L’Icona emporio armani
Perché una sfilata in aeroporto? E come nasce il celebre logo con l’aquila? In 10 punti (più 2) la vera storia di EMPORIO ARMANI, raccontata dal suo fondatore.
Ricapitolare il percorso di un brand storico come Emporio Armani non è facile, occorre il distacco del tempo e l’amore di chi l’ha creato. Per questo, l’indomani di una sfilata-evento come quella tenuta all’hangar dell’aeroporto di Linate e 37 anni dopo l’apertura del primo Emporio, abbiamo chiesto di farlo proprio al suo fondatore. Perché scegliere di sfilare in un aeroporto.
Dopo le sfilate a Parigi e a Londra, era giunto il momento di fare qualcosa di importante per Emporio Armani a Milano: un ritorno alle origini, là dove tutto è cominciato. La scelta di Linate è stata naturale: l’hangar con il logo c’era già.
Perché legare Emporio a un hangar aeroportuale. L’aeroporto cattura lo spirito aperto e globale di Emporio Armani e la sua radice milanese. Linate è uno dei simboli di Milano perché parla dell’internazionalità, dell’innovazione di questa città che da sempre è riferimento estetico ed etico del mio mondo. Volevo un luogo che fosse sinonimo di viaggio come occasione di incrocio, avventura, libertà. Gli stessi valori del marchio.
Come nasce l’idea di Emporio Armani.
All’inizio degli anni 80 realizzai che avrei potuto rivolgermi a un pubblico potenzialmente molto vasto, che non era lo stesso del mio prêt-à-porter. Ebbi così l’intuizione di offrire un prodotto facile e accessibile ai più giovani. Il denim all’epoca era la parte centrale dell’offerta. Nessuno stilista aveva mai pensato di fare jeans. Fui criticatissimo per questa scelta considerata azzardata. Ma il pubblico e il tempo mi hanno dato ragione. Perché il nome Emporio.
Mi piaceva l’idea di un luogo in cui si potesse trovare di tutto e a un giusto prezzo. Quell’idea è ancora valida oggi: per me Emporio è un contenitore di capi, accessori e idee, destinato a un pubblico trasversale, cosmopolita e metropolitano.
Perché un aquilotto come simbolo.
Nacque per caso. Mi viene ancora in mente il momento in cui lo disegnai, mentre ero al telefono, a seguito di una richiesta del mio socio Sergio Galeotti che aveva l’urgenza di definire un logo. Buttai giù lo schizzo, senza troppo pensare, e quel simbolo di irraggiungibilità lanciò il mio nome nell’olimpo dei giovani. Non avrei mai pensato che quel disegno, fatto in fretta, potesse essere un segno così travolgente.
I luoghi più emblematici di Emporio Armani.
Di certo via Broletto, dove dal 1985 è visibile il grande murale, diventato parte dell’arredo cittadino e dell’immaginario collettivo. Via Durini, dove aprii il primo Emporio nel 1981. L’hangar di Linate sul quale svetta il logo dal 1996, visibile ai viaggiatori in arrivo e in partenza, ma anche via Bergognone con l’Armani/Teatro, iconica sede delle sfilate, e il concept store Armani/Manzoni 31 con l’Emporio Armani Caffè.
Il momento topico del brand, dagli esordi a oggi.
Non uno, ma molti momenti: dal murale a “Emporio Armani Magazine”, dalla campagna con David Beckham a quella scattata dal fotografo Boo George, fino alla sfilata a Linate. Un discorso continuo, di apertura al nuovo, alle idee, alla città. Una lingua che cambia, con indubbia coerenza.
Come avviene la scelta dei testimonial.
Mi piacerebbe dire che nasce tutto da uno studio attento. In realtà seguo molto l’istinto. Mi guardo intorno e cerco di individuare volti che incarnino la filosofia dei
miei marchi, che ne trasmettano lo spirito, con la loro energia e la loro personalità.
Vent’anni dopo è tornato il magazine di Emporio Armani, un giornale di carta nell’era in cui i brand vanno online.
La carta stampata è sinonimo di qualità, di ricerca, di invenzione. Il magazine diventa spazio di riflessione, oggetto da collezione e dura nel tempo. La comunicazione digitale è volatile. Cattura l’attenzione per un momento ma non lascia traccia. Un aneddoto legato a Emporio Armani mai raccontato. Ricordo il giorno in cui venne montata la scritta con l’aquila sull’hangar. Fu divertente sentire i commenti all’iniziativa che mi giungevano man mano. Alcuni stranieri credevano addirittura che avessi comprato l’aeroporto. L’elemento più fondante del dna di Emporio Armani. L’inclusività, che è già nel nome.
Il luogo preferito di Giorgio Armani a Milano.
Brera, con la sua vivacità. Il quartiere in cui abito, al centro del mio mondo. •