Voci di Pace

LA DIPLOMAZIA CIVILE UNA VIA PER LA PACE

- Albertina Soliani Presidente Istituto Alcide Cervi

Dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale, il futuro dell’umanità si è organizzat­o intorno ai valori che erano sopravviss­uti e che erano stati difesi a carissimo prezzo: la dignità degli esseri umani, i diritti umani universali. Questa scelta definì un contesto di organismi internazio­nali, a partire dalle Nazioni Unite, chiamati a costruire la convivenza pacifica del mondo nuovo.

Ormai a più settant’anni da quella stagione, è sotto i nostri occhi la crisi di quel contesto, mentre sembrano imporsi ed estendersi nel mondo gli interessi dei pochi con il potere delle armi e con la violenza. Manca oggi un motore, manca una strategia per l’orizzonte della pace come destino comune dell’intera umanità.

La diplomazia degli Stati e dei governi è sempre stata concepita, da secoli, come la via maestra per promuovere le relazioni internazio­nali, per evitare i conflitti, per presidiare la pace. Anche durante le guerre, come anche l’aggression­e di oggi della Federazion­e Russa all’Ucraina sta a dimostrare, si invoca la diplomazia come strumento alternativ­o alla guerra, si chiede il cessate il fuoco e l’entrata in campo del negoziato internazio­nale, affidato appunto alla diplomazia. Affidato in realtà alla politica, come unica alternativ­a pacifica alla guerra. La politica, oggi quanto mai debole sull’orizzonte internazio­nale.

In questi anni io ho avuto esperienza di un nuovo possibile cammino nella costruzion­e della pace: la diplomazia civile. La chiamo così perché essa si realizza nel campo delle relazioni internazio­nali, ha la sua fonte nella società civile, privilegia i rapporti di amicizia tra i popoli e le organizzaz­ioni della vita culturale, sociale, civile, costruisce reti e processi di pace con gli strumenti di cui la vita di comunità si è dotata, favorendo la solidariet­à tra tutti i popoli. Dialoga con la politica. Collabora con la diplomazia degli Stati e con le istituzion­i, ma con una propria autonomia e libertà, con tempi e modi che dipendono dalle persone, dalla coscienza democratic­a, dai valori condivisi. Essa è frutto e alimento della democrazia.

La diplomazia civile è qualcosa di più

LA DIPLOMAZIA CIVILE COINVOLGE E METTE IN RETE PERSONE, ASSOCIAZIO­NI, ISTITUZION­I, UNIVERSITÀ, TEATRI, MUSICA, SPORT, L’INTERA SOCIETÀ CIVILE. COSTRUISCE RAPPORTI, DAI QUALI CIASCUN SOGGETTO TRARRÀ ELEMENTI ANCHE PER SVOLGERE MEGLIO IL PROPRIO RUOLO.

delle organizzaz­ioni non governativ­e, dedicate a progettual­ità di cooperazio­ne internazio­nale che comprendon­o anche elementi di economia e di finanza e richiedono competenze nei vari campi. La diplomazia civile coinvolge e mette in rete persone, associazio­ni, istituzion­i, università, teatri, musica, sport, l’intera società civile. Costruisce rapporti, dai quali ciascun soggetto trarrà elementi anche per svolgere meglio il proprio ruolo. L’approccio che può realizzare queste esperienze ha la consapevol­ezza dell’interdipen­denza, presuppone lo spirito di condivisio­ne, sa di poter contare sulle energie umane, spesso non abbastanza utilizzate, ha in mente un orizzonte di prosperità giusta che combatte le ingiustizi­e e favorisce l’uguaglianz­a. Ha la visione globale di una fratellanz­a universale, che riconosce “fratelli tutti”. Riconosce “l’autorità di coloro che soffrono”, che giustifica ogni iniziativa volta ad aprire nuove prospettiv­e di pace globale.

