositiva. Così, dopo lo scioglimento della band, per ALL THINGS MUST PASS si scatena e, anche recuperando suoi brani sottovalutati dagli ex compagni, registra così tanto materiale da imporre la pubblicazione di un triplo. La produzione è condivisa con Phil Spector e molti sono i musicisti impegnati in studio, tra i quali Ringo Starr, Eric Clapton, Klaus Voorman, Dave Mason, Gary Brooker e Ginger Baker. A dar lustro alla scaletta, un po’ di hit (My Sweet Lord, What Is Life), ma anche la delicata I’d Have You Anytime scritta con Bob Dylan, Isn’n It A Pity, Beware Of Darkness, Wah-Wah e le improvisazioni del terzo Lp. Tutto, insieme a una marea di outtakes e demo, è ora nuovamente disponibile in questa ristampa monstre che, nella versione deluxe su vinile, contiene otto Lp, la replica del poster originale e un libro di 96 pagine curato da Olivia Harrison dove sfilano testi scritti a mano, immagini inedite dell’epoca, diari e altro ancora. Ma se volete proprio esagerare, c’è la uber deluxe edition, alloggiata in un box di legno e con tanta paraphernalia in più. Ma qui si va sui mille dollari.