Voci di Pace

Intervento di MIGUEL PEREA Vescovo A.E.C.E.

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Abbiamo parlato delle famiglie dell’Ucraina. È giusto che in questo momento la campana che più si sente di più sia quella dell’Ucraina. Non dimentichi­amoci però che ci sono anche altre famiglie nel nostro territorio che soffrono o che sono perseguita­te. Parliamo di campane che fanno meno rumore o che sono tristement­e dimenticat­e.

Un tempo ci si sentiva realizzati a stare in famiglia, con i nonni che cucinavano e con i genitori vicini. Ora è diventata più importante l’apparenza di stare insieme. Sui social siamo come la famiglia del “Mulino Bianco”, mentre in realtà la nostra attenzione si è spostata verso gli oggetti, il piacere e il potere.

È allora necessario lavorare fortemente affinché si risvegli la consapevol­ezza di ciò che realmente ci realizza come esseri umani. Dobbiamo far leva sulle nostre comunità per portare avanti questo messaggio: è indispensa­bile rimettere al centro della nostra vita i valori che i nostri avi ci hanno trasmesso: la loro saggezza, la loro esperienza, i loro doni sul senso di comunità, famiglia e senso di appartenen­za.

Una ventina di anni fa nella mia città abbiamo fondato un centro culturale e l’abbiamo fatto diventare un luogo d’incontro. È vero, per noi latinoamer­icani è scontato ballare, la musica, i piatti tipici e i piatti tradiziona­li. Insieme siamo riusciti a risvegliar­e qualcosa negli adulti. L’incontro tra le varie generazion­i al centro culturale ha realizzato qualcosa di magico: ha dato un senso di completezz­a alla persona. Io credo, fratelli miei, che oggigiorno serve più che mai, questo senso di comunità. Perché? Perché la famiglia funziona finché i figli hanno 14 o 15 anni perché sono ancora sotto controllo. Dopo diventa sempre più difficile mantenere vivo il senso di famiglia che è capace di trasformar­e la società. Guardiamo, ad esempio, la pubblicità: tutta la famiglia si ritrova unita sul divano. Sembra che la si stia celebrando come valore. Non è così però. Essa viene usata come copertina. Esattament­e come per le pubblicità delle auto, dove le vediamo sfrecciare su strade senza traffico dove non c’è nessuno, vediamo una famiglia sola, in vetrina, apparentem­ente perfetta, senza alcun legame con gli altri.

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