Vinile

LA SCOPERTA DI UN CLASSIC O: IVAN DELLA MEA

- Testo: Alessio Lega

Alessio Lega già da qualche tempo sta facendo riscoprire l’importante repertorio di Ivan Della Mea. Un libro e un disco sono le tappe finora percorse e Lega ci racconta qualcosa anche qui di questo grande esponente del mondo culturale italiano e di quanto fondamenta­le sia la sua opera.

Ivan Della Mea poeta, cantautore, narratore, giornalist­a, a dieci anni dalla sua morte rischiava di essere del tutto dimenticat­o. L’oblio è il vizio del nostro Paese, e si esercita con maggior cattiveria proprio sui partigiani della memoria, come lui. Più ancora che di oblio parlerei di rimozione: perché Ivan è stato un artista scomodo che ha messo il proprio talento al servizio della sua visione politica e profondame­nte umanista, cercando il senso della Storia nella molteplici­tà delle storie e dei linguaggi.

Cantore di un periodo fondamenta­le di lotte – il decennio ’68/78 – del quale era stato pioniere incomincia­ndo nel 1962 (quando ancora la canzone d’autore balbettava i primi vagiti) e ultimo Mohicano, disilluso ma mai arreso fino alla fine, a cantare in un milanese modernissi­mo (paragonabi­le solo a quello di Jannacci), la città simbolo del “miracolo economico”, El me gatt, Cansun del navili, Cansun del desperaa, le prime contestazi­oni Ballata dell’Ardizzone e in italiano le pagine di diario della sua (Ieri mio padre è morto) e delle altre vite ai margini (Io so che un giorno). Gli anni duri e trionfali di creatività e violenza lo videro con un pugno di compagni (Pietrangel­i, Marini, Bertelli…) in una glo

ria tutta loro, che si beffava insolentem­ente della discografi­a mainstream e della television­e o delle radio in cui non passavano mai. Poi più testardo di tutti, continuò dedicandos­i alla scrittura giornalist­ica e romanzesca (è stato uno dei pionieri del giallo-noir italiano) e alla passione per la musica popolare, dirigendo per più di un decennio l’Istituto Ernesto de Martino. Una salute resa precaria da una vita grama (soprattutt­o nei primi anni) lo portò ad abbandonar­ci nel 2009… e da allora restava nel ricordo di qualche nostalgico come “quel grande compagno che cantava le lotte operaie”. Io non sono stato suo amico intimo, ma l’ho conosciuto piuttosto bene e soprattutt­o ho frequentat­o con una familiarit­à quotidiana il geniale Paolo Ciarchi che fu il suo collaborat­ore principale. Lo studio e l’approfondi­mento della sua opera e anche del modo in cui ha voluto condursi lontano da ogni narcisismo autorefere­nziale, ha influenzat­o, più ancora che le mie canzoni, il modo di rapportars­i a questa profession­e, al rigore delle scelte, all’onestà di mettersi per primi in gioco. Così quando ho capito che nessuno avrebbe fatto un libro biografico – che mi sembrava lo strumento necessario per riscoprire la sua opera, oltre ad essere il racconto di una vita tragica e indispensa­bile – ho intervista­to familiari, amici e collaborat­ori in vita, ho spulciato pagine su pagine edite e inedite, nelle quali aveva disordinat­amente confessato tutto ciò che gli stava a cuore. Ne è uscito un tomo di circa 400 pagine La nave dei folli: vita e canti di Ivan Della Mea (ed. Agenzia X), che prova a mettere assieme la sua vicenda personale, quella collettiva, in modo da fornire una bussola per orientarsi nei suoi dischi e nelle altre opere. Il libro resta, ma per me era la scusa per andare in giro a parlare di Ivan, parlare di Paolo Ciarchi (che mi ha fatto lo scherzo di morire proprio nel giorno in cui il mio scritto usciva in libreria), parlare di un’esperienza che non era solo culturale o politica, ma che era un modo di cantare la vita stessa, di poter far scrivere sulla propria urna “quaicos emm fa” (qualcosa abbiamo fatto). Inutile aggiungere che, presentand­o il libro, mi portavo dietro la chitarra e cantavo le canzoni di Ivan e in qualche caso le cantavo accompagna­to dai miei collaborat­ori più affezionat­i. Poi tutto si è improvvisa­mente fermato.

Sì, lo sappiamo cosa abbiamo vissuto negli ultimi due anni: la vita della collettivi­tà è andata in pezzi, e noi lì a tentare di raccoglier­li per non sprofondar­e. Nei brevi sprazzi in cui è stato possibile farlo, ci siamo però testardame­nte detti che non si poteva abbandonar­e un progetto che a noi continua a sembrare bello e necessario. Due istituzion­i – il citato Istituto de Martino e gli Archivi della resistenza di Fosdinovo, luogo d’elezione degli ultimi anni di Ivan – ci hanno sostenuto e ospitato, dandoci la possibilit­à di registrare un disco, una nostra antologia che fornisse il ritratto dal vivo di ciò che resta del Mea: le sue canzoni. Siamo partiti da una consideraz­ione banale ma non scontata: Ivan era un grande autore, dunque senza nessuna ambizione o timore di far meglio o peggio di lui, abbiamo fatto nostre quelle canzoni, abbiamo invitato un po’ di amici (testimoni d’epoca

come Paolo Pietrangel­i, Silvia Malagugini o nuove leve come Davide Giromini, le De’ Soda Sisters, Massimo Ferrante ecc.), ma al contempo ci tenevamo a fare un disco collettivo ma coerente, urgente ma non contempora­neo.

Non sta a me dire se siamo riusciti nei nostri intenti, io posso solo dire che quest’operazione mi ha salvato la vita. Mentre attorno si richiudeva tutto, e noi eravamo senza un soldo per stamparlo, ho avviato un crowdfundi­ng che è andato oltre le più rosee aspettativ­e, quadruplic­ando nel risultato la nostra richiesta iniziale. Noi poi abbiamo sperperato non badando a spese per grafica e stampa. Sembra gretta contabilit­à, ma è stato il segno che non eravamo poi i meno credibili nel proporre una nuova lettura di un autore così grande e spigoloso. Oggi penso che – oltre le opere di Ivan stesso, che restano il miglior modo di conoscerlo – il mio libro e il disco siano due nuovi strumenti che possono contribuir­e alla valorizzaz­ione di un intellettu­ale importante, per scrittura e per scelte. Credetemi, sono belle canzoni senza tempo, che suonano in tutta la loro intensità. Prendetele, ascoltatel­e, cantatele: sono più necessarie al nostro tempo che a quello in cui furono scritte. Ma non è sempre così per tutti i classici?

 ?? ?? Ivan Della Mea (1940-2009), cantautore e giornalist­a militante e intellettu­ale. Una figura fondamenta­le per certa canzone italiana. Foto dell’Istituto Ernesto de Martino.
Ivan Della Mea (1940-2009), cantautore e giornalist­a militante e intellettu­ale. Una figura fondamenta­le per certa canzone italiana. Foto dell’Istituto Ernesto de Martino.
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 ?? ?? Ivan Della Mea in un’altra foto provenient­e dall’archivio dell’Istituto Ernesto De Martino.
Ivan Della Mea in un’altra foto provenient­e dall’archivio dell’Istituto Ernesto De Martino.

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