Il Genio Nascosto
Con uno scouting sempre più globale, da 10 anni VOGUE TALENTS accende i riflettori sui designer di ultima generazione. E spiega come valutare la creatività per non bruciarla.
Sono passati dieci anni da che Vogue Italia ha avviato la mappatura in divenire, enciclopedica senza pretesa di esaustività, della giovane creatività modaiola che va sotto il titolo di Vogue Talents. Materia magmatica in mai conclusa ridefinizione, inserita in una cronologia già di per sé accelerata: dieci anni, nella moda, sono un lasso di tempo pressoché infinito. Lo sono ancor più se si considera la galoppante digitalizzazione delle coscienze, con i capovolgimenti di prospettive estetiche, etiche e cognitive che questo comporta. La premessa è una captatio benevolentiae il cui scopo è semplice: sottolineare la difficoltà di definire in dettaglio quanto avvenuto, pur in considerazione della distanza storica, che per gli inizi di Talents a questo punto è sufficiente. Quel che parla è il consistente regesto accumulato in un decennio di scouting, fatto di fenomeni analizzati e nomi scovati, molti dei quali si trovano oggi in posizioni chiave all’interno del sistema. Non tutti, sia chiaro: la selezione naturale, sul campo, è durissima.
Oggi che la parola talent è usata allo sfinimento, fino a risultare vuota di significato, può sembrar strano che dieci anni fa non si guardasse con particolare attenzione ai creativi in erba, e invece è proprio così – il lento ricambio generazionale è piaga atavica della cultura italiana, benché il mondo fashion sia un territorio che eccede i confini nazionali. Però dopo l’universale Vogue pur sempre Italia ci sta, ed è dentro Vogue Italia
che Talents ha preso forma. Franca Sozzani ha sempre creduto nei nomi nuovi, sostenendoli. La scintilla fu pratica. Racconta Sara Sozzani Maino, che di Vogue Talents è l’occhio e la mente – con un fitto network di collaboratori che avvistano e segnalano: «Nel mio ruolo redazionale per i servizi fotografici facevo continua ricerca, imbattendomi in marchi poco noti, o nuovissimi: Franca mi incaricò di formalizzare tutto». Il risultato fu un inserto, che ha presto dato vita a un archivio online e a una serie di azioni di supporto distribuite nel corso dell’anno. Vogue Talents, così, è divenuto un punto di riferimento tanto per i creativi alla ricerca di una piattaforma che li rendesse visibili, quanto per studi stilistici e marchi bisognosi di nuova linfa. Si schermisce Maino, riducendo il proprio ruolo a quello di facilitatore: «Un talento quando c’è emerge. Non ho scoperto o promosso nessuno, ho solo messo sotto uno spotlight». A beneficiare del proverbiale fascio di luce sono stati in molti, da Anthony Vaccarello a Massimo Giorgetti, da Jonathan Anderson a Marco De Vincenzo, da Simone Rocha a Luca Lin e Galib Gassanof di Act N°1. Nel mentre, l’estensione geografica dello scouting, riflesso di un sistema sempre più globale, si è allargata a geografie un tempo impensabili. Vogue Talents si è pionieristicamente spinto fino a Middle East, Africa, America Latina. «I criteri di valutazione sono sempre gli stessi, ma vengono aggiustati in base alla maturità del Paese di riferimento: inutile valutare Central Saint Martins e scuola indiana allo stesso modo. Ciò che si ricerca nei talenti, sempre, è la capacità di raccontare una storia, l’originalità del punto di vista e la determinazione nel concretizzarlo», spiega Maino.
I dieci anni in questione sono stati sconvolgenti sotto ogni aspetto. Da che erano negletti, infatti, i giovani talenti sono divenuti il centro dell’attenzione, fulcro di un ciclo furibondo e distruttivo di ricerca del nuovo. Oggi che è diventata forma di entertainment, la moda ha una fame insaziabile di nomi freschi. Fame mitica, genere Kronos. Il risultato è che non si lascia a nessuno il tempo di maturare. Nel mentre, il talento è diventato una unità di misura della comunicazione: vince chi meglio riesce a far parlare di sé. Sono aumentati anche i canali di trasmissione, che spesso sono canali di autopromozione. Instagram, per esempio, è una vetrina attraverso la quale mettersi in mostra, scavalcando ogni azione di scouting e ogni forma di promozione dall’alto. Il che potrebbe essere il requiem per un progetto come Vogue Talents, non fosse che un punto di vista curatoriale, oggi, è indispensabile per navigare il mare magnum dell’offerta sovrabbondante. Che è quanto Vogue Talents continua a fare: offre un punto di vista, schietto, su quel che succede. È una piattaforma spartana: illumina, e poi getta nel vuoto del lavoro vero, senza buonismi. • Dall’alto a sinistra, in senso orario, alcuni dei nomi a cui
Vogue Talents ha dato visibilità: Jonathan Anderson (35 anni); Massimo Giorgetti (42); Simone Rocha (33); Paula Cademartori (35); Sara Battaglia (36); Marco De Vincenzo (41). Pubblicato per la prima volta nel 2009, esce allegato a Vogue Italia ogni febbraio e settembre.