PROTEGGERE LE COSE BELLE
Registrato tra giugno 2020 e giugno 2021 tra Italia, Svizzera, Germania e Francia, CANZONI SEGRETE è il nuovo album di Pippo Pollina. La sua è una carriera ormai quarantennale, costellata di riconoscimenti europei, soprattutto nei Paesi di lingua tedesca. Pollina è uno dei cantautori più originali della nostra scena musicale, talento brillante e pura coerenza artistica, e questo disco lo conferma ancora una volta. Perché definisci “segrete” le canzoni di questo tuo nuovo album?
Quando si ha vent’anni, il desiderio più grande che si ha quando si scopre qualcosa di nuovo è quello di coinvolgere gli amici, quanti più possibile. Invece alla nostra età tendiamo a proteggere le cose belle che abbiamo scoperto dalla banalità della massa. Le porgiamo alle persone più care, che sono poche, due o tre, accudendole. E allora si va a un concerto in due o in tre persone al massimo, non più in venti o in trenta. Si cerca così di preservare la bellezza di ciò che si è scoperto attraverso un atteggiamento di prudenza e di protezione. E dunque la segretezza è qualcosa che aiuta a mantenere viva la bellezza. Alle porte di Palermo c’è un parco che si chiama “La Favorita”: all’interno di questo bellissimo parco seicentesco c’è un ulivo di mille anni. È ancora lì perché nessuno sa dov’è. La sua posizione è conosciuta solo da pochi botanici, che conservano questo segreto, e grazie a questo uno degli ulivi più antichi del Mediterraneo è ancora lì e nessuno è andato a incidere il proprio nome sulla corteccia millenaria. Questo disco mi piacerebbe riuscisse ad esprimersi in modo “intimo”, facendo in modo che chi viene in contatto con esso si ponga in modo soggettivo ed individuale con le canzoni. Nonostante la molteplicità di ascolti magari anche di tanta gente, speriamo quanta più gente possibile, allo stesso tempo io cerco di esercitare un rapporto individuale con ognuno.
Questa modalità “confidenziale” si nota anche dal fatto che tu tendi a preservare il tuo gruppo di lavoro: anche con i tuoi collaboratori esiste un dialogo privilegiato?
Soprattutto con Martin Kälberer, il mio produttore artistico, con cui ho arrangiato gli ultimi sei o sette album, un polistrumentista che è cresciuto insieme a me e con cui esiste un dialogo costante, che sono contento di essere riuscito a replicare anche in questo disco. All’inizio non era per nulla scontato che potessimo collaborare a questa produzione, a causa della pandemia, ma per fortuna poi le cose si sono messe in modo tale che siamo riusciti a farlo.
A proposito della pandemia, tutte le canzoni di questo album sono state scritte durante il lockdown: che spinta creativa ti ha dato l’isolamento? C’è stato qualcosa che ti ha permesso di entrare di più in te stesso e trovare delle tematiche o svilupparle diversamente?
Indubbiamente questa è un’esperienza che ha colpito ognuno di noi perché nessuno, a memoria, ha vissuto prima una situazione del genere. Perciò è inevitabile che questa esperienza incida sulla nostra vita e sui nostri pensieri, e che abbia finito per cambiare qualcosa. Chi come me era abituato a girare continuamente facendo concerti in dieci, quindici Paesi europei, ha dovuto fare i conti con il fatto di doversene giocoforza stare a casa. Io ho cercato di mettere per quanto possibile le cose in positivo: non c’è male, per quanto grande che sia, da cui non venga anche un po’ di bene. Ho cercato di convertire questa energia negativa in qualcosa che potesse essere produttivo. Quindi scrivere un disco, scrivere un romanzo, mettere in piedi uno studio di registrazione a casa mia, è stata una naturale conseguenza. Volevo anche imparare l’arabo, ma non ce l’ho fatta!…
…Con un pensiero a uno dei tuoi “Maestri” privilegiati…
Franco! [Battiato, ndr]
È stato davvero una figura importante per la tua vita, e per la tua carriera.
È stata soprattutto una bella amicizia. È stato bello aver conosciuto una persona altruista, una persona buona che aiutava gli amici… Ci frequentavamo appena era possibile. In realtà Franco era andato via già prima, come sappiamo, ed è venuto a mancare solo fisicamente, col suo respiro.
Nonostante tu viva a Zurigo, resti molto legato alla tua terra d’origine, la Sicilia. Nell’album c’è un brano dedicato alla strage di Pizzolungo. Come le vivi, da lontano, le tematiche legate alla lotta alla mafia?
Le vivo come le vivete voi: con una certa preoccupazione. Diventa sempre più un patrimonio di pochi quel desiderio di opporsi e di combattere le mafie. Sembra che sia ormai una questione quasi privata tra qualche giornalista, qualche magistrato, qualche procura, qualche inquirente, qualche funzionario di polizia, e alcuni gruppi di persone sensibili a questa problematica, che si spendono sul territorio. E invece è una questione che riguarda tutti. Quando la finiremo di
pensare che le nostre quotidiane vite individuali non siano legate a quello che succede nel mondo sarà sempre troppo tardi. Così come accade per il clima: se non cambiamo posizione, se non cambiamo in fretta modo di pensare e di agire fra quarant’anni non ci sarà più questo pianeta… Stesso discorso vale per Cosa Nostra e per tutte le mafie. A questo proposito, la mia tournée italiana sarà legata ai trent’anni dalle stragi di mafia e avrà questo leit-motiv: le verità svelate e quelle nascoste. Nei pomeriggi delle date dei miei concerti italiani terremo dei convegni ove inviterò a parlare interpreti importanti delle stagioni della lotta alla mafia, sia “storici” che contemporanei, come ad esempio il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
E in effetti, una delle cose che più ti distingue è una costante compresenza tra parola artistica e impegno civile. Questa tua caratteristica viene assolutamente confermata in CANZONI SEGRETE, che a mio avviso è uno dei tuoi album più “italiani”, in cui fai molto meno uso del plurilinguismo che è sempre stato presente in altri tuoi lavori. Fa eccezione solamente il brano Leo, dedicato a Leo Ferré…
È un brano che mi accompagna da tanto tempo e che è stato già pubblicato in molte versioni: dal vivo, con orchestra… Nonostante questo, non era mai stato cantato in duetto. In questo album lo canto insieme ad una grandissima artista: Celia Reggiani. Questa collaborazione chiude un cerchio: il pezzo è dedicato a Leo Ferré, scritto assieme a Georges Moustaki, negli anni 90, interpretato finalmente in due lingue insieme a una cantautrice francese, figlia del grande Serge Reggiani, indimenticato cantautore e attore. Ricordo quando Reggiani recitò nel film Il giorno della civetta, tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia. Insomma, c’è un pezzo di storia della canzone francese, lì dentro, tra Ferré, Reggiani e Moustaki.
Un’ultima domanda riguarda le tue origini musicali, gli Agricantus. Sei ancora in contatto con qualcuno di loro? Certamente! Anzi, posso darti la notizia che Mario Rivera sarà in tournée con me! Per un anno e mezzo, sarà il bassista del mio gruppo. Con Mario ci siamo conosciuti a quattordici anni perché eravamo compagni di banco al liceo, e a sedici anni abbiamo fondato gli Agricantus insieme ad altri tre componenti. Mario fa parte delle anomalie italiane, perché dovrebbe girare tutte le Università d’Italia a tenere seminari sull’etnomusicologia. È un grande studioso, oltre ad essere un grande musicista.