IL BOOM DEL CANTAGIRO
60 anni fa, nel giugno del 1962, partiva la manifestazione più importante della storia della musica leggera
L’IDEA E LA REALIZZAZIONE DEL CANTAGIRO RAPPRESENTA OGGI L’ESSENZA DEL MIRACOLO ECONOMICO E CULTURALE DELL’ITALIA DEGLI ANNI 60. UN’IDEA GENIALE, CREATIVA E INNOVATIVA, DI EZIO RADAELLI, CHE COINVOLSE DECINE DI MILIONI DI ITALIANI E CHE TENNE APPESA LA STAMPA E LA TELEVISIONE PER OLTRE DIECI ANNI.
La storia del miracolo italiano, ovvero la cultura, l’identità e le trasformazioni fra gli anni Cinquanta e Sessanta, parte anche dal Cantagiro. Proprio così. Siamo nel 1962 e l’organizzatore Ezio Radaelli, già alla guida del Festival di Sanremo, mette in piedi una gara (oggi si direbbe un format) di notevole originalità. Formula mutuata dagli elementi del Rally del Cinema (altra creatura di Radaelli), del Giro d’Italia, dal Campionato di Calcio e del Festival di Sanremo. Una lunga carovana che parte da Roma e che dopo aver attraversato 10 regioni e 18-22 tappe, si chiude a Fiuggi, in piena Ciociaria. La prima edizione parte con uno starter d’eccezione, Liz Taylor, ovvero l’anello di congiunzione fra i Cinquanta e i Sessanta. Curiosamente, proprio la settimana di giugno del 1962, quando prese il via la gara, la Rai mise in onda il programma-inchiesta Noi e l’automobile. Il boom del Cantagiro, fin dalla prima edizione, ebbe come volano la motorizzazione degli italiani, le vacanze di massa e un buon umore massificato, come se l’Italia si trasformasse sotto un impulso
«La FIAT individuò nell’idea di Radaelli l’alto potenziale per lo sviluppo della motorizzazione degli italiani»
In fondo, il cosiddetto miracolo economico si basava proprio su queste tematiche. Uno dei tratti di questa “modernità” esaltava certi miti nascenti che poi si sarebbero rivelati più duraturi del previsto: l’estate, le canzoni dell’estate, i balli, i flirt stagionali, tutto ciò che aveva a che fare con un che di bulimico. Il successo del Cantagiro aguzzò la vista alla Rai, che l’anno dopo varò Un disco per l’estate, ovvero una lunga gara fra canzoni a tema balneare, con una massiva programmazione radiofonica che partendo da marzo si concludeva a giugno con la finale a S. Vincent. Nel 1964 arrivò il Festivalbar, creatura di Vittorio Salvetti, che sfruttava l’intatta popolarità del jukebox, laddove un totalizzatore assemblava e conteggiava le scelte degli appassionati. È lì che nacque nell’uso comune il termine “gettonare” per definire il consenso. L’acume di Ezio Radaelli si rivelò fondamentale. I cantanti dovevano arrivare in macchina fino alla destinazione del luogo dove si sarebbe svolto il concerto, ma lo dovevano fare in auto decappottabili, per essere riconosciuti e dunque mettersi a disposizione del pubblico. Tutto questo ben riportato dal contratto. A ben guardare il cast della prima edizione, soprattutto il girone A, quello dei big, si può notare la differenza tra artisti declinanti (Luciano Tajoli, Claudio Villa, Teddy Reno, Miranda Martino, Nilla Pizzi, Nunzio Gallo, Tonina Torrielli) e il “nuovo che avanza” (Adriano Celentano, Little Tony, Milva, Jenny Luna). Addirittura emerge un gesto di consegna stilistico-epocale. Soltanto l’anno prima, il 1961, il Festival di Sanremo aveva visto la vittoria di Luciano Tajoli con Al di là e il secondo posto di Adriano Celentano con 24.000 baci. Al primo Cantagiro si rovescia tutto, tanto per dimostrare che le gerarchie sono cambiate: vince Celentano con Stai lontana da me, piazza d’onore a Tajoli con Ad un palmo dal cielo, canzone non proprio memorabile. Non solo.
