RICORDI DURI COME IL CEMENTO
Quando ero piccolo avevo un’immagine preferita tra le tante proposte nei libri di favole, in quelli delle classi elementari e negli albi illustrati che giravano per casa. Si trattava di una splendida illustrazione pubblicata a doppia pagina sull’enciclopedia I Quindici, una collana di libri composta appunto da 15 volumi molto colorati, rivolti a un pubblico di ragazzi. L’illustrazione si intitolava La fattoria. Era una enorme casa di campagna in mattoni e legno - con annessi il fienile, i box e i piccoli ricoveri per animali - che si estendeva da una pagina all’altra. I particolari erano disegnati minuziosamente, dai coppi del tetto ai fili d’erba dei prati circostanti: ogni soggetto era contrassegnato da un numerino che corrispondeva a una descrizione didascalica. La luce e i colori della calda giornata estiva che permeavano quell’illustrazione mi mettevano gioia, mi facevano sognare di essere lì, a correre appresso alle oche, a esplorare i vari magazzini, a tuffarmi nella paglia del fienile.
Quel gioco lo conoscevo bene perché in estate trascorrevo lunghi periodi dai miei nonni, che vivevano in una grande casa nella campagna ferrarese; avevano un enorme fienile, la stalla con le mucche, i maiali, i tacchini, le galline e i conigli. Ma i giochi che immaginavo guardando l’illustrazione de I Quindici erano ancora più belli e coinvolgenti.
Negli anni credo di avere capito il perché di quella preferenza: i miei nonni avevano vissuto il boom del dopoguerra, avevano scoperto il cemento e, con quello, avevano ricoperto molte cose preesistenti, come i marciapiedi, le pavimentazioni, le colonne della stalla. Con quel nuovo materiale avevano costruito anche nuovi box, tettoie e ricoveri per i mezzi agricoli. Addirittura, un giorno, gettarono il vecchio abbeveratoio in pietra bianca per rifarne uno nuovo in cemento!
Ci sono persone che si circondano di cemento, una scelta che può lasciare il segno anche nei ricordi di un bambino.