Un passo avanti
Gli eventi dolorosi sono parte integrante della vita e l’essere umano ha in sé il potere innato per poterli affrontare e superare. Un trauma psicologico è un evento particolarmente stressante, spesso invalidante, che la nostra mente elabora e digerisce con difficoltà. È un’esperienza di una tale intensità che mina il senso di stabilità fisica e psichica della persona che lo vive. Lo stress derivante dall’evento (o dalla concatenazione di eventi) può rivelarsi così estremo da intaccare l’identità individuale di chi lo subisce. Non sempre sono i “fattori esterni” a definire la natura più o meno traumatica di un evento, ma il livello di ansia, di paura e il senso di impotenza che si sperimentano durante e dopo l’evento stesso.
Il termine “trauma”, deriva dal greco e significa “rottura”: si tratta, quindi, di una vera e propria ferita emotiva che stravolge la persona lasciandola impotente nel reagire al dolore. Quando si verifica un evento caratterizzato da un fortissimo stress, la persona coinvolta tende a reagire prontamente mettendo in atto una serie di manifestazioni fisiologiche. Spesso queste vengono superate nel giro di poco tempo e la persona può tornare alla sua vita senza particolari problemi. Ciò nonostante, può accadere che, a causa della sofferenza provata, non riesca a superarlo e cominci a manifestare una serie di disturbi legati a stati di ansietà e paura. Se queste reazioni al trauma si protraggono per più di un mese, si parla in genere di “disturbo post traumatico da stress”.
OLTRE L’OSTACOLO
Esperire un trauma, da un punto di vista psicologico ed emotivo, significa vivere una serie di sintomi conflittuali (ansia debilitante, flash back, ipereccitazione, incubi) e tutta un’altra serie di disagi importanti che vanno a costituire il disturbo postraumatico da stress. Superare un evento traumatico dal punto di vista psicologico non è semplice e può richiedere molto tempo. Viverlo può sovvertire la nostra percezione della normalità facendoci sentire impotenti e vulnerabili, inoltre, può cambiare la nostra visione del mondo e scatenare sintomi durevoli e invalidanti.
Negli ultimi anni, lo Yoga si è dimostrato uno strumento utile nel trattamento integrato multidisciplinare di numerose patologie fisiche e psichiatriche (ansia, depressione, dipendenze, ecc.), come dimostrato dalla letteratura internazionale, a riprova di quanto sia estremamente valido e prezioso, non solo per chi comincia a praticare in uno stato di “benessere”, ma anche per chi ci si avvicina con importanti problematiche interiori, talvolta anche affetto da disturbi psicologici conclamati. Il cervello è fisiologicamente e biologicamente munito di una serie di “sistemi endogeni” preposti a farci superare conflitti e traumi, se così non fosse, come specie umana ci saremmo già estinti da moltissimo tempo.
In altre parole, nasciamo già corredati di un bagaglio che ci consente di andare oltre gli ostacoli che si presentano sul nostro cammino. Le ultime scoperte scientifiche confermano che l’essere umano è un’unità indissolubile di mente e corpo, che questo sistema è interconnesso e che in ogni cellula del nostro corpo esiste il “seme” di tutto il processo evolutivo in qualità di esseri umani.
IL CORPO NON MENTE
I “segni” del nostro corpo sono sempre indicatori veritieri di come, all’interno, stiamo vivendo la situazione pregressa e presente. Nella storia, il rapporto tra mente e corpo non è sempre stato considerato integrato, tuttavia è innegabile, alla luce delle recenti scoperte, che queste due componenti non siano aspetti distinti e sconnessi tra loro.
Il benessere di uno, infatti, influenza l’altro e lo stesso vale per il malessere. La pratica Yoga ha un potere straordinario: ricreare quella connessione consapevole che esiste tra il corpo e la mente. Il corpo non è un’entità aggiunta alla mente, ma è il luogo in cui è possibile svolgere l’esperienza umana, la nostra esperienza. L’uomo, infatti, interagisce con l’ambiente che lo circonda e fa esperienza attraverso il corpo.
Da un punto di vista pratico, è al centro del nostro universo, costituendo la base materiale e sociale della nostra esistenza, il luogo dove emerge la nostra soggettività e dove tessiamo la trama della nostra vita.
Accrescere la consapevolezza attraverso l’esperienza corporea è uno dei punti di forza della pratica Yoga. La visione dualistica che porta alla ricerca del piacere e alla fuga dal dolore contribuisce alla scissione mente-corpo, delegando al corpo la sede della sofferenza, seppure ogni confine sia illusorio e le separazioni siano impossibili.
UN AIUTO PREZIOSO
Lo Yoga può avere un impatto positivo su una varietà di condizioni psicologiche e fisiologiche, coltivando la consapevolezza attraverso esercizi di respirazione, rilassamento intenzionale e movimento. Negli ultimi anni grande interesse è stato rivolto alla possibilità di offrire una pratica accessibile, sia a chi ha limitazioni fisiche, sia a chi, avendo subito dei traumi nel corso della propria vita, può avere difficoltà nelle lezioni “standard”.