Con la sua canzone vincitrice, Celentano inaugura il suo Clan e questa canzone ne diventa la prima pubblicazione. Nel girone B vince Donatella Moretti con L’abbraccio, al secondo posto Don Backy, luogotenente di Adriano, con La storia di Frankie Balan. Nelle retrovie Roby Castiglione (I nuovi angeli), che dopo qualche anno si imporrà, con il nome Roby Crispiano, come uno dei più sensibili cantanti del genere beat protestatario. Fin dalle prime tappe si capisce che il trionfatore a braccia alzate sarà Celentano, il quale propone una cover di Burt Bacharach eseguita da Gene McDaniels, Tower of strenght, buon successo in America. Stai lontana da me tenne a battesimo la casa discografica di Celentano, denominata semplicemente Clan. A Mogol si chiese di scrivere un testo con parole lontane da quelle dell’originale. Ma nelle riunioni del Clan, non proprio “democratiche”, Adriano toccò una questione sintattico-filologica: “Si dice ‘sta’ o ‘stai’?”. I componenti del Clan rimasero basiti, impreparati ad una querelle di questo tipo, degna dell’Accademia della Crusca. Chi si pro
«I cantanti dovevano viaggiare per contratto su automobili decappottabili fornite dall’organizzazione»
nunciò a favore di ‘stai’, chi di ‘sta’. La questione andò avanti tutta la mattina. Il capo rilanciava in continuazione: “No, perché ‘sta’ è femminile e dunque non possiamo fare i pirla”. A questo nuovo dubbio il Clan al completo, indeciso e devastato, si rimise nella mani del capo e ‘Stai’ vinse. Alla tappa di Siena Celentano venne talmente assalito che alla fine si slogò il ginocchio. Interpretare quella canzone senza la sua coreografia nemmeno se ne parlava. Alla tappa successiva, Perugia, ad interpretarla fu il diciottenne Ricky Gianco, suo braccio destro. Ma forse esisteva qualche verità apocrifa. L’edizione del 1963 presenta ancora un mix di novità e alcune vecchie glorie, anche se hanno quarant’anni o poco più, per esempio Luciano Tajoli, Giacomo Rondinella, Nunzio Gallo, principalmente perché sono artisti cari ad Ezio Radaelli legati a storiche edizioni del Festival di Sanremo. A vincere è Peppino di Capri con Non ti credo, un brano non certo fra i suoi più memorabili. Stesso discorso per Little Tony con Se insieme ad un altro ti vedrò, ma per il cantante romano i “million sellers” stanno per arrivare. La canzone e il caso dell’anno riguarda Gino Paoli, terzo classificato con Sapore di sale, brano destinato a sonorizzare più di un’estate, e migliaia di storie d’amore. Una canzone che da un lato tocca gli elementi connettivi dell’estate (sole, mare, sale) dall’altro entra nell’esistenziale, grazie allo struggente assolo di sax tenore di Gato Barbieri e al monumentale (ma anche essenziale) arrangiamento di Ennio Morricone. Paoli centra l’estate, grazie ad una certa indolenza interpretativa e all’estrema cantabilità del brano. Il Cantagiro era partito il 22 giugno da Torino e la lunga carovana si chiuse come al solito a Fiuggi, il 5 luglio. Qualche giorno dopo, improvvisamente, Paoli si spara al cuore con la sua Derringer. La pallottola si ferma nella regione parafernale destra, a meno di un centimetro dal cuore. Viene trasportato a Genova in coma. I medici non possono estrarla, troppo rischioso. Mentre «l’Unità» pubblica la notizia del decesso del cantante prima ancora di accertarsi della eventuale morte. Molte le congetture. La prima riguarda una presunta lite con sua moglie Anna Maria Fabbri, allontanata nella villa in cui vivevano poco prima degli spari. L’altra, quella di alcuni amici storici, ovvero che si trattasse di un gesto “maudit”. Uscito dal coma, Paoli provò a sdrammatizzare: “Ero l’uomo del momento, avevo la mia canzone al n. 1 in Hit Parade, avevo macchine bellissime, un flusso di denaro inarrestabile. Forse paura della noia e della ripetizione”.
Oltre a Sapore di sale, il Cantagiro sforna successi quali Se mi perderai (Nico Fidenco), I Watussi (Edoardo Vianello), Se mi vuoi lasciare (Michele).
