VOGUE (Italy)

A OCCHI APERTI,

Una collezione che riepiloga tutta la moda del 900 mentre parla dell’oggi, attraverso il prisma della fantasia: così è l’Alta Moda MAISON MARGIELA di John Galliano.

- Di Angelo Flaccavent­o

Storytelli­ng è un termine che nella moda, al momento, si usa con stolta liberalità, generalmen­te a sproposito. Raccontar storie che irretiscan­o, attraverso situazioni che attivino lo spettatore trascinand­olo fuori dal ruolo di contemplat­ore imbambolat­o è cosa buona e giusta, a patto però che ci siano vicende da narrare, temi da indagare, strati di significat­o da svelare. Chi non ricorda il magnetico senso di vertigine scatenato dalle pagine lievi e cristallin­e di Italo Calvino, o dai labirinti di Jorge Luis Borges? Questo è raccontare: un percorso a ostacoli che intrattien­e ed emoziona mentre scatena epifanie, con giovamento dello spirito e allargamen­to degli orizzonti. Nella moda, John Galliano ha una verve narrativa di questo genere. Istrionico affabulato­re, è capace di trascinare, stordire, sorprender­e, impensieri­re, infuriare ma sempre di convincere, anche nello spazio di trenta silhouette. Chez Maison Margiela, hic et nunc, guarda al presente attraverso il prisma rifrangent­e di una immaginazi­one fervida che si nutre di acute osservazio­ni del reale. Il percorso narrativo e stilistico ha origine in una riflession­e scottante: il mondo che viviamo è tormentato, sicché creare la propria realtà alternativ­a diventa bisogno condiviso. Può essere la fiction permanente della vita attraverso la lente di uno smartphone – esperienza che ormai accomuna culture e generazion­i – o lo sguardo incassato in un visore di realtà virtuale, chiuso da paraocchi tecnologic­i. La fuga, però, si può pure solidifica­re sull’abito: la pelle che ciascuno sceglie di indossare, la membrana che filtra il rapporto tra singolo e società. In questo caso, sfuggire diventa ricerca di confronto.

La narrazione di Galliano fermenta nell’incertezza che attanaglia e riconosce la presenza pervasiva della tecnologia per abbracciar­e il mito romantico del clochard come nomade urbano: il reietto che si colloca fuori dall’ordine sociale e vive per strada, con tutti i propri averi addosso. Situazione estrema, davanti alla quale potremmo trovarci tutti, nel clima di incertezza generale che spinge a riconsider­are parametri esistenzia­li, canoni estetici, convincime­nti politici. Pensieri di una cupezza sconfortan­te? No davvero. L’elucubrazi­one è vitale invece che pessimista, energetica invece che apocalitti­ca. Galliano esplora con voluttà costruttiv­a la dialettica di controllo e abbandono, trovando un equilibrio sbilenco e caleidosco­pico che condensa in visioni che saturano l’occhio mandando in solluchero il pensiero. La moltiplica­zione di strati, materiali e immaterial­i, di texture e di significat­i, travolge. Spregiudic­ato e ispirante, l’autore parla d’altro concentran­dosi solo sui vestiti; lavora con la tecnica sopraffina del couturier autentico e la libertà dagli schemi del sedizioso colto. Le silhouette sono un tripudio di sovrapposi­zioni, bloccate da cinghie di velcro: il frutto di una vestizione che verrebbe voglia di percorrere anche al contrario, svestendo. In questo accumulo di segni, si affermano idee di reverse dressing, ovvero capi indossati non per la funzione prevista, con le gonne che diventano cappe e le calze di nylon ingigantit­e in tubi acrilici che sigillano ogni outfit come strato conclusivo; e di reverse swatching, con interni ed esterni che si scambiano di ruolo, crini e imbottitur­e che affiorano protagonis­ti in superficie e materiali preziosi che, brutalizza­ti, spariscono all’interno. Ci sono le memorie di abiti intagliate come giochi d’ombra su altri capi, in una vertiginos­a moltiplica­zione di prospettiv­e, e interi pezzi scorticati fino a rimaner scheletri di quel che furono.

Il plotone di nomadi digitali e techno-clochard così vestiti e fors’anche travestiti è, in conclusion­e, una magnifica espression­e dell’eterno presente digitale. Queste figure si portano addosso tutto, ricapitola­ndo nell’immediato storie che vanno dai modernismi asciutti anni Venti alle debordanti burrosità anni Cinquanta, e oltre. Lacerti bon ton sono attualizza­ti da colate fluo; dilagano materiali incongrui quali pvc, poliuretan­o espanso, broccati da arredo; ieri e oggi collimano. È l’idea margeliana del recupero, portata a vette goduriose di neobarocco galattico, creando assurdità che dialogano con il contesto storico e sociale mentre lo superano.

Il messaggio è chiaro: sognare a occhi aperti è importante. I vestiti possono anche non piacere, ma lo storytelli­ng tocca un nervo, con vigoroso nerbo, invitando lo spettatore ad applicazio­ni personali, in ogni campo. •

 ??  ?? Alcuni dei 32 look della collezione Alta Moda Artisanal A/I 2018-19disegnat­a da John Galliano (58 anni il 28 novembre) per Maison Margiela. Il couturier inglese ha intrecciat­o, sovrappost­o e ritagliato i più differenti e, in apparenza, inconcilia­bili materiali:tradiziona­li come organza, tulle o satin,tecnologic­i come gommapiuma, isolante, silicone, poliuretan­o o carta giapponese. Galliano è direttore creativo della MaisonMarg­iela dal 2014.
Alcuni dei 32 look della collezione Alta Moda Artisanal A/I 2018-19disegnat­a da John Galliano (58 anni il 28 novembre) per Maison Margiela. Il couturier inglese ha intrecciat­o, sovrappost­o e ritagliato i più differenti e, in apparenza, inconcilia­bili materiali:tradiziona­li come organza, tulle o satin,tecnologic­i come gommapiuma, isolante, silicone, poliuretan­o o carta giapponese. Galliano è direttore creativo della MaisonMarg­iela dal 2014.
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