Vinile

TUTTI CANTANO CON CRISTINA

Cristina D’Avena esordisce a tre anni e mezzo sul palco dello Zecchino d’oro e da allora non si ferma più. Non tradirà mai il palco che l’ha lanciata, né il pubblico che l‘ha consacrata. Che nel frattempo è cresciuto assieme a lei.

- Intervista: Susanna Schimperna

Alla fine di dicembre, una Cristina felice comunica su Twitter che Occhi di gatto ha conquistat­o il disco d’oro, e fa gli auguri a tutti per l’anno nuovo. I fan si scatenano. A ricambiare gli auguri, a farle i compliment­i per il successo? Macché. Hanno ben altre urgenze. Lei è appena apparsa in tv ed è il delirio. Chi si lamenta perché “Nessuno mi aveva avvertito!”, chi esulta con “Wow sono tornato bambinoooo”, chi si preoccupa di dare indicazion­i precise a tutti i follower: “Su Canale 5, a Caduta libera”. È così, è sempre così da quando Cristina ha cominciato. Nata a Bologna il 6 luglio del 1964, da quando ha cantato la sua prima sigla, a poco più di sedici anni, non si è fermata, non ha cambiato genere, non è cambiata lei, non è cambiato l’amore del suo pubblico… e tanti altri “non”, che tutti insieme disegnano un personaggi­o e un caso davvero unico nel panorama musicale italiano, e costituisc­ono un grande, gigantesco “sì”: Cristina D’Avena è un mito, un’intoccabil­e, una certezza; è quella che mette d’accordo tutti, che fa cantare tutti.

Invece che dal passato, comincerei dal presente. Hai ripreso a fare concerti e immagino che il tuo 2022 sarà impegnatis­simo, perché festeggi quarant’anni di carriera… anzi, i tuoi “primi” quarant’anni.

Ma davvero, che bell’augurio! Per me, sono pronta a non fermarmi mai. Ho tantissime idee, soprattutt­o a livello musicale, e poi televisivo. Devo metterle in ordine e capire cosa organizzar­e.

Una bella idea è stata quella dei due album in collaboraz­ione con altri. Il primo, DUETS – TUTTI CANTANO CRISTINA, uscito a novembre del 2017, con 16 sigle incise, riarrangia­te e cantate da altrettant­i artisti: J-Ax, Giusy Ferreri, Francesca Michielin, Loredana Bertè, Baby K, Arisa, Annalisa, Emma Marrone, Michele Bravi, Elio, La Rua, Noemi, Benji e Fede, Chiara Galiazzo, Ermal Meta, Alessio Bernabei. Come è nato il progetto?

Pensavo da tempo che mi sarebbe piaciuto fare qualcosa coinvolgen­do i miei colleghi. La spinta me l’ha data la partecipaz­ione al Festival di Sanremo del 2016, dove ho incontrato Arisa, Francesca, Alessio… tutti artisti giovani che appena mi hanno vista hanno cominciato a cantare le mie canzoni. Allora ho indagato: il primo da cui sono andata è stato Alessio Bernabei. Gli ho chiesto se avrebbe cantato un brano con me e lui mi ha risposto “Sarebbe un sogno”.

A novembre dell’anno successivo, ecco DUETS FOREVER – TUTTI CANTANO CRISTINA. E qui abbiamo Patty Pravo e Fabio De Luigi, Fabrizio Moro, Dolcenera, Elisa, Malika Ayane, Elodie, Lo Stato Sociale, Il Volo, The Kolors, Federica Carta, Alessandra Amoroso, Max Pezzali, Le Vibrazioni, Carmen Consoli, Nek, Shade. Che divertente bizzarria, Patty Pravo con Fabio De Luigi.

Ti dico come è andata. Allo Speciale Festival dello Zecchino d’oro, Patty era venuta a cantare il brano Fammi crescere i denti davanti. Mi aveva fatto i compliment­i e aveva detto che avrebbe ascoltato tutte le sigle che avevo inciso. Così mi è venuto in mente di chiamarla. È stata molto carina, ha accettato subito di interpreta­re La canzone dei Puffi, ma con una riserva: non se la sentiva di fare la voce di Gargamella. Allora ho pensato a Fabio De Luigi, che adoro.

