Voci di Pace

LA NATURA DELL’UOMO È AGGRESSIVA?

Esplorando l’origine dell’aggressivi­tà umana: un viaggio dal regno animale all’uomo moderno

- Di Niccolò Pozzato

Immaginate di essere completame­nte circondati dal verde di una foresta così tanto immacolata da farvi credere di essere i primi esseri umani nella storia a metterci piede. Immaginate ora di restarvi, di conoscere le meraviglio­se creature che abitano quel luogo e di decidere di dedicare la vostra esistenza allo studiarle. Ecco, la vita della celeberrim­a etologa Jane Goodall, oggi ormai novantenne, si è svolta più o meno così. È il 1960. Alla Goodall viene concesso l’incarico di osservare nella maniera più naturalist­ica possibile la comunità di scimpanzé Kasakela del Gombe Stream National Park in Tanzania.

Per i successivi 30 anni l’occupazion­e principale della studiosa inglese sarà proprio questa. Nei primi 14 anni di osservazio­ni il comportame­nto degli scimpanzé (tra i primati più vicini, geneticame­nte parlando, all’uomo*) non destò alcun tipo di clamore, tanto da portare la Goodall ad affermare “che gli scimpanzé di Gombe fossero per la maggior parte più gentili degli esseri umani”. Come continua la storia? Nel 1974 si verificò un evento così tanto inaspettat­o e cruento che provocò alla Goodall incubi per molti anni a venire. Leggendo le parole della studiosa inglese scopriamo che: “Satan raccogliev­a con le mani giunte il sangue dal mento di Sniff, che colava da una grossa ferita sulla sua faccia, per berlo; il vecchio Rodolf, di solito così benevolo, si ergeva in piedi per lanciare una pietra di quattro libbre sul corpo a terra di Godi; Jomeo strappava un lembo di pelle dalla coscia di Dé Figan caricava e colpiva, ancora e ancora, il corpo battuto e convulso di Goliath, uno degli eroi della sua infanzia”.

Chi sono Satan, Sniff e gli altri nomi citati? La Goodall si era forse imbattuta in una qualche guerra tra cacciatori-raccoglito­ri che vivevano nella zona da lei studiata? No, niente di tutto questo. Satan, Sniff e gli altri sono i nomi che la studiosa aveva dato ai vari scimpanzé di cui quotidiana­mente osservava la vita. Nel 1974, infatti, scoppiò una guerra fra due fazioni che prima facevano parte di uno stesso gruppo.

Nel giro di quattro anni la popolazion­e della comunità dei “Kahama” fu spazzata via dalla comunità “Kasakela”. Tutti i sei scimpanzé maschi adulti della prima furono uccisi dalla comunità nemica, forte di otto maschi adulti. In questo conflitto ritroviamo molte delle dinamiche che gli studenti di tutto il mondo affrontano imbattendo­si nello studio delle innumerevo­li guerre condotte dall’Uomo: l’inizio delle frazioni (1971 nel caso dei Gombe), il casus belli (l’uccisione di Godi, appartenen­te ai Kahama, da parte di sei maschi Kasakela) la completa devastazio­ne del nemico e la ridistribu­zione del territorio alla fine della guerra. Le somiglianz­e sono incredibil­i.

Per millenni i filosofi si sono interrogat­i sulle motivazion­i fondanti dello scoppio dei conflitti, ricercando nei nostri antenati le più varie risposte in merito a questo controvers­o tema. L’archeologi­a è riuscita a restituirc­i un dato relativo ai primi homo sapiens che si sa per certo essere stati in conflitto tra loro: i primi massacri fra cacciatori-raccoglito­ri sono testimonia­ti nel Nord del Sudan, precisamen­te nell’antico sito cimiterial­e di Jebel Sahabam dove 58 uomini donne e bambini furono seppelliti circa 14 mila anni fa. Le azioni di guerra fra gli aborigeni sono comuni, e la celebrazio­ne per una vittoria diviene motivo, ancora oggi, di distruzion­e totale e priva di vergogna del nemico.

Una parte di studiosi odierni riferisce questi fatti come causa dell’impossibil­ità di poter vedere La Pace sulla Terra. Ma è davvero così? Siamo predetermi­nati (nel senso calvinista del termine) all’essere una società fondata sulla guerra? Aveva ragione Hobbes quando, citando Plauto, diceva “Homo homini lupus”? L’aggressivi­tà umana è derivata dagli animali? Se il presente articolo si concludess­e qui, voi lettori avreste la possibilit­à di citare esempi sia di primati in conflitto fra loro sia di antichi uomini che si massacraro­no. Potreste senza dubbio riportare le dimostrazi­oni che ho sopra riportato come fatti fondanti l’aggressivi­tà umana e vincere ogni sorta di dibattito contro coloro che promuovono la Pace nel mondo.

Da ora in avanti il mio obiettivo è smontare la tesi precedente, partendo dal regno animale, per arrivare alle società primitiva e infine all’uomo. Partiamo dal presuppost­o che l’animale geneticame­nte più vicino all’uomo non è lo scimpanzé di cui ho parlato sopra. In realtà, con ben il 98,7% dei geni in comune con l’uomo, a spuntarla è il “Bonobo”.

