Bob Dylan LIKE A ROLLING STONE
Il Saggiatore, euro 25
Tra i numerosi luoghi comuni che riguardano Bob Dylan c’è anche quello che rilasci pochissime interviste e che, per lo più, abbia verso i giornalisti un atteggiamento scontroso e diffidente: ma in realtà chi segue l’attività del cantautore sa che non è così. Jeff Burger, che ha curato questo volume pubblicato nel 2018 negli Stati Uniti con il titolo Dylan on Dylan e tradotto da Camilla Pieretti, ha accumulato materiale per molti volumi, raccogliendo interviste a giornali, televisioni, radio, dichiarazioni in conferenze stampa, in occasioni varie come partecipazioni come ospite in programmi o in concerti, e il suo lavoro è stato quello, dopo aver censito il tutto, di tagliare e sfoltire lasciando solo quello che, a suo giudizio, era particolarmente significativo, poco meno di seicento pagine nell’edizione italiana. La maggioranza del materiale è completamente inedito per il nostro Paese, tranne pochissime interviste (come quella a «Playboy» di Nat Hentoff del 1965) che erano state pubblicate in un’altra traduzione di Paolo Bertrando e Pani Galeazzi nel 1985 da Arcana; da allora tanta acqua e tanti Bob Dylan sono passati sotto i ponti, e la sua posizione di riferimento assoluto per chiunque voglia accostarsi alla scrittura di una canzone si è ulteriormente rafforzata, non solo per la consacrazione del Nobel. Questo volume quindi, se da un lato ci apre uno spaccato su
quale sia il suo modo di lavorare, quali siano stati e siano tuttora i suoi riferimenti (è interessante notare chi siano i musicisti che cita di più, a parte ovviamente Woody Guthrie), smentisce anche il luogo comune di cui si parlava all’inizio: non è vero che Dylan abbia verso i giornalisti un atteggiamento scontroso, anzi ama parlare e si dilunga particolarmente quando le domande vertono sulle canzoni, sul fare i dischi, sul folk e così via, ma quando invece qualche giornalista gli fa domande stupide (e succede, specialmente in alcune conferenze stampa dei primi anni) o su particolari della sua vita privata, allora si chiude a riccio e risponde, a seconda delle volte, in maniera dura o in modo non sense o surreale, un po’ come facevano anche i Beatles in occasioni simili.
Vito Vita