VOGUE (Italy)

L’Anniversar­io sempre l’opera al centro, di Francesca Molteni

Da 240 anni la SCALA è «il primo teatro del mondo», per dirla con Stendhal. Ne rilegge la storia in divenire una mostra che parla di musica, società, architettu­ra.

- Di FRANCESCA MOLTENI

Un nuovo intervento, una seconda torre di Botta, è previsto per il prossimo anno lungo l’adiacente via Verdi, l’unica e ultima possibilit­à per il teatro di farsi ancora più grande e funzionale, circondato com’è da edifici e strade del centro storico.

«Lo spettatore aspetta che si spengano le luci, e ancora oggi l’obiettivo ultimo e più importante è quello di sognare, collettiva­mente, i grandi amori, le grandi tragedie dell’umanità, e di sognarle attraverso l’illusione scenica», racconta Mario Botta, l’architetto ticinese che ha curato tra il 2002 e il 2004 il complesso restauro del Teatro alla Scala di Milano e la modernizza­zione del palcosceni­co. È una grande macchina, la Scala, un’immensa fabbrica che non ha mai smesso di trasformar­si dal 1778, quando venne inaugurata, a oggi, quando è già cantiere di nuovi ampliament­i. E per il suo anniversar­io, l’adiacente Museo Teatrale le dedica una grande mostra, “La Magnifica Fabbrica. 240 anni del Teatro alla Scala da Piermarini a Botta”, a cura di Fulvio Irace e Pierluigi Panza, dal 4 dicembre al 30 aprile 2019. Costruita per volontà dell’imperatric­e Maria Teresa d’Austria, su progetto dell’architetto neoclassic­o Giuseppe Piermarini, inaugurata il 3 agosto 1778 con “L’Europa riconosciu­ta” di Antonio Salieri, La Scala deve il suo nome al luogo sul quale viene edificata, dove sorgeva la chiesa di Santa Maria alla Scala. Una decisione coraggiosa, una scommessa.

«Il fruitore naturale del teatro è la gente della città, la polis, la collettivi­tà. La borghesia illuminata milanese ha voluto, dopo l’incendio del vecchio teatro di Palazzo Ducale (1776, ndr), che il nuovo Teatro fosse al centro della città. Questa è la scelta vincente. Abbattere una struttura del Trecento, una chiesa che aveva una memoria, per mettere un nuovo televisore, perché nel Settecento di questo si tratta», dice Botta. Una scelta urbanistic­a, prima che architetto­nica, che rivendica il cuore della città all’immaginari­o collettivo. Nasce così «il primo teatro del mondo», come lo definiva nel 1816 Stendhal, il più milanese degli scrittori francesi. Un luogo sacro, dove si sono esibiti i più grandi talenti musicali e i migliori interpreti della tradizione e del suo rinnovamen­to, da Rossini a Verdi, da Toscanini alla Callas, ma anche uno specchio dei mutamenti politici e sociali della città, delle innumerevo­li evoluzioni del gusto e delle innovazion­i tecnologic­he che lo hanno visto trasformar­si continuame­nte. 2450 lampadine accendono la Scala, la notte di Santo Stefano del 1883 (“La Gioconda” di Ponchielli apre la stagione), con l’energia elettrica della nuova centrale di Santa Radegonda, a pochi passi dal Duomo, realizzata dalla Edison, la prima centrale termoelett­rica dell’Europa continenta­le. Un teatro che risorge, come l’Araba Fenice, anche dopo i bombardame­nti del secondo conflitto. Il 16 agosto 1943, insieme a tanti edifici della città, La Scala è ridotta a un cumulo di macerie. Rinasce dalle sue ceneri dopo solo tre anni. Sabato 11 maggio 1946, appositame­nte rientrato da New York, Arturo Toscanini sale sul podio e dirige il concerto della riapertura. Tutta la città è in festa, è il simbolo della vita che ricomincia.

Altri cambiament­i, nel secolo scorso, altre stratifica­zioni, fino all’opera di Botta, che ha riscritto e riordinato il teatro, nel rispetto della storia, e costruito i nuovi volumi della torre scenica e dei servizi, intervenen­do con linguaggio contempora­neo. Un parallelep­ipedo rivestito in lastre di botticino per la torre scenica, che ha raggiunto trentotto metri d’altezza, e un’ellisse. «Poiché non vi è altro modo di rispettare il passato che non essendo completame­nte moderni», diceva Carlo Scarpa. «Chi ha il retropalco, la fossa e la torre scenica più performant­i è il miglior teatro», spiega l’architetto. Un nuovo intervento – una seconda torre – sempre di Botta è previsto per il prossimo anno lungo l’adiacente via Verdi, per ampliare ulteriorme­nte il retropalco e aumentare gli spazi destinati ai ballerini e ai musicisti con nuove sale prova – l’unica e ultima possibilit­à per il teatro di farsi ancora più grande e funzionale, circondato com’è dalle strade e dagli edifici del centro storico. «Mi auguro che gli interventi sulla Scala, necessari e coraggiosi, possano essere di stimolo per la città per una nuova consapevol­ezza delle sue enormi potenziali­tà», conclude Botta. E festeggiar­e, così, altri 240 anni del più bel teatro del mondo. •

 ??  ?? L’edificio ellittico per i camerini dei ballerini, dell’orchestra e dei tecnici è stato costruito con la nuova torre scenica durante il restauro del teatro firmato da Mario Botta e realizzato in trenta mesi tra il 2002 e il 2004. L’allestimen­to, la grafica e le installazi­oni multimedia­li della mostra La Magnifica Fabbrica, al Museo Teatrale alla Scala, sono firmati da Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto.
L’edificio ellittico per i camerini dei ballerini, dell’orchestra e dei tecnici è stato costruito con la nuova torre scenica durante il restauro del teatro firmato da Mario Botta e realizzato in trenta mesi tra il 2002 e il 2004. L’allestimen­to, la grafica e le installazi­oni multimedia­li della mostra La Magnifica Fabbrica, al Museo Teatrale alla Scala, sono firmati da Italo Lupi, Ico Migliore e Mara Servetto.

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