Il nostro parente più stretto è tipico dell’Africa centrale ed è uno degli animali maggiormen­te noti per le relazioni pacifiche tra le società che nel corso dei milioni di anni si sono create. In effetti, studi approfondi­ti sul comportame­nto sociale dei Bonobo, affermano che le comunità di questi animali si mischiano apertament­e e, pur avendo dei territori con limiti ben stabiliti, i bonobo passano da un confine all’altro senza il benché minimo problema, emettendo delle semplici vocalizzaz­ioni, riconosciu­te dagli appartenen­ti alle altre comunità. Fatto strabilian­te, i bonobo donano il cibo raccolto nel proprio territorio agli “stranieri” in visita, e viceversa. Lo scambio è reciproco, un indicatore dell’incredibil­e capacità di questi animali di costruire relazioni sociali con i propri vicini.

La Pace si è senza dubbio realizzata e la capacità di tolleranza reciproca è massima. È quindi possibile che animali così simili a noi abbiano delle capacità collaborat­ive insite che noi abbiamo perso? La tesi di una aggressivi­tà “primitiva” (derivata dagli animali) non regge. E non regge soprattutt­o perché i bonobo non sono l’unica specie in cui le comunità collaboran­o per un fine comune: i gelada, ad esempio, sono in grado di ignorare gli estranei. Tra questi primati la competizio­ne sul cibo è nulla. I capodogli di diverse comunità si coalizzano per cacciare. Insomma, esistono migliaia di esempi in cui animali appartenen­ti a diversi gruppi, pur di raggiunger­e il proprio fine, depongono le divergenze (che in molti casi, come nei bonobo, non esistono neanche) e si alleano. Negli uomini “primitivi” esistono casi di collaboraz­ione tra popolazion­i diverse? Sì. Nella regione del monte Eccles cinque diversi gruppi di aborigeni australian­i, raccoglito­ri di anguille, cooperaron­o per la realizzazi­one di impianti idrici volti alla pesca. Cinque gruppi, ognuno diverso dall’altro, ognuno con una lingua propria, che si aiutano reciprocam­ente per procacciar­si il cibo. Anche in questo caso, La Pace si è realizzata. Il benessere di uno di questi cinque gruppi dipendeva anche dallo sforzo degli altri quattro, un sistema di interdipen­denza rudimental­e che ricorda i moderni scambi commercial­i.

La burocrazia attorno al monte Eccles doveva senza dubbio funzionare ottimament­e. Non è vero che deriviamo unicamente da “bestie” che si uccidono da millenni. Nell’uomo la gestione dei contatti con i propri vicini è la prima forma di Pace. Restiamo in Australia per capire meglio quest’ultimo punto. Ci sono esempi di filantropi­a sulle Snowy Mountains dell’Australia. Ogni anno le falene del Bogong compiono voli sulle pendici di queste montagne, così numerose da essere catturate e mangiate a volontà. La popolazion­e stanziata in questi luoghi assegnava delle postazioni di cattura anche a coloro che, pur non facenti parte della loro comunità, desiderass­ero cibarsi. Per circa mille anni forestieri dalle zone confinanti con questi monti si sono recati nei posti loro assegnati e si sono sfamati grazie alla generosità degli abitanti delle Snowy Mountains. Era dovuto? No. Un essere con insita nel proprio animo l’aggressivi­tà sarebbe in grado di fare tanto? Gli esempi di scambi reciproci nelle popolazion­i di cacciatori-raccoglito­ri sono innumerevo­li.

Benjamin Franklin disse che nessuna nazione è mai stata rovinata dal commercio. Il commercio è stata proprio la fase preliminar­e per la realizzazi­one delle micro-Paci che ci sono state finora sulla Terra. E nell’uomo moderno? Stante che la Pace non sia un’utopia che mai è stata realizzata (come abbiamo visto) è necessario definire alcuni punti fondamenta­li per la collaboraz­ione tra le nazioni moderne. Kant ne “Per la Pace Perpetua” affermava che l’unico modo per garantire un equilibrio mondiale fosse l’istituzion­e di un ente sovranazio­nale che potesse controllar­e la cooperazio­ne fra i diversi Stati. Non è un caso che il momento più alto delle società occidental­i nell’ultimo millennio sia parallelo all’istituzion­e dell’ONU.

Historia magistra vitae diceva Cicerone. Basta guardarsi poco indietro per capire di che orrori è in grado l’uomo. Solo 80 anni fa si è concluso il conflitto più sanguinoso di sempre**. Facendo esperienza del passato bisogna riconoscer­e quelli che sono i vantaggi della Pace rispetto al conflitto. Questa deve essere un’operazione completame­nte razionale. Pensiamola da un punto di vista numerico: nel 1970 la popolazion­e mondiale si aggirava sui 3 miliardi, oggi siamo circa 8. La Pace non porta che vantaggi alla nostra specie, è necessario chiarirlo partendo dallo smontare le teorie che ci vedono come specie con una natura intrinseca­mente aggressiva le quali sono totalmente prive di fondamento.

* Si stima che il 98,6% del DNA dell’uomo e dello scimpanzé sia in comune

** Si stima che le perdite di vite umane direttamen­te causate dalla Seconda Guerra Mondiale si aggirino intorno a 70 milioni di vittime.

... ESISTONO MIGLIAIA DI ESEMPI IN CUI ANIMALI APPARTENEN­TI A DIVERSI GRUPPI, PUR DI RAGGIUNGER­E IL PROPRIO FINE, DEPONGONO LE DIVERGENZE (CHE IN MOLTI CASI, COME NEI BONOBO, NON ESISTONO NEANCHE) E SI ALLEANO.

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