L’estate del 1964 incorona il diciannovenne Gianni Morandi, alle prese con il suo primo brano da “adulto”, con un rilascio orchestrale “wall of sound”, a cui molti della sua casa discografica nemmeno credevano. Il brano in gara è In ginocchio da te, che inaugura la trilogia del “te”. Oltre un milione di copie per Morandi, che ad ottobre aveva già pronto Non son degno di te ma si deve aspettare, perché In ginocchio da te è ancora al n. 1 in Hit Parade. L’anno precedente il Cantagiro aveva raggiunto i sei milioni di spettatori, quest’anno, nelle sedici tappe dal 26
giugno al 1° luglio, si cerca di battere il record. Fra le canzoni che entrano in classifica: La tremarella (Edoardo Vianello), Non aspetto nessuno (Little Tony), Ti ringrazio perché (Michele), Eravamo amici (Dino), La voglia dell’estate (Paolo Mosca), Lei sta con te (Gino Paoli). Curiosità: come ogni anno il Cantagiro ha una sigla e stavolta tocca ad un debuttante, Loris Banana, che canta un brano dal titolo Bevo l’uovo fresco. Ma la Rai si oppone, visto che uno degli sponsor della manifestazione è “Uovo Italia”. Ma la canzone funziona – scritta peraltro da Vito Pallavicini e Gorni Kramer – e dunque la sigla viene sostituita e Banana da totale sconosciuto diventa “ospite d’onore”.
Il Cantagiro non è mai stata una manifestazione a base di inciuci e pastette. Non sarebbe stato possibile. Il clima era molto sereno, entusiasmo a mille, atmosfera festosa, scherzi terribili, goliardate a non finire. Per i cantanti contava il brio e l’allegria della carovana. Accettare il Cantagiro (per giunta a titolo gratuito) significava rinunciare a più di mezza estate, il periodo in cui si lavora di più e si vendono più dischi, ma quella manifestazione non aveva rivali nel mettere in orbita i cantanti. Quell’anno si verificò un mistero gaudioso a tutt’oggi ancora da decifrare. Vincendo quasi tutte le tappe, Morandi si apprestava a centrare il suo secondo Cantagiro consecutivo, grazie a Se non avessi più te (la chiusura della trilogia del “te”), scritta per lui da Migliacci-Bacalov-Zambrini. Ma accadde un fatto strano. Alla finale di Fiuggi sfreccia improvvisamente Rita Pavone, in gara con Lui e Morandi ci rimane male, soprattutto non capisce. Il brano della Pavone è opera dello stesso trio di autori. Non solo. I due cantanti appartengono alla medesima casa discografica, la potente RCA. Due cantanti adolescenti messi in orbita nell’autunno del 1962 nel programma televisivo Alta pressione. Più volte da me messi sotto interrogatorio non hanno aggiunto nulla, glissando allegramente. Lo stesso dicasi per i tre autori, la promoter Mimma Gaspari, lo stesso Ezio Radaelli. Molte le canzoni che avranno successo durante l’estate: Ogni mattina (Little Tony), La casa del sole (Marcellos Ferial), Il peperone (Edoardo Vianello), Dopo i giorni dell’amore (Michele). Fra le curiosità: Gino Paoli che canta una canzone non sua, scritta, lanciata ed eseguita da Gianni Sanjust, della durata di due minuti. Dino alle prese con “Il ballo della bussola”, che non si imporrà come ballo, bensì come spot pubblicitario. Nel girone B si impone Caterina Caselli, non si piazza bene ma la
scelta del brano la caratterizza: Sono qui con voi, ovvero Baby please don’t go, ascoltata nella versione dei Them di Van Morrison, ma si tratta di un vecchio blues del 1935 scritto e interpretato da Big Joe Williams.
Il Cantagiro 1966 rappresenta sicuramente un momento di svolta all’interno della musica leggera italiana. Lo si evince dalla Hit Parade, dai gusti del pubblico, dal sound che esce dalla radio e dai jukebox, meno dalla tv. Gianni Ravera ed Ezio Radaelli, i due organizzatori a volte rivali a volte soci, tengono le fila di un ambiente in trasformazione. Ravera, organizzatore del Festival di Sanremo, introduce massivamente i gruppi nell’edizione 1966: Surfs, New Christy
«Dal 1962 al 1970 il Cantagiro fu la manifestazione più importante della musica leggera italiana»
Minstrels, Chad & Jeremy, Equipe 84, Renegades, Yardbirds, Los Paraguayos, Ribelli. Soltanto questi ultimi entreranno in finale. Un tonfo? No. Il ghiaccio è rotto. Alla 5ª edizione del Cantagiro, Radaelli vara il girone C, riservato ai complessi, così venivano definiti i gruppi vocali e strumentali. Il cast è notevole. Intanto per l’aspra rivalità fra Equipe 84 e i Rokes, indubbiamente i due gruppi più popolari in Italia. I modenesi la spunteranno con Ho in mente te, versione italiana di You Were On My Mind di Barry McGuire, sugli inglesi alle prese con Che colpa abbiamo noi, cover di Cheryl’s Going Home del folk-singer di Baltimora Bob Lind.
