LE ALI DI VITTORIA,
La Ceretti protagonista di tre copertine per il numero di settembre di Vogue Italia.
Vittoria Ceretti ha da poco lasciato la sua casa in cima al Queens per trasferirsi nel West Village di New York, dove ha avuto inizio questo progressivo italian job che l’ha resa la modella italiana più importante del mondo.
«Ero vestita di nero, magliettina e jeans, la tenuta neutra che si utilizza per presentarsi ai casting e fare le polaroid», ricorda, felice che quel tempo di gavetta, quell’obbligo di esserci sempre nella speranza di poter esserci un giorno, sia passato. Ricorda la fila di colleghe fuori dal teatro di posa di Bank street e il book portato sottobraccio, con le prime declinazioni del suo volto e del suo corpo ancora da ragazza (aveva diciassette anni, ora ne ha venti). Tratti somatici che negli ultimi anni si sono trasformati ulteriormente e in un certo senso selvaggiamente. E non solo per via della naturale evoluzione legata all’età: mento sempre più sottile, occhi sempre più grandi, un’immobilità quieta del corpo usata come livello zero della fotografabilità. Adattamenti somatici inconsapevolmente accolti come per meglio aderire all’ambiente e all’estetica del fashion system, che ora unanimemente la osanna.
«L’avevo conosciuta due anni prima a Parigi. Quel mattino notai il suo nome e m’illuminai: erano anni che non si vedeva una ragazza italiana a certi livelli», ricorda Piergiorgio Del Moro, tra i più richiesti casting director del mondo, che quel giorno dirigeva le operazioni per Alexander Wang e non ha più smesso di volerla e di proporla, in ogni progetto in cui è stato coinvolto. «Ricordi?», sorride Vittoria, «mi venisti incontro e così, un po’ “aumma aumma”, ammettiamolo, mi facesti passare davanti a tutte le altre». Tre anni dopo, eccoli qui che si raccontano a vicenda, su un divanetto del Four Seasons di Milano, poco prima che lei calchi la passerella della sfilata Versace Uomo per l’estate 2019. «Fu Piergiorgio a presentarmi a Donatella, durante un fitting, non ricordo precisamente l’anno. Da allora, credo di non aver mai saltato una campagna Versace, lavorando tra gli altri con Bruce Weber, uno dei miei tanti sogni realizzati» (ancora da realizzare, quello di scattare con Tim Walker, ndr).
Ciascuno nel suo raggio di competenza e con relativo esercizio di potere, sono tanti i creativi e i protagonisti italiani che hanno soffiato tra le ali di Vittoria, durante questa veloce e inesorabile ascesa: l’agenzia Elite ovviamente, che l’ha lanciata dopo la conquista dell’Elite Model Look 2012. Giorgio Armani che, ancora sconosciuta, la faceva sfilare a Parigi per la linea Privé. E Dolce&Gabbana, che agli inizi le offrirono un contratto di tre anni come testimonial della loro linea beauty. Quindi Fendi, supporter antica e convinta. Bottega Veneta. E Givenchy con Riccardo Tisci. «Altrettanto frequentemente, però, non veniva compresa, forse per una tendenza tutta italiana all’esterofilia», ricorda Del Moro, che sente in comune con lei alcuni tratti da destini incrociati, anch’egli spinto a lasciare l’Italia in favore di New York per trasformare i molti “no” che riceveva come aspirante casting director in una lunga teoria di “sì”. «Quando mostravo le sue foto dicevano che aveva una bellezza troppo classica, caratteristica che per me era e rimane la sua forza. Il fatto d’incarnare tutti gli archetipi dell’italianità più cinematografica: un po’ la Monica Bellucci di Richard Avedon, un po’ Virna Lisi, un po’ Monica Vitti. Una beltà-nazione, come la Marianne per la Francia».
Ora, ammette Piergiorgio, il lavoro è diventato semplice. Dopo che Vogue Italia le ha dedicato la prima cover nel luglio 2016, altro tassello decisivo del suo lancio. Dopo che “Vogue” Usa l’ha inclusa tra le sette meraviglie del mondo in una copertina del febbraio 2018. Dopo che Chanel l’ha consacrata volto della sua linea beauty. Dopo aver calcato le passerelle di Dior a Parigi, Prada a Milano e Proenza Schouler a New York. Tutti la vogliono.
E ancora più facile il lavoro lo sarà dopo questo numero di Vogue Italia, che l’ha chiamata a interpretare tre storie di copertina legate ai temi della nascita, della vita e del paradiso per l’obiettivo di Mert & Marcus, Inez & Vinoodh e Willy Vanderperre. «Sono passata da atmosfere angeliche alla brutalità multicolore, fino a un bosco gotico che rappresentava la fine», racconta Vittoria di ritorno da una settimana in Canada, a pescare sui laghi con l’amica e collega Kaia Gerber. «È stata un’esperienza meravigliosa, che mi ha toccata profondamente. Mi convincerò che sia stato tutto vero solo quando vedrò pubblicato il numero della rivista».
Pur vivendo entrambi a New York, fuori dal lavoro Piergiorgio e Vittoria non si frequentano mai. Ma il rapporto di reciproca gratitudine rimane saldo e sedimentato nel tempo. «Le prime sfilate per l’alta moda parigina, nel 2014, le ho fatte anche grazie a lui», riconosce, mentre Del Moro si schermisce: «La verità è che Vittoria è in grado di stabilire rapporti diretti con i protagonisti, dai designer ai fotografi. Ormai mi chiedono tutti sempre e solo di lei, per la sua bellezza, la sua pacatezza, l’educazione e la dedizione». Ha fatto così Steven Meisel, per l’ultima campagna Moschino. E idem Pierpaolo Piccioli, per l’ultima di Valentino affidata all’obiettivo di Juergen Teller.
Vogliamo Vittoria, dicono a Piergiorgio. Allora sta a lui comporle intorno un mosaico di volti e presenze che non sia oscurato da quella perfezione di zigomi e incarnato. «La scartavano per quella bellezza non sufficientemente imperfetta, mentre ora fanno la fila per averla», dice con un pizzico di soddisfazione appuntita, un po’ sua e un po’ di riflesso. «Il problema è che per molti di loro Vittoria ora non ha più tempo». Lei sorride senza traccia di rivendicazioni. Gli occhi, al posto di affilarsi, le si aprono ancor di più. Non muove un muscolo. È vero, sembra pensare. È semplicemente così. • Qui e in apertura. Due ritratti della top model italiana Vittoria Ceretti, vent’anni. Blusa di seta VALENTINO; orecchini a clip “Smoking Fish” a forma di lisca di pesce snodata con pavé di cristalli bianchi SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO.