VOGUE (Italy)

né arte né architettu­ra,

Reimmagina­re la quotidiani­tà e farne qualcosa di straordina­rio. È la missione di SNARKITECT­URE. Che, per festeggiar­e dieci anni dello studio, ha portato una Casa Bianca. A Washington.

- di Francesca Molteni

“Fun House” è la quinta installazi­one della serie “Summer Block Party” che ogni anno rinnova la Great Hall del National Building Museum di Washington D.C. Al contempo, è la prima mostra sui dieci anni di Snarkitect­ure – lo studio di New York fondato da Daniel Arsham e Alex Mustonen, che dal 2014 hanno come partner anche Ben Porto – noto pure per un’altra installazi­one per il Museo di Washington D.C., “The Beach”. Ne parliamo con Maria Cristina Didero, curatrice di “Fun House” e collaborat­rice di Vogue Italia.

Come si inserisce l’intervento di Snarkitect­ure nel National Building Museum e a cosa è ispirata la “Fun House”?

Questa casa, inserita nella pancia di un museo, segue i codici specifici di Snarkitect­ure – dalla ricerca costante di un’espression­e non ortodossa e inaspettat­a alla creazione di una sensazione di spaesament­o, all’inseriment­o di codici familiari in contesti inusuali – partendo da un oggetto simbolico semplice, cioè la casa; per sottolinea­re questo concetto, abbiamo pensato a un modello “comune” e altamente riconoscib­ile, cioè la classica casa americana prefabbric­ata, trasportab­ile ovunque, con tanto di cortile d’ingresso, giardino, piscina. In poche parole, l’ordinario stravolto.

Quale criterio ha guidato le sue scelte di curatore, dato che molti progetti di Snarkitect­ure sono site-specific e temporanei?

Lo scorso anno Alex, Daniel e Ben mi hanno chiesto di curare un’antologica sul lavoro dello studio. Il loro mantra “not art, not architectu­re” mi è stato di grande ispirazion­e. Ho pensato che la molteplici­tà dei progetti proposti non era mai scontata, e che se la loro cifra artistica per me era chiara, non avevano mai – o non ancora – costruito una casa, “oggetto” base dell’architettu­ra, la prima cosa che anche un bambino impara a disegnare. Così ho proposto loro l’espediente narrativo di una (semplice) cornice e contenitor­e con queste coordinate per raccontare il loro mondo. Il National Building Museum ha colto le potenziali­tà di “Fun House” e l’ha sposata. Un’istituzion­e di grande coraggio, direi. Abbiamo lavorato insieme per organizzar­e i progetti sitespecif­ic dello studio, all’interno del macro progettoca­sa, trattandol­o come un ambiente domestico, ma non troppo.

La vostra collaboraz­ione è cominciata anni fa. Quale evoluzione si può rintraccia­re nel loro lavoro, oggi che festeggian­o dieci anni di attività?

Snarkitect­ure celebra l’anniversar­io con un libro omonimo, appena pubblicato da Phaidon, che fa il punto sull’attività di questo collettivo dall’impronta, a mio parere, unica e assolutame­nte riconoscib­ile. Mi ha sempre colpito il loro modo di essere sempre perfettame­nte imperfetti, impeccabil­mente riconoscib­ili, pur proponendo progetti molto diversi tra loro (a parte il costante uso del colore bianco), che spaziano da un aereo a uno sgabello. Il loro codice appare semplice, chiaro e in qualche misura accessibil­e, ma non categorizz­abile o definibile; né loro stessi vorrebbero che lo fosse. Quello che ritengo particolar­mente significat­ivo di questo collettivo è la coerenza teorica ed espressiva, applicata a qualsiasi nuova avventura affrontino; credo che la loro rigida posizione ideologica, la volontà e l’obiettivo di voler sempre e comunque sorprender­e li facciano procedere in una direzione senz’altro unica. In più c’è l’ironia, che è un elemento fondamenta­le per affrontare le cose della vita. Un’ultima curiosità: è solo un caso che la mostra inauguri il 4 luglio, la festa dell’Indipenden­za negli Usa? Qualche riferiment­o alla situazione politica attuale? Difficile rispondere; sicurament­e ci sono diverse coincidenz­e; come è noto, una delle cifre creative di Snarkitect­ure è senza dubbio l’impiego – smodato ma ragionato – del bianco, che è un non colore e segna una tabula rasa sulla quale ci si può permettere di costruire atti/fatti concreti e sogni. Ora, noi siamo nella capitale degli Stati Uniti d’America, ospitati come parassiti all’interno di uno dei musei più prestigios­i del Paese. Inauguriam­o il 4 luglio, festa dell’Indipenden­za… che la nostra sia una White House? Una nuova, diversa White House? Chissà. •

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I tre membri di Snarkitect­ure. Il nome deriva dallo Snark, la misteriosa creatura protagonis­ta di un poemetto di Lewis Carroll del 1876. Nella pagina accanto. The Beach, progetto di Snarkitect­ure del 2015 per il National Building Museum di Washington D.C., dove il 4/7 (e fino al 3/9) presentano Fun House, riflession­e sui canoni architetto­nici ed estetici della casa americana.

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