IL NUOVO CRACCO «PRÊT-À-PORTER»
Carlo Cracco fa ritorno nella casa avita. O, per meglio dire, nella sede del ristorante che lo ha consacrato tra le stelle della cucina internazionale. Ma confeziona un locale prêt-à-porter, consegnando l’onore dei fornelli a un suo scudiero, Gabriele Faggionato.
Cucina Scelte caute. Si fatica a rintracciare un segno autoriale tra piatti pescati nel calderone delle mode. Sulla tecnica non si discute. Manca il coraggio. La forchettata di maggior personalità è una deliziosa caponata in crema di peperoni dolci. E poi? C’è un vitello tonnato avarissimo di salsa. C’è la cotoletta in forma cubica: omaggio a Gualtiero Marchesi che la inventò. C’è un buon risotto alla milanese con ossobuco (assediato dal limone). C’è l’immancabile uovo poché. Trovatina goliardica nella composizione del menu, suddiviso in quattro categorie: « Milanese imbruttito » , «Bio», «Influencer», «Mammone». Voto 6/7
Ambiente L’ingresso dà sul bar, che serve colazioni, aperitivi, spuntini veloci. Per il ristorante, si scendono due piani, sprofondando in un antro lussuoso e cupo, vestito di nero e di un nero più nero. Effetto suggestivo. Specchi, lampadari vitrei e divanetti. Questi, però, hanno sedute troppo alte rispetto ai tavolini (orfani di tovaglia): dal metro e ottanta in su, scegliete le sediole. Il servizio, imberbe, è animato dalle migliori intenzioni. Voto 7 Cantina Solo una trentina di bottiglie, in buona parte disponibili anche al calice. I prezzi sono corretti e democratici. Ma persino questa selezione è gravata da un eccesso di prudenza. Voto 6,5