Editoriale dodici, di Emanuele Farneti
Gennaio è la lettera a un anno appena cominciato, punto a capo e reset, l’inizio di un’avventura nuova. Febbraio è Gisele alle sei di mattina nella cucina di casa sua. Marzo, Steven Meisel che torna a fotografare l’Alta Moda. Aprile è migliaia di persone in fila per visitare gli uffici di Vogue Italia ripensati da otto famosi architetti nei giorni del Salone del Mobile.
Maggio e Luglio sono due copertine per discutere di limiti e confini, appropriazione culturale e politically correct, e l’età giusta per ogni cosa.
Giugno è il ritorno de L’Uomo Vogue con un vestito nuovo, Firenze in festa per i cinquant’anni del giornale che si è inventato il made in Italy. Agosto il compleanno di Madonna in un numero che ha battuto ogni record. Settembre sono gli abiti di Alaïa finalmente in mostra a Milano e una notte di festa per dire grazie a tanti amici.
Ottobre è il volto di Mina come attraverso un prisma: scomposto e rifratto, lontano e vicinissimo, qui eppure altrove. Novembre sono le sale piene di ragazzi venuti a Milano da tutto il mondo per vedere il Photo Vogue Festival, l’Armani Silos che trabocca per una mostra di giovani fotografi italiani, i video di SØlve SundsbØ nelle Sale del Principe a Palazzo Reale. Dicembre è il ritorno su queste pagine di due amici di Vogue Italia che mancavano da un po’, Paolo Roversi e Peter Lindbergh, e la prima volta di un servizio firmato da Grace Coddington.
Partenze e ritorni, prima che tutto ricominci. •