FACE TO FACE. L’arte del selfie felice, by Francesca Amé.
Il selfie è il miglior esercizio emotivo che possiamo regalare a noi stessi. Porsi contemporaneamente davanti e dietro l’obiettivo è un allenamento interiore, con effetti positivi sul modo in cui ci rapportiamo al mondo e sulle nostre potenzialità creative. Ne è convinta l’artista Cristina Nuñez, nata a Figueras, Catalogna, come Salvador Dalí, che dell’autoritratto (beffardo) fu maestro. Un tema, e una pratica, a cui Nuñez ha cominciato a interessarsi, ventenne, nel 1988. E che non ha più abbandonato: negli ultimi dieci anni ha ideato un metodo, basato su workshop testati in prima persona, che combina tecniche fotografiche, videoart, psicologia, drammatizzazione. Il suo “The Self-Portrait Experience” (finora sono quattordici le tesi di laurea che l’hanno analizzato) è stato presentato alla New York University, al carcere di San Vittore di Milano, nella Brevdeit Prison di Oslo, in gallerie d’arte inglesi, spagnole, finniche, coreane, in biblioteche, musei, asili e anche in aziende di mezzo mondo (selfportrait-experience.com, il prossimo workshop in Italia è il 6-7 febbraio a Milano, allo Spazio Lambrate). Funziona con bambini e manager, con artisti e detenuti, pensionati e studenti: «Le donne sono di solito le più interessate», spiega Nuñez. «Tutti all’inizio hanno una gran paura e io avviso subito che per arrivare al sublime serve coraggio. Si deve tirar fuori la spazzatura e fare pulizia». Parla chiaro, nel suo perfetto italiano, Cristina Nuñez, determinata come può esserlo un’artista autodidatta che negli anni ha collezionato riconoscimenti ovunque. Crede nell’arte come strumento sociale: la fotografia, in particolare l’autoritratto, può renderci migliori, e più felici, purché si mettano in discussione i tradizionali canoni estetici (giovinezza, bellezza, sorriso) applicati ai selfie che postiamo in rete. Spiega: «L’autorappresentazione guidata secondo il mio metodo stimola il processo creativo inconscio: imprime sulla foto, e lo mostra in maniera palese, ciò che avvertiamo nel profondo, ciò che sovente censuriamo. Non si tratta però di una terapia solo per persone in difficoltà: serve a cogliere in uno sguardo o in un gesto idee, intuizioni ma anche paure o dubbi che nemmeno pensiamo di avere. Gli autoritratti “imperfetti” che emergono durante le sedute artistiche non sono quelli che metteremmo su Facebook per catturare i like degli amici. Colgono altri aspetti, ma parlano sempre di noi». Cristina Nuñez insegna alle persone a dialogare con i propri selfie, specie con gli scatti più dolorosi: questa pratica estetica (che, tra scelta delle luci, abiti e set, nulla lascia al caso) è un «estenuante allenamento emotivo all’accettazione di sé». Il selfie, sintomo dell’umore di un’epoca che ha bisogno di condividere sui social la propria immagine per dare prova di esistenza, diventa palestra dove formare (e fermare in un clic) l’autentico moto dell’animo.
A scuola di autoritratto dall’artista Cristina Nuñez. Obiettivo: guidare la creatività verso uno stato di sereno benessere. E dimenticare i like degli amici sui social