Ma è tutto il cast del girone che ruba la scena agli altri due: Camaleonti, New Dada, Nomadi, Sorrows, Corvi, Kings. Gianni Morandi vince il suo secondo Cantagiro con Notte di Ferragosto, al secondo posto Little Tony con Riderà, sicuramente il brano più meritevole.
Nel 1967, in pieno boom discografico, Ezio Radaelli compie il suo primo passo falso: l’abolizione della classifica. Curiosamente sono i cantanti a protestare e non amare questa formula (che dopo molti anni dopo, compreso Sanremo, soddisferà tutti), stesso discorso per il pubblico, che si vede privato del tifo per il cantante preferito. Il cast è notevole: Adriano Celentano, Little Tony, Bobby Solo, Dino, Edoardo Vianello, Nicola di Bari, Patty Pravo, Rita Pavone e molti altri. Nel Girone B vince Massimo Ranieri con Pietà per chi ti ama, in rilievo le Pecore Nere con Ricordo un ragazzo (elegia dedicata a Luigi Tenco, morto soltanto pochi mesi prima), accenni di folk di Mauro Lusini (La mia chitarra), Roby Crispiano (A pie
di scalzi). Affollato il Girone C, con uno straripante Mal con Yeeaaah (il brano più venduto, che si avvale di un testo di Luigi Tenco), notevole affermazione dei Nomadi (Dio è morto), ennesima cover dei milanesi Dik Dik, ancora una volta tratta dal repertorio dei Mama’s & Papas (I Saw Her Again) che diventa (Il mondo è con noi, potendo contare di un artista d’eccezione in Lucio Battisti), Camaleonti (Non c’è niente di nuovo), i Ribelli (Pugni chiusi), Giganti (Io e il presidente, che avrebbe meritato di più) e la canzone vincitrice dei Motowns (Prendi la chitarra e vai). Alla 7ª edizione il Cantagiro, grazie anche alla formula senza classifica, riesce comunque a radunare molti big, da Antoine a Caterina Caselli, da Jimmy Fontana a Nicola di Bari. La Caselli, non più bionda, convince anche da sofisticata (Il volto della vita), stesso discorso per Gianni Morandi (Chimera), Shirley Bassey (Domani, domani). Fra i gruppi prevalgono i Dik Dik (Il vento), i Rokes (Lascia l’ultimo ballo per me), un po’ in ombra i Nomadi (In morte di S.F., poi rinominata Canzone per un amica, brano di Francesco Guccini). Nel Girone B non può passare inosservato Lucio Battisti (Balla Linda) ma nemmeno la voce e la chitarra di Ivan Graziani, leader dell’Anonima Sound (Parla tu), fortemente erotica la presenza dei Ricchi e Poveri con L’ultimo amore. La vera novità è il fidanzamento di Lucio Battisti, il quale affronta Gian Pieretti, allora fidanzato di Grazia Letizia Veronese, futura signora Battisti. “Tu non la devi vedere più – ringhia Battisti – perché me la sposo”. Andò proprio così, anche se il matrimonio arrivò solo nel 1976.
Il 1969 è l’anno in cui, organizzazione e cantanti, hanno voglia di chiudere con i pur dorati anni Sessanta. Non è un problema per Massimo Ranieri, che nell’anno del ritorno alla gara vince con Rose rosse, con i Camaleonti al secondo posto (Viso d’angelo) e al terzo il brano più venduto dell’anno (Acqua azzurra, acqua chiara) di Lucio Battisti e a seguire due brani di grande successo, l’Equipe 84 con Tutta mia la città e Pensiero d’amore di Mal. Non azzeccano la canzone giusta molti cantanti affermati, tra cui Jimmy Fontana, Iva Zanicchi, i Rokes. Nel Girone B si affermano i Pooh (Mary Ann), i Gens (In fondo al viale), Marcella (Il pagliaccio) e Paolo Mengoli (Perché l’hai fatto). Il Girone C è zeppo di artisti carichi di gloria che vogliono rimanere defilati (Giorgio Gaber, Gabriella Ferri, Bruno Lauzi, Pippo Franco, Matteo Salvatore, Lino Toffolo).
