VOGUE (Italy)

Style/La Storia il tesoro del maharaja,

- Di Lella Scalia di Marta Galli

In viaggio nel Rajasthan più segreto con LUCIA SILVESTRI, direttrice creativa di Bulgari, che qui da trent’anni va a caccia delle pietre più preziose.

Lucia Silvestri ordina tè Masala e un toast. È un rituale immutabile, nel giardino del Rambagh Palace a Jaipur, con un tappeto sonoro di flauti a colazione.

Poco dopo, in uno dei salottini del palazzo – grand hotel internazio­nale già residenza del maharaja –, è pronta all’incontro con due indiani mercanti di gemme, con le maniche corte e i trolley “farciti” di antichi tesori. Una collana di topazi d’epoca georgiana e altre meraviglie sono imballate nelle scatole di plastica della merceria, avvolte nelle pagine strappate dai giornali. Sono oltre trent’anni che Silvestri viene in Rajasthan a caccia di pietre ed è mostrando il consueto aplomb che prende a esaminare la merce. Le dita aprono svelte, ma altrettant­o rapidament­e richiudono, le cartine con dentro gocce di smeraldo e, mentre lievita la pila degli scarti, cresce lo sconforto sul volto dei venditori. Solo un collier di diamanti provenient­i dalla leggendari­a – ormai esaurita – miniera di Golconda riesce a dare un brivido, che per un momento le fa dimenticar­e di essere la direttrice creativa di una blasonata maison di gioielleri­a, nonché severa executive director responsabi­le degli acquisti dei preziosi. È una donna rapita dal sogno, per un attimo. «Ma non abbiamo un cliente per questo», sentenzia interrompe­ndo bruscament­e il vagheggiam­ento. E i brillanti dovranno tornare nelle scatole della merceria.

Non aveva ancora vent’anni Lucia Silvestri quando ha iniziato a lavorare per Bulgari. Doveva essere una sostituzio­ne temporanea. «Finiti i sei mesi torno a studiare biologia», aveva detto al padre. Poi un giorno, è toccato a lei portare un documento nell’ufficio di Paolo Bulgari. «Sparse sul suo tavolo c’erano pietre meraviglio­se; ero timida, ma cominciai a toccarle», racconta. «Le piacciono?», fece lui. «Possono non piacere?», ha risposto.

Congedati i due mercanti, Lucia promette al manipolo di occidental­i che l’accompagna di portarli ad assaggiare la famosa bevanda indiana di latte fermentato – il miglior lassi in città è distribuit­o nei bicchieri di coccio a un angolo di strada. Eccoci così nel trambusto della Pink City, dove le regole della precedenza equivalgon­o alla legge del più forte. Unica metropoli indiana sviluppata su pianta regolare, con le strade che si biforcano all’angolo destro, Jaipur deve il suo impianto nel XVIII secolo al maharaja Jai Singh II, il quale diede impulso ai commerci invitando banchieri e mercanti a costruire le loro haveli (case) nella nuova capitale: in particolar­e, scrisse lettere ai commercian­ti giansenist­i, stirpe votata alla non violenza e al vegetarian­esimo, che tuttora controlla gli scambi di gemme.

Proseguend­o lungo la direttrice principale, giungiamo al quartier generale di uno dei fornitori di fiducia di Lucia. Mr V. sfoggia il physique du rôle dell’attore bollywoodi­ano, è tutto vestito firmato e ha imbandito sul tavolo un eldorado di pietre grezze: citrini, calcedoni, spinelli, rubini, smeraldi, zaffiri. È qui che Lucia sa di poter fare una buona selezione, e non passerà molto tempo perché cominci a schizzare l’idea di un gioiello. Intanto qualcosa viene mandato al laboratori­o al piano di sotto, dove gli artigiani sono pronti a molare e sfaccettar­e. «Si perde qualche carato, ma in questo modo la pietra comincia a essere attraversa­ta dalla luce e rivela la sua personalit­à»,

Poco dopo è pronta all’incontro con due indiani mercanti di gemme, i trolley farciti di antichi tesori. Una collana di topazi e altre meraviglie sono imballate in scatole di plastica della merceria, avvolte nelle pagine strappate dai giornali. Le dita aprono svelte le cartine con dentro gocce di smeraldo.

spiega. «Non è questione di perfezione, ci interessan­o quelle con carattere».

Spiega che a volte ci vogliono mesi, se non anni prima di ottenere tutti gli elementi giusti per un prodotto di alta gioielleri­a, a meno che questi non arrivino dalla stessa pierre brute. A proposito, si dice che Mr V. ne possegga una di quattro chili, rinvenuta una decina di anni fa in Namibia dove stava abbandonat­a in un sacco come un sasso di poco conto: è lo smeraldo che lui e Lucia chiamano affettuosa­mente “The Baby”. E appunto, dopo essersi fatto pregare, scompare e riappare orgoglioso con “il bimbo” tra le braccia. I rari pezzi di queste dimensioni sono oggetto di una sorta di curioso feticismo. I racconti sui grezzi, nell’ambiente, si sprecano. Mr V. riferisce di un amico a Londra che usava un enorme rubino incastonat­o nella sua scorza come fermaporta, ignorandon­e il valore. «Quando ti deciderai a tagliarlo?», lo incalza lei indicando l’imponente berillo, e l’altro: «Ti prometto, Lucia, che troverò quel che ti serve, ma questo...».

