Il Personaggio con il vestito buono, di Maria Grazia Meda
Erede della celebre major americana, LIZ GOLDWYN già a 13 anni collezionava abiti. Oggi 300 pezzi del suo immenso archivio personale sono in vendita su Vestiaire Collective. Per una giusta causa.
Scrive e dirige film Liz Goldwyn, nipote del celebre produttore hollywoodiano Samuel Goldwyn. E ama la moda: «A 13 anni mi interessavo già al vintage. Per me c’erano solo gli abiti dei ’40, con le stampe rayon. Io e le mie amiche eravamo poi ossessionate dal look rockabilly, quello con i pacchetti di sigarette arrotolati nelle maniche delle Tshirt che ostentavano i ragazzi più grandi». Liz fuga le perplessità: «“Grease” era passato da un po’, ma a Los Angeles lo stile rétro era incoraggiato e lo è tuttora». Crescendo, ha allargato i suoi orizzonti: «A 18 anni mi sono appassionata agli anni 20 e 30, poi ho scoperto i ’60 e ’70». Oggi, dopo trent’anni, il suo archivio è un pezzo di storia del costume, con corsetti dell’800, rari abiti dei ’40 e pezzi avantgarde del 2000. «Ho capito che stavo facendo qualcosa di “serio” mentre lavoravo da Sotheby’s: avevo 17 anni». Consulente e curatrice per la casa d’aste, Liz ha collaborato tra l’altro al catalogo di vendita dei costumi di Marlene Dietrich e all’allestimento di varie mostre. Felice di indossare, letteralmente, la propria passione – «Ho provato il look jeans e Tshirt, ma non mi corrisponde» –, oggi mette in vendita nelle archive series di Vestiaire Collective 300 abiti scelti tra le migliaia della sua collezione. «Li ho portati tutti almeno una volta, ma ora avranno una nuova vita. Inoltre, parte del ricavato andrà a Dress for Success, onlus che dal ’97 aiuta le donne a raggiungere l’indipendenza economica, e questo mi rende felice». Con nuovo spazio nel guardaroba, Liz pensa ora a nuovi acquisti: «Cerco un miniabito di Geoffrey Beene ispirato alle Tshirt del football americano, un abito da ballo con corsetto di Charles James e un pezzo di Rudi Gernreich della collezione ispirata a Kees van Dongen».•