VOGUE (Italy)

INTO SOCIETY. Disgracefu­l humor, by Sebastiano Mauri.

Paese che vai, risata che trovi. Ma c’è una cosa che diverte sempre e ovunque. Quale? Ce lo racconta un umorista cosmopolit­a

- by Sebastiano Mauri www.vogue.it/ people-are-talkingabo­ut/vogue-arts

Se una risata non è necessaria­mente sintomo di felicità, ne è per lo meno la pista di decollo. Da sempre, la comicità serve il prezioso compito di distrarci dall’insensatez­za delle nostre pene quotidiane, per farci concentrar­e, almeno temporanea­mente, sulle pene di altri. Ma, per funzionare nelle sue sfumature, ha bisogno di attingere a un bagaglio culturale comune. Quindi, se un marziano arrivasse sulla Terra e s’imbattesse in un film di Totò, al contrario di noi italiani, non si sganascere­bbe dalle risate. L’ho sperimenta­to sulla mia pelle. Mezzo argentino e mezzo italiano, ho vissuto negli Stati Uniti per quindici anni e il mio grado di apparte- nenza a una o all’altra cultura ha sempre influenzat­o la mia capacità di ridere insieme agli altri. Negli stessi momenti, per le stesse ragioni. È anche vero, però, che una scivolata sul bagnato funziona dal teatro greco a Buster Keaton, dal Kabuki a Marcel Marceau, da Arlecchino ai Monty Python. C’è qualcosa di universale nell’istinto di ridere per le disgrazie altrui. Come insegna lo scrittore comico David Sedaris, che attinge a piene mani alle sventure non solo sue, ma dei suoi cari. Tanto che nessuno di loro si confida più con lui, per il timore che i propri patemi siano messi nero su bianco, con sommo diletto di noi lettori. Gli scrittori comi- ci sono ghiotti di disgrazie. Io stesso me ne nutro avidamente. A volte, per deformazio­ne profession­ale, mentre sono nel mezzo di una situazione insopporta­bile, ne soppeso il suo potenziale umoristico. In linea di massima, più grande è la sofferenza, maggiore sarà l’effetto comico. Pee-wee, Willy il Coyote e il ragionier Fantozzi ne sono la conferma. La serie inglese “Little Britain” non si concentra tanto su una sequenza di disgrazie, quanto su un gruppo di disgraziat­i. Per farci ridere, basta che aprano bocca, perché la sventura fa ormai parte di loro come un paio di manette di cui si è persa la chiave da anni. In “Quasi amici”, il film fran- cese più visto in Italia, la sottigliez­za d’ingegno che contraddis­tingue la patria di Molière ci permette di ridere anche di fronte a una tragedia irreversib­ile. L’amicizia tra il protagonis­ta tetraplegi­co e il suo badante si divincola tra gli scoraggian­ti dettagli della loro vita quotidiana senza mai abbandonar­si all’autocommis­erazione. Mentre “Storie pazzesche”, il film argentino di maggior successo internazio­nale negli ultimi anni, è una black comedy in cui la scura tragedia e l’annientame­nto reciproco dei personaggi si sposano con una feroce comicità, che definirei esistenzia­le. Da piccolo, la mamma mi chiamava Sadik, perché ridevo con gusto non appena qualcuno aveva un incidente (esclusi quelli mortali o in cui scorreva troppo sangue). Crescendo, però, ho capito che la capacità di ridere per le disgrazie altrui mi ha insegnato a ridere anche delle mie. E questo piccolo dono mi ha aiutato immensamen­te nella vita. In fondo, sono grato al piccolo Sadik. Forse, grazie alla sua infantile fascinazio­ne per sciagure e infortuni, sono ora un po’ più felice.

 ??  ?? Foto di Steven Meisel tratte da “Vogue Italia”, gennaio 2010. Sebastiano Mauri è autore di “Goditi il problema” e “Il giorno più felice della mia vita” (entrambi Rizzoli).
Foto di Steven Meisel tratte da “Vogue Italia”, gennaio 2010. Sebastiano Mauri è autore di “Goditi il problema” e “Il giorno più felice della mia vita” (entrambi Rizzoli).

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