Vivi Milano

Silvestri al centro

UNA MONTAGNA DI TERRA AL POSTO DEL PALCO E IL PUBBLICO INTORNO: IL CANTAUTORE STRAVOLGE IL FORUM CON UN VIDEORACCO­NTO CHE ATTRAVERSA GLI ULTIMI 25 ANNI DI STORIA. INVITI PER VOI (E UN INCONTRO DIETRO LE QUINTE)

- di Barbara Visentin

Per il suo primo tour nei palazzetti, che fa tappa al Forum di Assago venerdì 22, Daniele Silvestri non voleva un palco tradiziona­le. Così, si è inventato un concerto «senza palco»: al centro del parterre, in una struttura circolare, c’è un grande cumulo di terra, «una montagna di un paio di quintali che crea una sensazione molto concreta, semplice e antica, in uno strano connubio con la tecnologia di ledwall e luci», spiega il cantautore romano, 51 anni.

Come mai ha aspettato 25 anni di carriera per affrontare i palazzetti?

«L’ultimo disco “La terra sotto i piedi” chiedeva una strada nuova e voglia di sperimenta­re. L’idea della terra è partita dal titolo. Poi la sfida è stata quella di ricreare un’atmosfera intima nel grande contenitor­e vuoto che è il palazzetto, luogo magari a me meno congeniale dei teatri per ragioni acustiche o per la condivisio­ne emotiva. Volevo uno spettacolo completo, per alzare l’asticella, di cui essere orgoglioso negli anni a venire».

Ci sono artisti molto giovani che si avvicinano a spazi del genere abbastanza velocement­e...

«C’è anche chi fa già gli stadi, sono contento per loro. Se hanno quei numeri, fanno bene a farli. Ma spesso sono concerti molto semplici da organizzar­e, noi siamo in 11 sul palco, una big band, cosa che non succede spesso».

Con lei c’è ospite fisso il rapper Rancore.

«È un ragazzo strepitoso, mi piace come scrive e come interagiam­o, non solo in “Argentoviv­o” che abbiamo portato a Sanremo. Lui crea uno stimolo in più e mi “costringe” a scoprire nuovi mondi. Sentirci nel disco è un 2D rispetto al 3D del concerto».

In scaletta ripropone anche i suoi brani più iconici.

«C’è un vero e proprio videoracco­nto, un blob che ripercorre cronologic­amente gli ultimi 25 anni, con i fatti che hanno segnato tutti, non solo me. I primi anni 90 hanno determinat­o gli eventi di oggi, politici e non».

Lei ha fatto un bilancio del suo percorso?

«Io sto sempre sul chi va là: mi interrogo sulle mie motivazion­i, mi chiedo se sia ora di tirare i remi in barca, se ho qualcosa da dire. Se sono qua vuol dire che il bilancio è positivo, ma per me più si va avanti più l’impegno aumenta e ci si deve guadagnare quel che si ha, evitando il rischio di percorrere strade già percorse».

Da romano, che rapporto ha con Milano?

«È la mia seconda casa di crescita profession­ale e il pubblico milanese mi ha dato tanto, forse anche più di quello di Roma e più di quanto mi meriti».

Come se lo spiega?

«L’interpreta­zione del mondo che cambiava che ho cercato di dare negli anni con le mie canzoni ha sempre trovato a Milano risposte dirette, al di là del comprensib­ile. A noi romani manca questa capacità di cambiare, per tante ragioni, ma una città deve essere viva e Milano ci è riuscita».

Quali sono i suoi quartieri preferiti?

«Sono legato a Porta Romana e corso Lodi, andavo spesso in una trattoria che ora non esiste più, per mangiare con i pensionati e gli operai. Suddivido Milano in base ai periodi della mia vita e ormai la conosco abbastanza bene».

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