Tutto questo futuro
Fotografia di moda, fotografia d’arte, testi scritti a mano (tra cui uno, molto famoso nel fashion system): per quelli come Coco Capitán i confini della creatività sono fluidi
«Tutte queste regole francesi», dice Coco Capitán con un sorriso mentre si accascia sulla sedia su cui la cameriera, con riluttanza, l’ha autorizzata a sedersi. È domenica mattina, sono appena passate le 10,30 e su rue Saint-Honoré piove a dirotto. Dato che dentro c’è troppo rumore per una conversazione come si deve, ho prenotato un tavolo fuori: siamo a Le Castiglione, la mensa non ufficiale della moda parigina. Sally Singer di “Vogue” americano, tre tavoli più in là, sta chiacchierando con un amico che fuma il sigaro. Sergio Zambon si ferma a salutare. Ci fa un salto anche Emanuele Farneti per una ricarica di caffeina pre-Balenciaga. In parte grazie al suo lavoro fotografico e grafico con Gucci, Miu Miu, Mulberry e Paco Rabanne (per cui ieri notte ha scattato l’a/i 2017-18, rimanendo sveglia fino a tardi), la ragazza davanti a me potrebbe senz’altro essere pronta per rivendicare il suo posto nel fashion establishment. Capitán, 25 anni, si è laureata al Royal College of Art di Londra solo l’estate scorsa e oggi, sotto il morbido tailleur gessato, indossa una felpa dell’università. Ordina un caffè americano, uova strapazzate e salmone e poi chiede se posso oscurare l’icona lampeggiante della “registrazione” sul mio smartphone: «Mi rende consapevole del fatto che mi stanno registrando: lo puoi spegnere così non ci penso?». L’inconsapevolezza – quanto meno apparente – è un tratto spiccato che sembra caratterizzare il lavoro di Capitán, almeno agli occhi di questo critico inesperto. Gli autoritratti, i simil-reportage meditativi, le campagne pubblicitarie e i testi a lettere maiuscole fintamente naïf, sono tutti accomunati da una patina di spontanea