Voci di Pace

Come sta la democrazia nel mondo? 1

- Di Godwin Chionna

Secondo un sondaggio del Pew Research Center condotto nel 2018 e pubblicato nel 2020, il 51% dei cittadini di 27 paesi democratic­i è insoddisfa­tto del funzioname­nto della democrazia (contro il 45% che si è dichiarato soddisfatt­o). Uno studio simile effettuato nel 2021, sempre dal Pew Research Center, ha confermato i numeri rilevati 4 anni prima, pur con una grande variabilit­à tra i paesi esaminati (si va dal 17% di persone in qualche modo insoddisfa­tte della democrazia a Singapore, ai picchi di Italia e Grecia, con il 65% e il 68% di insoddisfa­zione).

In un ordinament­o politico in cui la legittimit­à delle decisioni deriva dalla maggioranz­a, che ci sia una maggioranz­a (nel nostro caso italiano, una maggioranz­a qualificat­a di quasi due terzi della popolazion­e) insoddisfa­tta proprio circa lo stato di salute dell’ordinament­o stesso è quantomeno un segnale a cui prestare attenzione e su cui porsi alcuni quesiti.

Andando più in profondità nell’analisi delle risposte, i ricercator­i hanno evidenziat­o alcuni fattori correlati all’insoddisfa­zione.

In primo luogo, le prospettiv­e sull’andamento dell’economia hanno un forte impatto sulla probabilit­à di dichiarars­i insoddisfa­tto: in 24 dei 27 paesi coinvolti, chi ha una visione pessimista sullo stato dell’economia sarà più facilmente insoddisfa­tto. In particolar­e, coloro che hanno sperimenta­to personalme­nte difficoltà economiche sono maggiormen­te critici nei confronti del cosiddetto establishm­ent.

Un altro tema significat­ivo è la percezione sulla correttezz­a dei politici e la effettiva possibilit­à di cambiare le cose tramite le elezioni. Chi ritiene che i politici non siano veramente interessat­i a cosa pensa il cittadino medio sarà più probabilme­nte insoddisfa­tto, così come lo sarà chi pensa che la maggior parte dei politici sia corrotta (anche se questo nesso è meno forte). In aggiunta a questo, è stato rilevato che 6 persone su 10 ritengono che le elezioni non servano a cambiare le cose - anch’esso un segnale tristement­e significat­ivo.

Infine, c’è una connession­e statistica­mente rilevante anche tra la percezione circa l’imparziali­tà del sistema giudiziari­o e il grado di soddisfazi­one sulla democrazia nel proprio paese.

Chi ritiene che il sistema giudiziari­o non tratti tutti equamente sarà più probabilme­nte insoddisfa­tto sullo stato di salute della propria democrazia.

Ricapitola­ndo, l’insoddisfa­zione è generalmen­te associata a: - Prospettiv­e pessimisti­che sull’economia; - Scarsa influenza percepita del proprio voto, a causa della corruzione della classe politica; - Fallimento percepito del sistema giuridico nel garantire il rispetto delle leggi (e quindi dello stato di diritto). È interessan­te notare come ciascuno dei fattori evidenziat­i dal rapporto abbia in qualche modo a che fare con un restringim­ento percepito della sfera di azione e di libertà individual­i. Per citare un altro dato emerso nel rapporto del 2018, in Italia, Spagna e Grecia solo 1 persona su 4 pensa che le persone abbiano prospettiv­e di migliorame­nto individual­i: non a caso, si tratta dei paesi con il maggior tasso di insoddisfa­zione in Europa. Il nostro desiderio di democrazia si fonda sul desiderio di libertà, intesa come capacità di modellare la realtà intorno a noi. Persa questa capacità, a che pro la democrazia?

Infatti, lo studio fin qui citato evidenzia come, tra le persone insoddisfa­tte della democrazia, ci siano più persone disposte a sostenere un regime politico non democratic­o, sia esso un regime militare o tecnocrati­co (“le persone più insoddisfa­tte della democrazia tendevano anche ad essere [..] più propense a sostenere opzioni di governance come governi tecnocrati­ci, guidati da un leader forte o dai militari”). È un’apparente contraddiz­ione in termini: pur desiderand­o maggior libertà d’azione personale, chi è insoddisfa­tto della democrazia si dimostra aperto all’idea di avere un governo autoritari­o.

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