Nightlife fino alle luci dell’alba, di Valentina Bonelli
Dalle trasgressive disco negli anni 70 agli interminabili rave di oggi, tra glam ed eccessi: spettacoli, libri e film riscoprono riti e miti del CLUBBING.
Sfugge alle etichette il fenomeno del clubbing, nato alla fine dei ’70 nei night esclusivi di New York, divenuto poi popolare nelle discoteche europee, evolutosi fino all’epigono del rave come evento clandestino di aggregazione di massa. Spettacoli, film, libri ne analizzano gli effetti sulla controcultura giovanile, da una prospettiva sociologica oltre che estetica, invitando a ripensarlo oltre la nostalgia. Gisèle Vienne, quarantenne regista e coreografa francese, nella pièce “Crowd” coglie la struttura da rituale quasi religioso di una festa tra teenagers, suggerendo che risponda a una mancanza dovuta alla secolarizzazione contemporanea. E ne indaga quei fattori che contribuiscono all’alterazione della percezione: i movimenti reiterati, la musica ossessiva, le luci stroboscopiche, alcol e droghe sintetiche. Dichiarato lo spunto biografico: negli anni 90 l’artista viveva infatti a Berlino, capitale della scena musicale techno. Anche il dj Lele Sacchi, classe ’75, ha vissuto da insider le trasformazioni della musica disco, la sua frammentazione in generi e sottogeneri, dalla house alla techno, fino all’epoca dei dj quali nuove rockstar a officiare il rito, come racconta nel libro “Club Confidential” (Utet). Tra i film, un piccolo cult resta “The Last Days of Disco”, tornato di recente sugli schermi Usa a 20 anni dall’uscita: ritratto della generazione yuppie che nel disimpegno delle relazioni da nightclub scopriva la cocaina e dimenticava l’Aids. Perfetta la ricostruzione del glam degli ’80, oggetto nella moda di ciclici repêchages. •