Nel 1970 sparisce di nuovo la classifica, dunque prende coraggio Adriano Celentano (Viola), Don Backy (Cronaca), Dik Dik (L’isola di Wight), Nino Ferrer (Io tu e il mare), Massimo Ranieri (Le braccia dell’amore), Ricchi e Poveri (In questa città). Spadroneggia Celentano con molti benefit a suo favo
re. Rissa con Nino Ferrer che se la prende proprio con lui, che chiede e ottiene di cantare sulla base quando tutti gli altri si devono accontentare dell’orchestra e di un’acustica orrenda. I due si affrontano, il giornalista Fabrizio Zampa prende le difese di Ferrer e Celentano gli mette le mani addosso di brutto. Negli altri due gironi, più di trenta interpreti, non si afferma nessuno. L’edizione n. 10 arriva in pieno cambiamento musicale. In Italia arrivano dozzine di gruppi rock, qualcuno destinato ad entrare nella storia, altri meno. Ezio Radaelli intuisce la trasformazione dei gusti ma non riesce a gestire la complessa macchina del Cantagiro. Ancora tre gironi, buono il cast (Gianni Morandi, Lucio Dalla, Ricchi e Poveri, Mia Martini, Pooh, Ron, New Trolls) ma rare le canzoni che si affermano. Ezio Radaelli inzeppa il Cantagiro 1971 di ospiti internazionali di notevolissimo prestigio: Aretha Franklin, Charles Aznavour, Nina Simone, King Curtis, Donovan, Sam & Dave. Il 5 luglio il Cantagiro arriva a Milano, al Vigorelli sono attesi i Led Zeppelin, il gruppo rock più popolare del momento. Si scatena una guerriglia mai vista ad un concerto rock: frangia politica, autoriduttori, Stampa Alternativa, Riprendiamoci la Musica. Mischiare rock e Cantagiro diventa un boomerang e da quella notte i concerti in Italia saranno off limits, almeno per le grandi star americane. Nel 1972 la creatura di Radaelli è ancora popolare, ma dopo gli incidenti dell’anno precedente non sarà più la stessa. Ancora cantanti noti, senza classifica, soltanto passerella, forse troppo random, da Morandi a Dalla, da Reitano al Rovescio della Medaglia e poi Marcel Aumont, Ombretta Colli, Mia Martini. Stesso discorso per il 1973, quando la manifestazione mischia arte, sport, premiazioni di tutti tipi, omaggi a chiunque: da Tony Santagata a Renato Zero, da Lola Falana a Tony Renis. Stesso discorso nel 1974. Dopo due anni di pausa si riparte nel 1977 ma la confusione continua, da Adriano Pappalardo a Ezio Greggio, Homo Sapiens e Franco Simone. Senza classifica. Nel 1978 le redini passano a Vittorio Salvetti e poteva starci anche il rilancio, vista la partecipazione di Rino Gaetano e Enrico Ruggeri ma la classifica premia i Limousine con Camminerò solo. Pausa nel 1979, ripresa nel 1980 con finale a S. Siro. Non si capisce bene chi è in gara e chi no. Vince Alex Damiani con Cambierò, cambierai. Gli anni Ottanta dimenticano il Cantagiro. I Novanta producono comunque qualche artista che farà strada: per esempio Eduardo De Crescenzo e Rossana Casale ma la formula segna il passo. Lo sforzo organizzativo di Enzo De Caro presenta qualche guizzo, ma il concetto dell’itineranza, alla base della manifestazione, diventa improponibile, soprattutto senza il supporto televisivo. Il Cantagiro rimane in vita per quel senso di iperbole, libertà, agonismo, canzoni indimenticabili. Proprio quello che ci manca.
«Il Cantagiro del 1971 evidenzia, con la tappa di Milano del 5 luglio, la sopraggiunta incompatibilità organizzativa tra la musica rock e la musica leggera»