È particolarmente utile per le persone affette da disturbi post traumatici da stress (PTSD), in quanto si è scoperto che la meditazione e la consapevolezza aiutano il recupero, ma per alcune persone può essere difficile restare ferme e liberare la mente per meditare. In questi casi, lo Yoga può aiutarle a raggiungere uno stato di consapevolezza superiore, inoltre, tenendosi occupati con l’aspetto fisico, esiste una possibilità inferiore di perdere la concentrazione o rivivere un ricordo negativo. Non trascurabile è anche un’altra serie di benefici: migliora il rilassamento; accresce la fiducia in se stessi; riduce i sintomi somatici associati a impotenza, stress e paura. Riportare l’attenzione al corpo, scoprendo cosa incide sulla postura, cosa nascondono contratture
Dobbiamo accettare quello che c’è qui e ora, inclusa la sofferenza e le illusioni. Accettare le nostre sofferenze e illusioni ci dà già una certa pace e gioia.
Thích Nhất Hạnh
e somatizzazioni, è uno dei possibili percorsi per raggiungere la libertà psichica purificata dalla sofferenza. L’enterocezione è uno degli elementi più importanti nella pratica poiché consente di entrare in contatto con il proprio corpo mentre sperimentiamo un senso di sicurezza. Quando sentiamo, osserviamo, la nostra fisicità, siamo nel presente, nell’attimo vissuto, perché il nostro corpo è qui, non nel passato e neppure nel futuro. Sentire, infatti, significa intuire, percepire, captare, interagire. Uno dei cardini dello Yoga è spostare l’attenzione dal lavorio mentale costante al qui e ora. La pratica mira a questo obiettivo: sviluppare la capacità di stare nell’attimo presente.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
La pratica ci spinge a entrare in contatto con il dolore senza cercare di evitarlo, semplicemente aprendoci alla consapevolezza, permettendo a qualunque emozione sommersa di rivelarsi. Ogni volta che ci si focalizza sul proprio corpo, si attiva un cambiamento. Attraverso l’armonizzazione di corpo e mente si può conseguire la piena consapevolezza. Nella pratica, l’esperienza unitaria arriva in quegli attimi di assoluta pienezza in cui la sensazione, l’emozione, l’azione e il pensiero vivono un momento di condivisione. Se non accogliamo amorevolmente il nostro corpo e non comprendiamo i suoi messaggi, non potremo prendercene cura. Facciamo qualche esempio. Se scambiamo l’ansia con la fame, per placare un’emozione potremmo ingurgitare cibo in eccesso; se non accettiamo la stanchezza, rifiutandoci la possibilità di concederci il giusto riposo, rischiamo di compromettere la nostra salute. La lettura del corpo attraverso il respiro può farci comprendere lo stato d’animo e le emozioni che si celano al nostro interno e che causano l’alterazione dei nostri comportamenti. Imparare a gestire il proprio respiro si riflette sulla capacità di comprendere e accettare tutto il vissuto emotivo che ha generato il trauma, alleggerendone il peso. Possiamo sperimentare i benefici mettendo in pratica alcuni semplici esercizi.
•Tecnica di respirazione
Sediamoci in una posizione confortevole e stabile. Socchiudiamo gli occhi. Rilassiamo il corpo, dalla sommità della testa (cuoio capelluto, volto, collo, spalle) fino ai piedi. Osserviamo il respiro, il suo ritmo, senza interferire alterandolo. Inspiriamo, espiriamo, poi eseguiamo una inspirazione cercando di rimanere in quello spazio vuoto, in quell’attimo di sospensione tra i due respiri. Ed è in quell’attimo di sospensione che diventiamo il nostro respiro. Il processo attraverso il quale possiamo superare i traumi del passato non può prescindere dall’integrazione corpo/mente.
Dobbiamo tornare a essere felici, in pace e in salute, adesso, in questo momento. Portiamo quindi, l’attenzione cosciente e vigile sul presente, assaporando ogni attimo come se fosse l’unico.
• Tecnica del “passo lieve”
Per aumentare la nostra “presenza” e vivere intensamente l’attimo, possiamo focalizzarci, mentre camminiamo, sui punti d’appoggio.
Proviamo a essere leggeri sul piede che tocca il suolo. Immaginiamo di non voler lasciare nessuna impronta sul terreno. Gradualmente si trasmetterà e crescerà in noi la stessa sensazione fino a esperire uno stato di leggerezza dell’essere. Recuperare la cultura del corpo e con essa la cultura del qui e ora significa restituire dignità al sentire e non al solo pensare, per giungere a un più completo “vivere”.
Ci aiutano a capire il concetto la massima di Alexander Lowen: «Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo». ✹
Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere.
John Rohan