a che gioco giochiamo?, di Lawrence Steele
Forbici e colori, elogio dell’immaginazione e moda come poesia. In una conversazione in forma di mise en scène scritta con il compagno di vita e di lavoro, Francesco Risso racconta il nuovo corso di Marni.
LAWRENCE: C’è una frase che ci accompagna spesso: «La maturità di una persona si misura sulla capacità di tornare alla serietà con cui giocava da bambino…».
FRANCESCO: Sì, Eraclito.
LAWRENCE: Esatto, a che gioco vuoi giocare tu ora? FRANCESCO: Credo sia l’istinto…
Hai presente il «facciamo che…» dei bambini?
Ho in mente quell’immaginazione che ti permette di cambiare avventura dopo cinque minuti o dopo lustri… dipende dall’istinto, dall’ispirazione e da quanto ci si diverte.
C’è molta serietà in questo “child play”. Così spontaneo e così affascinante che mi fa pensare alla celebrazione di qualcosa di gioioso, di intimo, di istintivo appunto…
LAWRENCE: E con chi giochi?
FRANCESCO: Con te! (risata).
Il gioco probabilmente è come un ping-pong nel quale ci si scambia le palline… Prima di tutto fra noi, e ovviamente con il nostro team. Poi c’è un altro livello di gioco, che è la reazione che si instaura tra chi tira e chi riceve. Quando il nostro gioco si irradia verso il mondo al di fuori di noi.
LAWRENCE: Riesci a perderti? Sei più serio, più bambino o più Eraclito?
FRANCESCO: Più Eraclito! (risata). Alterno e mi perdo fra concretezza e slancio creativo. La salvezza è il surf fra queste due onde. È la mia natura. O la mia ossessione? Comunque, per rispondere, sì riesco a perdermi…
LAWRENCE: A proposito di perdizione… parliamo d’amore. Chi sono i Marni Lovers e in che rapporto sei con loro? FRANCESCO: Noi siamo Marni Lovers (risata). Io sono diventato un Marni lover per questo senso di libertà di espressione, di pensiero imprevedibile dall’estetica precisa, quasi naturale.
I Marni Lovers sono quelle persone catturate da “quel frizzantino”. LAWRENCE: Immagino tu intenda le esperienze che hai dedicato ai Marni Lovers nelle ultime sfilate. Io stesso sono rimasto stupito dalla messa in scena ancor prima che iniziasse lo show. Dove vuoi portarli?
FRANCESCO: Mi piace invitare il pubblico a connettere la propria personalità a un’esperienza che può parlare alle anime, permettendo un’interazione reale. E poi c’è un altro aspetto di fascino: gli abiti sono oggetti dotati di vita. O meglio, sottintendono una vita che sta dietro il pensiero che li ha generati.
Io disegno pensando alla storia che questo oggetto ha avuto.
Quello che mi interessa è abbinare a questa storia anche un peso non specifico, un peso di design, il pensiero di un oggetto di cui vuoi far tesoro per molto tempo e non solo per una stagione. LAWRENCE: Tu ogni mattina apri l’armadio e sforbici i tuoi vestiti finché non trovi la “forma che va bene per quel giorno”… Cosa cerchi?
FRANCESCO: (stupito) Sai, questo rituale è interessante perché in realtà non me ne rendo conto. È come una specie di vizio cronico, una malattia che si trasforma in una forma di creatività. In realtà quello che sto cercando è un approccio, una nuova sensazione, aver sperimentato sul mio guardaroba mi aiuta a processare le idee per capire come le lavorerò con il team.
LAWRENCE: Marni è un dialogo. Con chi parli? Con chi parliamo?
FRANCESCO: Marni sta comunicando in maniera aperta, stiamo dialogando con tantissime persone e attraverso molte sfaccettature.
«Contrariamente forse al mantra “compra, consuma, butta”, l’unica cosa è realizzare oggetti-abiti intelligenti, in grado di creare legami intellettuali e affettivi che non vengano spazzati via dal tempo».
Francesco Risso
Una sorta di senso di società, di famiglia, di cerchio.
Questo cerchio è come una “Q”: un cerchio nel quale “la stanghetta” è l’individuo che si dissocia dall’uniformità, pur appartenendole. Dialoghiamo con un pubblico che ha voglia di capire e interagire con il proprio guardaroba.
LAWRENCE: Ora ti chiedo una cosa mettendomi nei panni dello stilista anni 90 che è in me. All’epoca, in reazione alla moda degli anni 80, abbiamo portato la couture in strada. In quali territori passeggia la moda oggi?
FRANCESCO: Ovunque: è sempre più collegata alla personalità. C’è una varietà molto affascinante. In quello che trovi su Instagram o nelle persone che incontri per strada c’è un incredibile senso di tribù, ci sono personaggi che vanno completamente controtendenza, con un livello di interpretazione decisamente amplificato. Oggi quella personalità la trovi per strada e quelle persone sono la moda stessa… Del resto ciò che cerchiamo continuamente sono interpreti vigorosi dell’esperienza, non è così?
