MICHELE GAZICH ARGON
Vediamo quanti si stupiranno di una recensione di un disco di un’intensità straordinaria come questo che inizia così: per la prima volta in un disco di Michele Gazich compare una fisarmonica come strumento protagonista, presente in tutti i brani. Volendo si può continuare sullo stesso tenore: per la prima volta lo straordinario compositore bresciano incide una cover, si tratta di Ulisse coperto di sale scritta da Lucio Dalla con Roberto Roversi.
In realtà sto prendendo la rincorsa e anche fiato perché parlare di questo disco prevede un’apnea, un’immersione totale. Prevede in teoria un lungo studio delle tante fonti, citazioni e rimandi che Michele fa in ogni sua composizione. Questo è un disco “alto” che nasce per emozionare, per sbattere al muro e per attrarre. Per una volta mi autocito – non senza un po’ di imbarazzo – perché questo disco l’ho ascoltato in varie fasi di realizzazione, ma l’intensità è sempre stata questa: un raggio di sole che squarcia le nuvole, un tuono improvviso, un profumo stordente, un brivido. E quanti complici sono correi con Michele di questo accerchiamento al nostro cuore, le voci femminili ad esempio: quella di Rita Tekeyan, cantante di origini armene con una spiccata propensione per la canzone politica, nel senso più alto del termine, e dotata di una voce angelica ma mai docile, quella di Giovanna Famulari, violoncellista desiderata dagli artisti più importanti d’Italia e sempre più interprete raffinata che qui, sapientemente guidata da Gazich, offre una prova veramente di classe in La maga e lo straniero. Poi c’è Lara Molino, già autrice di un bellissimo album cantato in abruzzese, che nella lunga suite Il Vittoriale brucia, affronta proprio un lungo segmento nel suo dialetto. Tra i musicisti, oltre ai soliti
Paolo Costola e Alberto Pavesi (la sezione ritmica) e soprattutto al chitarrista Marco Lamberti, ormai braccio destro fisso di Gazich, c’è Titti Castrini con la sua fisarmonica. Nella canzone che dà il titolo al progetto c’è anche Giorgio Cordini con il suo bouzouki. Però i veri protagonisti di questo disco sono principalmente due: Michele Gazich e la sua anima perennemente in viaggio. È dal loro dialogo continuo, dal loro confronto che canzoni come Argon o Il fuoco freddo della luna, trovano la via per rendersi mortali e giungere a noi, dal loro scontro nasce la versione urlata e disperata di Ulisse coperto di sale, dalla loro voglia di ricordare e condividere sgorgano gli oltre sette minuti de Il Vittoriale brucia e la profondità de Il fiume circolare, dalle loro più intime emozioni prende vita Lettera a Claudio, sentito omaggio a Claudio Lolli, dalla loro comunanza politica viene ispirata la copertina con i colori dell’anarchia, ricordo sentito dell’anarchico Paolo Finzi. Ma le citazioni? Le fonti? L’analisi dettagliata dei testi e delle canzoni? Ci sono dischi che si possono ascoltare in tanti modi, sono i grandi dischi, quelli che puoi studiare e di cui puoi godere, che puoi degustare o di cui puoi fare abbuffata, che possono sussurrarti e possono urlarti, carezzarti e farti a pezzi. Michele Gazich ha messo tutto questo dentro queste otto canzoni e ci ha messo dotte e dettagliate note più belle e utili di quelle che avrei potuto aggiungere io qui, e per questo oggi ho ascoltato col cuore e gli occhi chiusi. E le chiamiamo canzoni queste, senza pensare che sono in realtà molto di più. Sapete perché? Perché funzionano benissimo anche come semplici canzoni e – eccola una citazione alla fine, estranea però al disco – ascoltarle “è un privilegio raro”.