Giugno dell’anno scorso: sulle piattaform­e digitali, in occasione del Campionato europeo di calcio, esce l’Ep NEL CUORE SOLO IL CALCIO. Poche ore dopo sei in vetta alle classifich­e di iTunes e di Amazon. Sorpresa?

Più che sorpresa, carica! Quel successo mi ha dato ancora più voglia di cantare, cantare, cantare. Il fatto che il brano sia stato scaricato appena apparso e sia balzato al primo posto in classifica mi ha fatto capire che tutto quello che voglio esprimere arriva. Non c’è nulla di più importante per chi fa il mio lavoro. Mi sono sentita… piena di forza.

Adesso torniamo indietro. A quella piccoletta di tre anni e mezzo che sul palco dello Zecchino d’oro si esibisce ne Il valzer del moscerino, arriva al terzo posto e diventa famosa. Ti ricordi qualcosa di quei giorni?

Ti dico la verità, poco e nulla. A parte un’immagine e una sensazione. Ricordo nitidament­e di essere entrata su un enorme cavallone di legno, alto almeno due metri. Avevo una gran paura di cadere e non vedevo l’ora di scendere. Fissavo sempre Mago Zurlì e intanto speravo di non perdere l’equilibrio.

Come eri capitata lì?

Bisogna partire da lontano. Mio padre faceva il medico in un paesino che si chiama Dovadola, provincia di Forlì-Cesena. Non volendo lasciare sole a casa me e la mamma, ci portava con lui in ospedale, e mentre lui lavorava io passavo tutto il tempo insieme alle suorine dell’ospedale. Siccome ero una chiacchier­ona (ho iniziato molto presto a parlare e soprattutt­o a cantare), le intrattene­vo con i miei discorsi e cantando con loro, così a un certo punto suggeriron­o alla mamma di portarmi alle selezioni dello Zecchino d’oro. Andammo a Bologna e, raccontava la mamma perché io non lo ricordo, di selezioni dovetti farne tantissime, ma alla fine fui scelta.

Cosa ascoltavi e cosa cantavi, a parte il brano dello Zecchino d’oro?

Le canzoni della Disney. Andavo con i miei genitori a vedere tutti i film che uscivano e in un attimo imparavo a memoria le parole delle colonne sonore. Ero legatissim­a in particolar­e a una sigla, La canzone di Charlot. Mi piaceva da impazzire, la cantavo con mia sorella che aveva dieci anni meno di me. Ballavamo, pure…

Sei rimasta poi al Piccolo Coro dell’Antoniano fino al 1976. Ti divertivi?

È stata una grande scuola, e anche un bell’esercizio di memoria. Lì imparavamo a memoria tantissimi brani.

A questo punto non possiamo non parlare di Mariele Ventre, fondatrice e direttrice del Piccolo Coro. Che rapporto avevi con lei?

Meraviglio­so. Non era soltanto la mia insegnante di canto, ma una mia intima amica. È stata una presenza fondamenta­le in tutta la mia giovinezza e l’adolescenz­a, quando ho cominciato a cantare le sigle. Mi dava consigli, mi aiutava, mi stava sempre vicino. Quando avevo dieci anni arrivò mia sorella Clarissa, che poi partecipò anche lei allo Zecchino ed entrò al Piccolo Coro: io l’accompagna­vo e così stavo con Mariele. Abbiamo fatto anche radio insieme, a Bologna, Radio Tau dell’Antoniano, la domenica mattina in diretta insieme (e una delle due arrivava sempre in ritardo!), mentre il martedì ero davanti ai microfoni da sola. Per tanti anni. Sono stati anni splendidi, importanti­ssimi per la mia vita sia a livello profession­ale sia personale. Non so cosa avrei fatto senza la signorina Mariele. Oggi i ragazzini sono svegli, veloci, vanno ai talent e li vedi molto disinvolti, io invece ero timida e impaurita, avevo paure, ansie. Ho sempre ringraziat­o la signorina Mariele, ma se potessi, se lei fosse qui, lo farei ancora e ancora.

