C’ERA UNA VOLTA
Cera una volta un cantautore famoso, uno di quelli da decine di milioni di dischi venduti e stadi sempre pieni. Fu uno dei più accaniti sostenitori nella lotta alla proliferazione dei negozi che noleggiavano Cd. Ricordate? Per un breve periodo aprirono in molte città italiane, piccoli negozi in cui si potevano affittare dischi. Si cercò in ogni modo di proporre una normativa che rendesse questa attività legale e fare in modo che non danneggiasse gli artisti, le loro opere e la discografia in generale. Non ci fu verso, cominciarono i sequestri e le ordinanze di chiusura, diversi artisti si schierarono apertamente contro questa forma di diffusione musicale, compreso il big di cui parlavo poche righe sopra, desideroso più di altri di tutelare, giustamente, la propria musica.
Già, tutelare la propria musica. Oggi tutti i dischi del famoso artista, ma proprio tutti, sono comunemente reperibili sul maggiore portale di streaming musicale. Portale dove di tutela proprio non possiamo parlare. Ma è molto più difficile imporsi, reagire, denunciare.
C’era una volta una discografia sana e c’erano discografici illuminati e visionari. Mi trovai, più o meno nello stesso periodo della proliferazione dei noleggi di Cd o poco dopo, a una cena che seguiva una tavola rotonda in cui ero intervenuto come relatore. A fianco a me c’era Ennio Melis e di fronte avevo Vincenzo Micocci. Sì, mi sono anche capitate queste immense fortune nella vita. Ascoltai con stupore, meraviglia ed emozione, i ricordi che i due giganti della nostra discografia si scambiavano, abbozzando ogni tanto qualche timida domanda. A un certo punto Melis disse a Micocci qualcosa tipo “Sai Micocci, ieri mi è arrivata la prima canzone via mail… è cominciata una nuova era”. Io avevo già sentito parlare di digitalizzazione e formati di compressione, era una conseguenza inevitabile sin dalla nascita del Cd, ma non avevo bene chiaro in mente la portata della cosa. Loro due sì.
Quindi il desiderio di tutelare la propria musica, accanendosi sul noleggio di un supporto nato vecchio (ma non lo sapevamo davvero), doveva far già sorridere o meglio mettere in guardia per l’imminente futuro. Si svuotava il mare col secchiello mentre all’orizzonte c’era un gigantesco tsunami in arrivo.
C’era una volta la curiosità di scoprire nuove musiche e nuovi fermenti, di sfogliare le riviste per indagare e cercare ispirazione per nuovi ascolti. Oggi che queste possibilità sono moltiplicate per milioni di volte, paradossalmente si subisce sempre la stessa musica imposta dai media. La discografia non esiste quasi più e le piccole etichette faticano sempre più a proporre i loro artisti, le riviste invece ci provano sempre con caparbietà a segnalare musiche lontane dai canali tradizionali di diffusione. «Vinile» è, assieme ad altre realtà, in prima linea ed è anche in base a queste considerazioni che in questo numero, accanto ad articoli su Bob Dylan e Alice, Rolling Stones e Ivan Graziani, trovate una quarantina di recensioni tutte di artisti italiani per una volta, alcuni famosissimi e altri completamente esordienti. Questo è il nostro passaparola del nuovo millennio, ci teniamo davvero molto. Perché incuriosire e incuriosirsi è l’unico antidoto a un appiattimento culturale eterodiretto, nella musica ma non solo, che rischia di diventare letale per l’esistenza stessa della musica pop. Quindi sfogliate queste pagine con avidità se volete, segnatevi il giorno esatto in cui Bob Dylan ha registrato la take definitiva di Blowin’ In The Wind, appassionatevi alle parole di Anna Graziani sul suo Ivan ma andatevi anche ad ascoltare i dischi di Francesco Forni e di Marlò o di chi saprà intercettare le vostre emozioni. Sarà il vostro contributo alla sopravvivenza della nostra musica.
C’era una volta la musica leggera…
No! Questo speriamo non lo debba mai scrivere nessuno.