Il Ritorno la prima donna, di Federico Chiara, foto di Paolo Di Lucente
Negli anni Ottanta e Novanta ha abbattuto molti tabù, aprendo la strada a modelle e attrici transgender. Oggi EVA ROBIN’S preferisce il teatro all’arte della seduzione.
Eva, la prima donna. O meglio, in questo caso, la prima transgender da copertina. Nell’81 era già su quella di “Photo” francese. Nuda. Dieci anni dopo di SAMIRA su “Epoca”, LAROUCI accompagnata da un titolo politicamente scorretto. Seducente al punto da far perdere la testa a politici, attori, sportivi, Eva Robin’s è riuscita negli anni ad abbattere tabù (non solo) editoriali. E ha aperto la strada alle numerose donne transgender che, nella moda e nel cinema, rivendicano con orgoglio la loro identità – si pensi a Valentina Sampaio (nata il suo stesso giorno, 10 dicembre), Lea T, Andreja Pejic, Hari Nef, Laverne Cox, Jamie Clayton. Oggi che compie sessant’anni, “mamma” Eva le guarda crescere dalla sua mansarda bolognese con un misto di ammirazione e curiosità.
Chi è Eva Robin’s?
Una volta dicevo: Eva è un bambino che cerca di crescere. Oggi è un adulto che non ha più scampo. Non può nascondersi dietro alla donna ammaliatrice né dietro a Peter Pan, e questo le fa dire, a volte, cose spiacevoli. È un po’ cinica, non sogna più ma vede le cose sotto una luce nitida, tagliente come un bisturi.
Attrice, pittrice o cantante?
Mi diverto a saltare da un’attività all’altra. Certo, in questo modo si fa ancora più fatica a inquadrarmi, visto che già confondo la gente con la mia identità sessuale. Sa che a volte mi scambiano per Maurizia Paradiso? (ride, ndr) Credo dipenda dal fatto che, fuori dal mondo
dello spettacolo, c’è ancora molta transfobia.
Io, fortunatamente, non la vivo. E provo a diventare un po’ sorda, così ignoro i commenti che fanno per strada. Ne ricorda di pesanti?
Mai come quelli che urlavano ad Amanda Lear, e che ho sentito nel 1979 quando facevo la corista nel suo tour “Blood and Honey”! Appena saliva sul palco, la poverina veniva coperta di insulti. Ma faceva finta di niente. Quali sono le modelle transgender che apprezza di più? Lea T è una figura riuscita. A parte il fatto che la vorrei vedere piangere un po’ meno quando va in televisione... Deve essere una ragazza molto sensibile. Anch’io piango – trovo che faccia molto bene sturare i condotti idraulici – ma in casa. (ride ancora, ndr)
Chi è il suo riferimento per lo stile?
Kate Moss, nella moda. Nicole Kidman, nel cinema.
La cosa più difficile cui ha dovuto rinunciare?
Lo spettacolo “Stabat Mater” con Maria Paiato. Me l’aveva proposto il regista Valter Malosti, ma stavo preparando “Giorni felici” di Beckett con Andrea Adriatico. In più, mi era venuta una sordità rinogena perché giravo in bici in pieno inverno. La salute, a una certa età, ci saluta. Si ritiene egoista?
Mi definirei un’egoista generosa. Sono del Sagittario... Il momento top della sua carriera?
Forse con programmi tv come “Lupo solitario” e “Matrioska”, di Antonio Ricci. Ma anche quando finisco un quadro mi sento molto realizzata.
Come definirebbe la televisione italiana?
Un male necessario. La tengo sempre accesa, mi fa compagnia. Non ho più neanche un tavolo da pranzo: ho un vassoio direttamente appoggiato sul letto, davanti alla tv. La copertina che ricorda?
Quella di “Epoca” (qui sotto, ndr), dove indossavo un costume di Norma Kamali. Era stata fatta per il lancio del programma “Primadonna” di Boncompagni, e mi avevano dipinto come un mostro con più tette, diverse gambe, molti accessori. Ma ero una ragazza normale, quindi il pubblico restò deluso!
L’esercizio della solitudine…?
Serve a guardarsi dentro. La confusione non mi aiuta. Sto bene da sola, con i miei animali.
So che ha due gatti Devon Rex, perché le piacciono? Perché sono nudi. Come lo sono stata io in gioventù.
Il suo rapporto con l’arte?
Se non ci fosse, la vita sarebbe insostenibile. È il mio nutrimento principale.
È vero che dipinge anche su quadri preesistenti?
Sì, quelli li chiamo “I rifatti”.
La vita sentimentale come va?
Ho il cuore sfitto, ma diversi amanti che non sanno l’uno dell’altro. Credo che concentrarsi su una persona sola sia un pessimo investimento. È meglio darsi all’arredo. O al giardinaggio.
Come ci si sente a essere un oggetto del desiderio?
In realtà sono un po’ stanchina della commediola della seduzione. Preferisco fare teatro vero.
Che cosa le dà il palcoscenico?
Incontri straordinari, stimoli, esercizio mnemonico. Il teatro, in fin dei conti, mi ha reso più sicura.
Meglio il teatro del cinema?
Il cinema è più facile, ma ti dà una fama volatile. È una forma di espressione ingrata. Con il teatro duri di più. Perché vive a Bologna?
Sono una campagnola, attaccata alle radici e alle sicurezze della casa. Amo la mia vista sui colli. E via del Pratello, dove abito, sembra un paesino.
Ha paura dei sessant’anni?
Be’, insomma… A quest’età comincia l’ammutinamento degli organi. Aggiusti di qua e si rompe di là.
Cos’altro le fa paura?
Equitalia. Prendono certi abbagli… E io certi spaventi! Come vorrebbe essere ricordata?
Con il mio epitaffio: «Qui giace nei sensi sopita / la povera Eva, morta stecchita. / Visto il trottar dei suoi vizi sfrenato / non desta sorpresa il cessare del fiato». •
«Per il lancio del programma “Primadonna” di Boncompagni mi avevano dipinto come un mostro con più tette, diverse gambe, molti accessori. Ma ero una ragazza normale, quindi il pubblico restò deluso».