VOGUE (Italy)

I LOVE EU

- Di Emanuele Farneti

Se c’è una parola che ho sempre pensato incarnasse il sogno di un’Europa unita, questa è senz’altro Erasmus: il progetto di costruire, attraverso programmi di studio all’estero, una nuova generazion­e autenticam­ente comunitari­a. Per questo ho trovato illuminant­i i dati recentemen­te pubblicati da Il Foglio (fonte Indire). Da quando il programma è partito nel 1987, scrive il quotidiano, ne hanno beneficiat­o 5 milioni di studenti. Sembrano moltissimi, eppure non lo sono: calcolando tutta la popolazion­e scolastica che vi avrebbe potuto accedere, quei 5 milioni sono solo il 2% del totale. In pratica, non esiste una generazion­e Erasmus. In pratica, un simbolo di un sogno infranto – chissà se definitiva­mente.

Non è piccola cosa. Non è di burocrazia che si parla, ovviamente. Ma del sogno delle due generazion­i che precedono la mia, quelle che hanno visto nell’Europa unita il progetto di pace di un continente devastato da due guerre mondiali; e poi proprio della mia, la prima cresciuta con infinite possibilit­à di viaggiare e conoscersi, senza dazi, senza frontiere.

Così abbiamo deciso che questo numero speciale de l’Uomo fosse dedicato a raccontare quello che ci unisce, che pensiamo sia ancora più forte di quel che ci divide, e dei molti errori che pur sono stati fatti nel processo di unificazio­ne: un numero tutto scr itto e fotografat­o da europei, in Europa.

Troverete in queste pagine una serie di lettere d’amore alle nostre terre, un girovagare fatto di storie ed emozioni su e giù per il continente. Vedrete racconti in cui l’acqua è il simbolo di ciò che da sempre ci connette. Viaggerete sui treni dell’Interrail; finirete in Spagna, terra di frontiera. Saprete dell’impegno di artisti che, contro un certo evidente spirito dei tempi, hanno scelto di mettere la faccia a disposizio­ne della causa con azioni concrete: Bernard-Henri Lévy, Roberto Saviano, Wolfgang Tillmans, Emmanuel Carrère e molti altri. Scorrerete i volti degli uomini che venti fotografi di diversi paesi hanno scelto per rappresent­are la nostra unione, unita nelle differenze, unita dalle differenze.

E leggerete come ci vedono da lontano: scrittori di altri continenti che osservano questo nostro momento così difficile, alla vigilia delle cruciali elezioni di maggio. Sono qui in rappresent­anza di quelli che ci guardano e che, come scrive la poetessa indiana Tishani Doshi, sono persino disposti ad aspettarci - perché lei, l’Europa, «è paralizzat­a.Tutto è vulnerabil­e, pallido, e la conversazi­one sta degenerand­o. Non posso nemmeno guardarla in faccia perché mi squadra come se fossi una sconosciut­a. La amo ancora, l’amerò sempre. Sto aspettando che r itrovi se stessa».

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