Il Progetto un momento di stupore, di Angelo Flaccavento
Dieci anni di incursioni immaginifiche nel design: Fendi festeggia a Miami con le fontane d’artista di SABINE MARCELIS, che con resina e acqua ha ricreato le icone della maison.
Storytelling ed esperienza, oggi, sono attributi indispensabili di qualsiasi produzione creativa. Pur magmatica e di non facile classificazione, la contemporaneità delle arti – minori e maggiori, sempre che la dicotomia abbia ancora senso – tende con vigore al coinvolgimento emotivo dello spettatore, portato fuori dalla dimensione contemplativa, e dunque statica, del passato, per godere di un incantamento personale, attivo, cangiante. L’opera, per essere efficace, deve insomma dialogare con l’individuo: la gratificazione attiva dell’io è aspetto nodale, ma si tratta di un personalismo che devia dalla piccolezza del me first per prendere strade produttive e stimolanti. Non sono solo le arti figurative, e i loro derivati, a insistere sulla narrativa ad personam: oggi anche il design si accosta allo storytelling, rompendo schemi e plasmando in modi inattesi dogmi incrollabili quali il rapporto tra forma e funzione.
Nella falange dei designer narratori, Sabine Marcelis (35 anni) è autore poliedrico, capace di irretire con una economia invero virtuosa di mezzi e di forme, ricorrendo alla resina come materiale d’elezione, al colore come strumento poetico, alla esattezza del disegno come volontà di chiarezza. Cresciuta in Nuova Zelanda ma formatasi a Eindhoven e oggi attiva a Rotterdam, la designer olandese attraversa pratiche e discipline focalizzando l’attenzione, sempre, sulle proprietà della materia. «Il mio lavoro spazia dall’architettura al design di oggetti, dalle collaborazioni con i marchi ai pezzi unici per le gallerie», racconta. «Quel che accomuna le diverse declinazioni della mia creatività è la fascinazione per materialità e processo produttivo. È la materia che plasma l’idea, non viceversa. Cerco attivamente un momento di stupore: i miei oggetti non si rivelano subito nella loro interezza, ma regalano sorprese a seconda del punto di vista da cui li si osserva».
Il più recente lavoro di Marcelis è una dimostrazione perfetta di questo teorema che unisce rigore scientifico ed evanescenza emozionale: una serie di fontane – oggetti effimeri senza una reale funzione d’uso; sculture cariche di una simbologia criptica che è un esercizio sottile di branding – create per Fendi ed esposte lo scorso dicembre a Design Miami. Il progetto, intitolato “The Shapes of Water”, celebra un decennio di incursioni immaginifiche del marchio romano nel campo del design di ricerca. Se però in passato Fendi ha collaborato con autori, emergenti e no, per produrre effettivi pezzi d’arredo, questa volta il campo d’azione si sposta in un territorio di pura suggestione concettuale, sospeso tra arte e design, tra prototipia e celebrazione, trovando proprio in Marcelis il demiurgo estetico, e nell’acqua, elemento caro alla maison – da “Histoire d’Eau”, il fashion film ante litteram che Jacques de Bascher girò nel 1977 per il lancio di
Fendi 365, alla sponsorizzazione del restauro delle fontane romane con il programma “Fendi for Fountains”, allo show a Fontana di Trevi nel 2016 – il proprio fulcro. Le forme dell’acqua è un titolo eloquente ma ovvio; l’esecuzione invece è suggestiva: una serie di totem dinamici che materializzano nella solidità della resina e nella liquidità dell’acqua, su una base di travertino, alcuni caratteri e icone definenti del mondo Fendi, dai punti Selleria al logo FF; dalle geometrie dell’Astuccio alle arcate ritmiche del Palazzo della Civiltà Italiana, sede della maison. Il tutto trasfigurato dai colori pastosi dei tramonti romani e da iridescenze acquose. «Ho accettato questo progetto proprio perché astratto», dice Marcelis. «Mi affascina Roma, con la sua maestosità, e la non meno maestosa storia di Fendi». Il risultato è un misto di minimalismo e grandeur che invero sublima ed eleva la pomposità romana e il gusto sperticato della sperimentazione di Fendi. Non c’è funzione vera, se non l’esperienza di oggetti magici. «Lavoro in modo intuitivo», conclude Marcelis, «trovando modi di far dialogare forma e materia per creare emozioni». Design immateriale, dunque. Segno dei tempi: il reale oggi è una sola cosa con l’immaginario. • La Peekaboo di Fendi cristallizzata nella resina da Sabine Marcelis, che così ne celebra il decennale del lancio e al contempo ricorda i dieci anni della partnership tra la maison e la fiera di Miami Beach. Nella pagina accanto. La designer Sabine Marcelis; i suoi progetti si caratterizzano per l’originale sperimentazione dei materiali. Lo scorso aprile è stata tra i protagonisti dell’evento Life in Vogue, nella redazione di Vogue Italia.