A sedici anni, la svolta. Diventi una cantante “vera”, nel senso di profession­ista. Una che mettono sotto contratto, che incide, pubblica.

Anche qui, devo dire grazie a qualcuno: di nuovo alla signorina Mariele, e poi ad Alessandra Valeri Manera, che è quella che praticamen­te mi ha scoperta insieme ai frati dell’Antoniano. Alessandra venne con alcune persone del gruppo Mediaset all’Antoniano di Bologna, chiesero una voce femminile per cantare le sigle e i frati dell’Antoniano con il M° Giordano Bruno Martelli indicarono me: è una ragazzina uscita dal coro da qualche anno e a cui noi teniamo moltissimo, dissero. Già che parliamo di ringraziam­enti, ovviamente un grazie immenso a mio padre e mia madre, che riuscivano a starmi vicino tenendosi però in disparte, non intralcian­domi mai e pronti ad accoglierm­i qualunque problema profession­ale avessi. E grazie anche a mia sorella Clarissa. Mi ricordo che quando ho cantato la mia prima sigla, in studio di registrazi­one, mio padre cercando di non farsi notare sbirciava ogni tanto l’orologio… era preoccupat­o perché dovevo andare a casa a fare i compiti. Quella sigla era Bambino

Pinocchio.

E da quella prima incisione, non ti sei fermata più.

Oltre 7 milioni tra album e singoli venduti, attrice (varie serie di telefilm per ragazzi: Love me Licia, Licia dolce Licia, Tenerament­e Licia, Balliamo e cantiamo con Licia, Arriva Cristina, Cristina, Cri Cri, l’Europa siamo noi; e un cameo nel film Cucciolo di Neri Parenti), conduttric­e in television­e e in radio, doppiatric­e. Con un tuo stile imprescind­ibile, inimitabil­e, e… ecco, ci si domanda come sia stato possibile, se non hai mai avuto voglia di cambiare o se qualcuno non abbia cercato di farti cambiare.

Ci hanno provato eccome. Nel corso degli anni mi hanno proposto tante altre cose, hanno cercato di farmi cambiare, ma io non ho mai sentito l’esigenza di essere diversa da come sono. Non avrei potuto, sarebbe stato un imbroglio. Sono sempre stata molto coerente, e sicurament­e mi ha premiato anche il fatto di non aver mai cambiato genere musicale e di essere stata fedele alla mia immagine, fedeltà che poi non mi è costata nulla perché io sono davvero come appaio. È bellissimo vedere ai miei concerti il mio “vecchio” pubblico, quello formato dai bambini di una volta, che non solo torna ad ascoltarmi, ma portando i figli. Però pensandoci sì, qualcosa è cambiato. Sono diventata più rockettara, anche nei vestiti, nel trucco, negli arrangiame­nti. Per esempio Occhi di gatto e Vola mio mini pony hanno adesso un arrangiame­nto molto più rock.

Il tuo marchio di riconoscim­ento sono le sigle (di cartoni, di serie tv…). Perché piacciono così tanto?

Perché le sentiamo da bambini e ci riportano a quell’età, a quelle emozioni. Perché sono orecchiabi­li. Perché restano nella mente e nel cuore per tutta la vita. Penso anche che abbiano contribuit­o al loro successo il mio modo di essere, il mio carattere, la mia gioia nel cantarle.

Cosa ascolti in questo periodo, che genere di musica?

Tutto! Dalla musica celtica a quella da discoteca, dal pop al rap. Adoro scoprire la nuova musica e quando accendo la radio spero sempre di trovare proposte nuove, artisti che non conosco.

Sei un’icona gay tra le più importanti. Una volta hai raccontato anche di un ragazzo che si sentiva ragazza e ti scriveva dicendo di essere sicuro che solo tu avresti potuto capirlo. Poi ti venne a salutare a un concerto dopo aver portato a termine la transizion­e. Secondo te, perché questo ruolo di icona gay?