LAWRENCE: All’epoca si sfilava, ma poi dovevi aspettare mesi prima che il pubblico entrasse in relazione con le nuove collezioni. Ora, con i social network, il desiderio viene in parte esaudito, in parte pungolato…
FRANCESCO: Oggi sei subito connesso con gli oggetti che vengono presentati negli show. Penso che se la gente potesse averli subito sarebbe ancora meglio, perché siamo tutti viziati dalla velocità. O forse no… non sarebbe meglio. In fondo il tempo è un lusso rarissimo… Bisogna imparare a godere dell’attesa. LAWRENCE: Tu dove passeggi, dove navighi in tutto questo? FRANCESCO: Io non navigo, io sono! (ride)
Sono come una pellicola fotografica che non vede l’ora di essere impressionata da quel che arriva senza controllo. In particolare le persone attivano i miei recettori più di ogni altra cosa.
Che sia l’artista con cui sto lavorando, o la signora che sta passeggiando per strada o io stesso, non cambia.
A quel punto sono attivato e magari vado a comprare dieci Frankenstein su Amazon o su eBay, e da lì sviluppo l’idea dell’ultima sfilata… Quindi le persone sono parte di una continua ricezione di sensazioni, di personalità, di sfumature e di immagini in connessione che fanno sesso tra loro e stimolano un processo.
Si può parlare di IMMAGINIFORNICAZIONE. (ride) LAWRENCE: In che era siamo nella storia di Marni? FRANCESCO: Siamo nell’era della “Ri-evolution”. Penso a un’evoluzione che non si accontenta di se stessa e si rimette in gioco. Nella piccola sillaba “ri” c’è il ritorno a chi siamo. È tornare con i piedi nel posto in cui ci sono le tue origini, dove ci sono le fondamenta di Marni. È l’opportunità più affascinante. LAWRENCE: Vorrei sapere come vivi questo momento storico nella moda.
FRANCESCO: È un momento particolare. Si parla a un pubblico più vasto, che cambia molto rapidamente. Grandi opportunità e collisioni, meno indipendenza, più media anche piccoli per dire grandi cose.
Dal canto mio, sto vivendo un’esperienza meravigliosa. Sono dentro una maison dove si lavora tutti i giorni cercando di creare un’opera inedita.
LAWRENCE: Quando ti ho conosciuto eri rasato, magrissimo, vestito di nero. Oggi sei una specie di portatore di colore e di morbidezze… cosa è il colore per te? Un integratore o un alimento? FRANCESCO: È assolutamente da mangiare. Io mi identifico molto nel colore. Ci sono pochissime cose nere nel mio armadio, e quelle poche cose servono a ridefinire meglio il mio colore o il mio umore dentro il colore.
LAWRENCE: Anche Marni si definisce nel colore? FRANCESCO: Sicuramente la prima impressione che hai di Marni è il forte senso del colore. Colori come segno di carattere e di controversia perché mettono insieme concetti e idee contrapposti. E dietro i colori, le anime degli oggetti e delle persone che li indossano. LAWRENCE: Marni ha un mistero nel suo dna. Come lo descriveresti?
FRANCESCO: Lo descriverei come il trailer riuscito di un gran bel film. Il mistero di Marni risiede in quella scatola dove tutti siamo diversi… Nel nostro team ci sono persone che vengono da tutto il mondo, e questo genera un’opera composta da tante menti. LAWRENCE: E come si fa oggi a divulgare il verbo non tradendo il segreto?
FRANCESCO: FORSE SENZA QUESTA INTERVISTA? (sorride ironico). Un po’ di mistero serve sempre. Quindi bisogna cambiare direzione, o modo di pensare, rimanendo sempre coerenti con se stessi, ma in grado di ribaltare le proprie carte. LAWRENCE: La donna e l’uomo Marni camminano allo stesso ritmo?
FRANCESCO: Assolutamente sì… E probabilmente stanno diventando una cosa unica.
LAWRENCE: Ti ricordi quest’estate a Pantelleria quando sei diventato lo chef di casa? Quanto c’è del tuo metodo, del tuo processo creativo in quel modo di scegliere, preparare e presentare il cibo? FRANCESCO: Credo sia stata la prima volta in cui ho cucinato, perché avevo un bisogno disperato di continuare a fare qualcosa. Dopo una stagione di esperienze incredibili, questa “calma pantesca” mi ha portato verso la cucina… Quindi ho fatto un po’ tutto col mio istinto. Ho cercato di esprimermi attraverso il frigorifero. LAWRENCE: Racconti di mondi, realtà, situazioni che ti trasportano dentro di te. Sei consapevole di questo? Sei conscio di ciò che fai? FRANCESCO: NO, assolutamente no! E forse è meglio così, perché quella consapevolezza mi toglierebbe l’istinto di navigare dentro quelle polaroid che poi si alterano e cambiano aspetto diventando a un certo punto qualcos’altro.
LAWRENCE: Oggi la moda ha preso il posto della poesia: è veggente… Cosa ti va di narrare, cosa prevedi?
FRANCESCO: Mi piacerebbe andare verso l’idea di star bene. Siamo in un momento storico estremamente complicato, quindi un modo di vestire che ci connetta fra noi e ci metta in relazione con oggetti portatori di un valore… Be’, credo che sia un tributo al valore del tempo.
Forse, contrariamente al mantra “compra, consuma, butta”, l’unica cosa è realizzare oggetti-abiti intelligenti, in grado di creare legami intellettuali e affettivi che non vengano spazzati via dal tempo. LAWRENCE: Populence, retrovolution, resonance, playfulness… Queste sono le parole che abbiamo detto tante volte. Qual è il tuo Marni state of mind preferito?
FRANCESCO: “MARNI IS A STATE OF MIND”. LAWRENCE: Ultima domanda… Dove mi porti stasera? FRANCESCO: Ti porto al cinema. •