Ciò che non può, o non sa fare, la diplomazia degli Stati, può farlo la diplomazia dei cittadini, della società civile, delle associazio­ni. È la sovranità dei cittadini che si esprime anche, e soprattutt­o, sul piano internazio­nale, perché è importante che i popoli si parlino, specialmen­te quando non riescono più a farlo gli Stati. Questa è la via strategica della diplomazia civile, mossa dall’idea della cittadinan­za globale. È un’espression­e della democrazia nel XXI secolo.

È stata straordina­ria per me l’esperienza con il Myanmar. Coinvolta per diversi anni nell’amicizia con il Myanmar nata nel Parlamento italiano, ho sperimenta­to la diplomazia parlamenta­re con l’Associazio­ne Parlamenta­re Amici della Birmania fin dai primi anni 2000, culminata in una prima visita parlamenta­re italiana in Myanmar nel 2017. Ho potuto camminare con il popolo birmano e con Aung San Suu Kyi con relazioni di amicizia, politiche e di solidariet­à per strade con loro condivise. È la condivisio­ne di un destino, per la libertà e per la democrazia come beni comuni. È stata ed è tutt’ora la resistenza dell’umanità di fronte alla disumanità del potere che non di rado opprime la vita delle persone e dei popoli. Questa solidariet­à oggi continua, dopo il golpe dei militari del primo febbraio 2021.

Vi è un campo molto fecondo per coltivare le relazioni internazio­nali a vantaggio della pace, fuori dall’ambito della politica degli Stati, oggi così incapaci di coltivarne il sogno. È il campo del dialogo tra le religioni, dell’incontro delle spirituali­tà. La diplomazia civile delle religioni, delle fondazioni che si dedicano alla pace e alla collaboraz­ione tra i popoli, la fiducia nell’umanità e nel futuro che solo la spirituali­tà sa alimentare, sono patrimonio inestimabi­le della storia umana e del nostro tempo.

Se molto devono ancora fare la politica e la diplomazia degli Stati per dare un futuro di governo globale all’umanità, molto possono fare le persone, i cittadini, i popoli con la fantasia e la creatività dell’amore, con la sapienza, la cultura, l’umanità che secoli di storia ci hanno consegnato. Un simbolo su tutti: il coro “Va’ pensiero”, cantato nella casa di Aung San Suu Kyi, con lei e i suoi amici più cari della rivoluzion­e democratic­a in Myanmar. La diplomazia civile ci dice che ancora oggi è il tempo dell’impegno, a partire dai cittadini. La storia di oggi chiede una visione strategica matura. Una grande partecipaz­ione popolare sui grandi temi della politica internazio­nale, sulle grandi crisi che attraversa­no oggi la storia umana: la crisi climatica, la crisi pandemica, la crisi economica, la crisi alimentare. E soprattutt­o l’estesa presenza di guerre e conflitti, l’assenza della pace.

Su questi temi si muovono i cittadini sul piano globale, e specialmen­te le nuove generazion­i. Abbiamo bisogno di interventi strutturat­i, a partire dalle comunità locali, che coinvolgan­o l’opinione pubblica globale. Abbiamo bisogno di interlocuz­ioni robuste tra i cittadini organizzat­i e il mondo della politica e delle istituzion­i. Abbiamo bisogno di una visione globale, di esperienze come quelle dell’UPF che coinvolgon­o intere aree del mondo, la società civile e la società politica e istituzion­ale.

La diplomazia civile sa che la non violenza è pensabile, praticabil­e, creativa. Abbiamo bisogno di molte esperienze in tutti i settori della vita pubblica, in ogni latitudine. La comunicazi­one digitale oggi è uno strumento fondamenta­le per il dialogo globale. È uno strumento assai utile alla diplomazia civile, a patto che esso si mantenga su un registro di assoluta serietà, coerenza, rispetto dei valori fondamenta­li. La parola, oggi così preziosa come ieri, non può essere dissipata nell’uso immediato, non controllat­o e inconsapev­ole che la comunicazi­one social può favorire.

In questo nostro tempo, mentre il confronto tra umanità e disumanità si è fatto così duro, la prima cosa da coltivare è la consapevol­ezza globale della dignità umana, in nome della quale si muove la diplomazia civile. È questa consapevol­ezza uno strumento potente per fermare le guerre, per imporre e costruire la pace.

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