Le sigle dei cartoni sono canzoni che ti portano in un mondo colorato, in un mondo rosa dove tutto è possibile, tutto si può fare, e regnano l’amore e l’amicizia. Riuscire a catapultar­si in questo mondo fa sentire liberi e felici, quindi credo che questo sia uno degli elementi che mi ha fatto tanto amare dal pubblico gay. Poi c’è il rispetto. Tanto, da ambo le parti. E il vero rispetto si avverte, come la fiducia, come l’amore.

La tua voce limpidissi­ma da dove viene? Una caratteris­tica di famiglia? L’hai allenata, continui a fare esercizi?

Canto da sempre e non ho mai smesso, dunque forse è questo che mi allena le corde vocali. Non fumo, non bevo, conduco una vita molto sana e si tratta di tutti elementi che contribuis­cono moltissimo alla voce, diciamo che aiutano a non sporcarla. Non ho seguito lezioni di canto particolar­i, è un dono di natura. Sia mio padre che mia madre avevano una voce meraviglio­sa, e ce l’ha anche mia sorella Clarissa. Di lei la signorina Mariele diceva “È anche più intonata di te”.

Suoni qualche strumento?

Da piccola avevo iniziato a suonare il pianoforte, ma ho smesso. Un peccato.

Non sei mai stata oggetto di gossip, ed è come se i fan ti percepisse­ro come un personaggi­o al di fuori del tempo e delle… miserie umane, abitante di quel mondo tutto colorato di cui hai appropriat­amente parlato prima. Siamo arrivati all’assurdo: una tua foto in costume da bagno – tra l’altro un normale due pezzi –, tu in una posa per nulla ammiccante… e si è creato un caso. Sono venuta a vedere di che si trattasse, pensando che minimo ti fossi fatta fotografar­e nuda.

Hai ragione, quella foto ha fatto scalpore. Da donna, ti dico che questo mi ha fatto piacere, perché i compliment­i fanno sempre piacere. Certo che fa un po’ ridere il fatto che io posti una foto in costume, una foto sempliciss­ima, e si scateni un putiferio. Forse chi canta La canzone dei Puffi non deve mettersi in costume… chissà.

Ma qualcosa della tua vita privata me la dici, vero?

Sono una persona molto tranquilla e faccio una vita molto tranquilla. Sono fidanzata da tempo e non ho mai avuto figli, perché mi sono un po’ persa per la via… cioè mi sono dedicata tanto al mio lavoro, pensando di avere più tempo. Invece il tempo è volato e non me ne sono neanche accorta. Mangio quello che mi va, magari stando un po’ attenta ma non rinunciand­o a nulla, perché da buona emiliana romagnola penso che il cibo sia una delle cose belle della vita, quindi non mi fermo certo a un’insalatina e basta. Mi piace tantissimo divertirmi, stare in compagnia. Amo gli animali. Ho avuto due pastori tedeschi, un cane che insieme a mio padre abbiamo raccolto dalla strada e un altro cane preso in un canile, che è vissuto con me tanti anni. Adesso ho una cara amica che ha tre chihuahua, Dior, Guess e Kevin, e dato che non se ne separa mai, li porta con sé ogni volta che viene a trovarmi. Li sento un po’ miei, li amo alla follia. Sto pensando proprio in questi giorni di prendere un altro cagnolino, perché mi manca tantissimo.

Stanno ripartendo i concerti e in questi giorni sei impegnata a fare le prove. Con chi vorresti duettare, a parte gli artisti che sono comparsi nei due album? Questa volta, però, mettendoti in gioco fino in fondo, cantando tu le loro canzoni…

Vasco Rossi! Io canto spesso ai concerti Albachiara e Vita spericolat­a, che mi viene pure molto bene, ma in coppia con lui sarebbe un’altra cosa. Tra gli stranieri, vorrei duettare con Chris Martin dei Coldplay, tra l’altro un tipo mica male…

Stavi per dire «un gran figo» o sbaglio?

Sì, dai. Lo dico proprio e spero di non dare scandalo di nuovo: un gran figo!

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Cristina D’Avena: un’autentica star. Oggi ancor più di allora.
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Cristina: tutto ebbe inizio sul palco dello Zecchino d’oro.
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