«È certamente un rischio», nota la direttrice creativa fuori di lì, mentre risaliamo sull’auto blu. «Un esemplare del genere può racchiuder­e il più splendente degli smeraldi come la più cocente delusione». Tagliare è sempre una questione delicata. Lucia ha un aneddoto memorabile. «Aspettano a fine giornata, quando sono più stanca, per tirare fuori i pezzi migliori». Quella volta un altro commercian­te di Jaipur – che per ragioni di riservatez­za chiameremo Mr R. – estrasse un cofanetto nero che custodiva una partita di smeraldi cilindrici cavi al centro, così da poter essere infilati su una collana indiana, e iniziò a cantarne le lodi. «Non sono Bulgari», lo fermò lei. «Troppo scuri e opachi. Dovresti dividerli in due, per far entrare la luce». Si rese conto che il rischio che le pietre si frantumass­ero nel tentativo di sezionarle era decisament­e alto e capì la titubanza del venditore. Se ne andò. L’anno seguente però a New York, incontrand­olo di nuovo, riapparve lo stesso cofanetto. Dentro gli smeraldi: alcuni non avevano resistito al taglio, ma gli altri erano di eccezional­e bellezza. (Sarebbero diventati uno scultoreo bracciale acquistato, seduta stante, da una giapponese a Porto Cervo).

La nostra ultima tappa è proprio il giovane Mr R., nella sua villa progettata di fresco da architetti di grido con tanto di giardino indoor, spa, cinema e ampio salone-bar. E dopo un pranzo con tutta la sua famiglia – perché qui

il commercio è tale, un affare di famiglia – lui e Lucia s’involano verso la trattativa.

Lucia Silvestri è un caso raro nell’ambiente, praticamen­te il solo, di creativa e buyer. Un ruolo, quest’ultimo, che la proietta in un mondo di uomini. «Signora, è una delle poche donne con cui ho avuto piacere di fare affari», le disse un mercante ebreo. I fratelli Bulgari hanno ceduto solo a lei questo compito. Sul tavolo della negoziazio­ne si trasforma, gioca, recita, e mostra la sua insospetta­bile tenacia. «A volte la vita ti mette in situazioni che non avevi programmat­o e ti fa scoprire qualità che mai avresti pensato di avere. Pensare che da ragazza ero così timida da vergognarm­i anche a tenere in mano una sigaretta in pubblico». Negli anni Settanta, mentre l’impero dei maharaja andava in frantumi, grandi tesori si riversavan­o in Occidente via Parigi. Ora è lei a risalire la filiera qui, come in Sri Lanka, in Zambia, Namibia o in altre remote destinazio­ni, per scovare le pietre colorate più esuberanti, «l’anima del settore creativo di Bulgari», e dare così vita alle combinazio­ni eterodosse di preziose e semiprezio­se che sono la cifra della maison, e di Lucia. Lei mescola, si diverte, sa perfettame­nte che i gioielli non valgono per la cassaforte, ma devono essere soprattutt­o una gioia. Come scendere dall’auto blu e bere un lassi sul marciapied­e di Jaipur. •

Silvestri è un caso unico nell’ambiente, assieme creativa e buyer. Un ruolo che la proietta in un mondo di uomini. «Signora, è una delle poche donne con cui ho avuto il piacere di fare affari», le disse un mercante. I fratelli Bulgari hanno ceduto solo a lei questo compito.

 ??  ?? Lucia Silvestri, Bulgari Jewelry Creative Director, a Jaipur, in Rajasthan.
Lucia Silvestri, Bulgari Jewelry Creative Director, a Jaipur, in Rajasthan.
 ??  ?? Una collana di perle di smeraldi e una selezione di pietre semiprezio­se; si riconoscon­o rubelliti, ametiste, granati mandarini, peridoti, topazi, citrine, smeraldi, acquemarin­e. Nella pagina seguente. Un grande pezzo di rubellite del Mozambico, una delle tormaline più ricercate per la purezza del cristallo e la classicità del colore rosso.
Una collana di perle di smeraldi e una selezione di pietre semiprezio­se; si riconoscon­o rubelliti, ametiste, granati mandarini, peridoti, topazi, citrine, smeraldi, acquemarin­e. Nella pagina seguente. Un grande pezzo di rubellite del Mozambico, una delle tormaline più ricercate per la purezza del cristallo e la classicità del colore rosso.
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