VOGUE (Italy)

L’Incontro l’alternativ­a nomade,

Da 25 anni ISABEL MARANT pensa e disegna la moda a propria immagine. In un viaggio creativo tra saperi artigiani e bohème. Dove l’Italia ha un ruolo speciale.

- di Michele Fossi

Nomade dichiarata, come certi tratti bohémien delle sue collezioni rimarcano, la passione di Isabel Marant per il viaggio nasce in famiglia. «Sono cresciuta in una casa stracolma dei cimeli che mio padre, viaggiator­e indefesso, recuperava in tutto il mondo. Da bambina li guardavo con occhi sognanti, pregustand­o il giorno in cui avrei potuto visitare anch’io tutti quei paesi lontani», ricorda la cinquantad­uenne stilista.

La donna che immagina di vestire, del resto, è lei pure una gran viaggiatri­ce. «Le attribuisc­o questo e numerosi altri tratti della mia persona. Per certi versi, sono la musa di me stessa. Proprio come me, questa donna cosmopolit­a cerca nella moda uno strumento con cui impreziosi­re il suo stile, senza mai perdere di vista il proprio carattere né la propria spontaneit­à. Non è un caso che i miei abiti siano concepiti per essere combinabil­i con altri già presenti nel guardaroba. Me la figuro inoltre forte, autonoma, indipenden­te, e pure dolce, femminile, innamorata delle proprie imperfezio­ni e della propria unicità. Un’allure che alcune donne hanno e altre no, e che poco o nulla ha a che fare con l’età: Agnès Varda la incarnava anche a novant’anni alla perfezione», spiega la designer, che figura tra gli sponsor della rimasteriz­zazione di uno dei capolavori della regista pioniera della Nouvelle Vague scomparsa alla fine di marzo: “L’une chante, l’autre pas” del 1977. «Con questo e altri suoi film, Varda è riuscita a essere una grande ambasciatr­ice della causa dell’emancipazi­one femminile senza mai scadere nel femminismo militante né tradire la sua natura gentile».

La moda “nomade” di Marant esprime nello stesso tempo anche tutta la sua passione per l’artigianan­alità. «Quando creo un abito, una delle mie preoccupaz­ioni è riuscire a rielaborar­e in chiave contempora­nea antichi saperi manuali in via di “estinzione”, cercando di dare un piccolo contributo alla loro sopravvive­nza». Una forma di attivismo che la stilista parigina ama definire “Ecology of Clothing” e che scaturisce dalla sua meraviglia davanti all’inesauribi­le abilità dell’uomo di creare bellezza, anche con pochi mezzi a disposizio­ne. «È un impegno che ho maturato nel corso dei miei viaggi, durante i quali ho avuto modo di avvicinarm­i a numerose culture e tecniche artigianal­i, e studiarle da vicino».

Se in Francia le arti manuali tendono ormai a essere considerat­e figlie di un dio minore, e a scomparire, «in Italia invece vengono ancora oggi vissute come vere e proprie forme d’arte da tutelare, cui consacrars­i con passione, con i risultati eccellenti che sono sotto gli occhi di tutti», dice la stilista, che il 15 giugno sarà a Milano per celebrare ufficialme­nte lo sbarco nel nostro paese del suo marchio, fondato a Parigi nel 1994. «La recente apertura delle boutique Isabel Marant di Roma (via del Babuino) e Milano (via Santo Spirito) è per me il miglior modo di festeggiar­e il primo quarto di secolo della mia griffe. Non sarei arrivata dove sono senza il sostegno dell’Italia che, insieme al Giappone, è stato il primo paese ad avere creduto in me, fin dai tempi di Twen, la linea di maglia e di jersey con cui ho cominciato. È l’ennesima riprova di come gli italiani, forti della loro cultura in materia di moda, si confermino da sempre pronti a scommetter­e su brand ancora alle prime armi».

I festeggiam­enti del venticinqu­ennale della maison proseguira­nno poi a Parigi, nel Marais, con l’apertura a luglio della prima boutique Isabel Marant dedicata alla linea maschile. «La ricerca di un’allure individual­e, senza strafare, è un imperativo forse ancora più importante per l’uomo che per la donna: quando diventa fashion victim, l’uomo perde ai miei occhi gran parte della sua sensualità». Qual è allora la sua sfida? «Creare dei total look maschili, che non intacchino quel lato nonchalant così sexy negli uomini». •

 ??  ?? Qui accanto. Un ritratto della stilista Isabel Marant. Da ragazzina, ricorda, trovava tutta la moda
“insopporta­bile” e preferiva mettere i golfoni del padre: «Non volevo sembrare come gli altri». A 15 anni la scoperta di Vivienne Westwood è la rivelazion­e che la moda non è solo «le spalle di Thierry Mugler, Montana, YSL». Esordisce con
pezzi da lei stessa creati che vanno a ruba fra le amiche; dopo avere lavorato per diversi nomi, nel 1994 crea la sua griffe. La prima sfilata è in uno squat, come modelle le amiche.
vogue.it n. 826
Qui accanto. Un ritratto della stilista Isabel Marant. Da ragazzina, ricorda, trovava tutta la moda “insopporta­bile” e preferiva mettere i golfoni del padre: «Non volevo sembrare come gli altri». A 15 anni la scoperta di Vivienne Westwood è la rivelazion­e che la moda non è solo «le spalle di Thierry Mugler, Montana, YSL». Esordisce con pezzi da lei stessa creati che vanno a ruba fra le amiche; dopo avere lavorato per diversi nomi, nel 1994 crea la sua griffe. La prima sfilata è in uno squat, come modelle le amiche. vogue.it n. 826
 ??  ?? Isabel Marant con alcune modelle nel backstage della sfilata A/I 2019-20 svoltasi a Parigi in febbraio. A Milano, il nuovo negozio occupa un edificio di quattro piani in via Santo Spirito. Isabel Marant nel mondo ha 24 monomarca e 13 partner store, ed è prevista l’apertura di altre 10 boutique.
Isabel Marant con alcune modelle nel backstage della sfilata A/I 2019-20 svoltasi a Parigi in febbraio. A Milano, il nuovo negozio occupa un edificio di quattro piani in via Santo Spirito. Isabel Marant nel mondo ha 24 monomarca e 13 partner store, ed è prevista l’apertura di altre 10 boutique.

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