VOGUE (Italy)

solo un segno agli angoli degli occhi,

Ogni mese, un racconto d’autore dedicato alla copertina di Vogue.

- di Matteo Nucci

«Non è la viola di Afrodite il fiore della bellezza, Socrate. È l’anemone. Il fiore che porta nel suo nome il vento perché si crede che il vento possa strapparlo via, tanto pare fragile, e che invece resiste a tutto, con la sua forza segreta, con la sua bellezza misteriosa. Del resto, come sai, le apparenze ingannano». Socrate guardò Aspasia e non disse nulla. La donna che anni prima aveva lasciato Mileto per trasferirs­i nella capitale del mondo, Atene, e che in pochi mesi aveva sedotto Pericle gli passò il fiore. «Osservalo», gli disse. «Ti spiegherà ogni cosa più di qualsiasi parola».

Lui si girò il fiore tra le dita e lo annusò, poi disse: «Ma Aspasia, tutti dicono che sai spiegare la bellezza meglio di chiunque altro. Io in questo fiore non trovo nulla. Neppure l’odore».

Aspasia allora alzò il viso in un gesto di diniego. Per un attimo, la fronte spaziosa e gli zigomi alti che con la loro strana simmetria avevano stregato chiunque in città brillarono sotto il sole di aprile. Un effetto incomprens­ibile perché, come tutti sapevano, Aspasia non usava cosmetici né trucchi. Solo un lieve segno agli angoli degli occhi rapaci.

«La bellezza è una cosa complessa. E la semplicità da cui la bellezza scaturisce è cosa ancora più complessa. Niente è più difficile della semplicità». Poi iniziò a parlare con la sua cadenza cantilenan­te e ipnotica. Gli disse che non è bellezza quella che seduce nei giovani perché è fuggevole come la primavera. Gli disse che non è bellezza quella delle forme che si reputano perfette perché non esistono misure ideali benché gli artisti ci si arrovellin­o. Esiste solo la bellezza che mostra ciò che abbiamo dentro. È una bellezza priva di orpelli. È ciò che si mostra attraverso lo sguardo, il portamento, il modo in cui si cammina e si gesticola. È quell’apparenza che restituisc­e il nostro carattere. Dunque quell’assoluta semplicità in cui si nasconde la complessit­à del nostro essere.

«Guarda l’anemone, Socrate», disse la donna accennando una improvvisa complicità. «Non trovi che sia uno dei fiori più semplici? Meno appariscen­ti? Eppure seduce come il sangue di Adone e le lacrime di Afrodite da cui fu generato. Seduce con il suo essere forte e lieve come il vento. Il modo in cui ci si mostra infatti manifesta il suo essere. È una semplicità complicata. Lo avevi capito subito, Socrate. L’anemone non seduce con inutili profumi. L’anemone non ha odore». • *Matteo Nucci è nato a Roma nel 1970. Ha studiato il pensiero antico e pubblicato saggi su Empedocle, Socrate e Platone e una nuova edizione del Simposio platonico. Nel 2009 è uscito il suo primo romanzo, Sono comuni le cose degli amici, finalista al Premio Strega 2010. Ha appena pubblicato L’abisso di Eros (Ponte alle Grazie).

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