TECHNO LAB. Magie della chimica, by Guido Romeo.
Un algoritmo è in grado di spiegare come si manifesta la felicità. Ma il motore più profondo del nostro benessere si nasconde nelle differenti sequenze genetiche
La felicità è dentro di te. Sembra un mantra yoga, ma genetica e algoritmi stanno finalmente svelando le basi di quest’emozione centrale sia per la nostra salute sia per quella dell’economia, visto che i meccanismi di gratificazione sono il sacro graal non solo del marketing, ma anche dei processi macroeconomici. L’ultima scoperta arri- va dall’Università di Berkeley, in California, dove Shiry Ginosar ha dato in pasto ai suoi computer 150mila foto prese dagli album scolastici statunitensi per ricavarne un’inedita analisi di come è mutato il sorriso degli americani nell’ultimo secolo. Il team californiano ha messo a punto un algoritmo per riconoscere la curva delle labbra mostrando che, nel corso degli anni, è divenuta sempre più pronunciata. Soprattutto tra le ragazze cui più spesso arriva fino agli occhi per formare quello che è conosciuto come il “sorriso di Duchenne” – dal neurologo francese che l’ha individuato –, che coinvolge il più alto numero di muscoli facciali, dagli zigomatici a quelli che circondano le orbite oculari. La computer vision, che permette di analizzare rapidamente migliaia di volti, è anche al centro del progetto internet “Selfiecity” in cui sono confrontati gli autoscatti provenienti da cinque global cities: New York, San Paolo, Berlino, Mosca, Bangkok. In questo caso il dato interessante è che i più musoni sono i maschi russi e americani (sorridere è poco macho…), mentre le brasiliane sembrano le più felici e i berlinesi i più equilibrati nel rapporto tra sorrisi ma- schili e femminili. Ma il sorriso non è che l’ultima e più esteriore manifesta- zione del nostro umore. Dietro a esso ci sono fenomeni sociali e culturali – come le rivoluzioni del costume degli anni Settanta –, e ancor più la biochimica. A monte di qualsiasi contrazione dei nostri muscoli facciali ci sono, infatti, molecole come gli endocannabinodi, molto simili a quelli estratti dalla marijuana, ma prodotti dal nostro corpo, e un pugno di altre moleco- le come la dopamina, associata ai meccanismi di gratificazione, e l’ossitocina, la molecola dell’amore che aiuta anche la formazione del legame madre-figlio. Questi neurotrasmettitori non sono però nient’altro che una cinghia di trasmissione tra noi e il vero motore della felicità, i nostri geni, i quali sembrano molto più importanti delle condizioni economiche e sociali che ci circondano. L’ultima conferma arriva dalle ricerche di Michael Minkov, dell’Università di Varna, in Bulgaria, che ha confrontato la genetica di diverse popolazioni con il profilo di felicità nazionale della World Values Survey, dove sono utilizzati dati raccolti tra il 2000 e il 2014. A quanto pare, ha più probabilità di essere felice chi possiede la variante A di un parti- colare gene, il Faah, coinvolto, guarda un po’, nella sintesi di varie molecole come quelle associate al sonno e alcuni endocannabinoidi. La correlazione tra la frequenza della variante strutturale e la felicità della popolazione è schiacciante in Ghana, in Nigeria e in generale nell’Africa occidentale, Messico e Colombia. La felicità, insomma, è anche questione di fortuna, genetica.